Volano i rendimenti nell’asta di Btp a 3 anni. Il Tesoro ha venduto titoli con scadenza marzo 2015 per l’ammontare massimo prefissato, vale a dire tre miliardi complessivi, ma con tassi saliti fino al 5,30% dal 3,91% della stessa asta di maggio, un massimo dallo scorso mese di dicembre. La domanda per il Btp triennale è stata pari a 1,59 volte l’importo offerto, in rialzo da 1,52 dell’asta precedente. Il Tesoro ha anche collocato 1,5 miliardi di euro di titoli non più in corso di emissione, mentre quelli con scadenza marzo 2020 offrono un rendimento del 6,13%. Raggiunto comunque l’obiettivo massimo, cioè collocare complessivamente sul mercato titoli per 4,5 miliardi di euro. Soglia critica, invece, per il rendimento dei titoli spagnoli a 10 anni che sul mercato secondario raggiunge il 7%, livello considerato dagli esperti difficilmente sostenibile nel lungo termine. Sale anche all’1,49% il rendimento del Bund decennale tedesco, a dimostrazione del fatto che anche la Germania soffre l’attuale periodo. Parliamo di quanto accaduto con James Charles Livermore, operatore finanziario internazionale: «Visti i risultati in termini di rendimenti, hanno ovviamente pesato le preoccupazioni sulla Spagna e quanto queste potrebbero ripercuotersi sulle finanze italiane nel caso di un eventuale salvataggio “cash” della Spagna da parte dell’Europa». Riguardo i rendimenti saliti al 5,30% sui titoli a 3 anni e fino al 6,1% su quelli a 10 anni, Livermore spiega che in effetti «è importante evidenziare le differenze tra le diverse scadenze: a mio avviso un aumento dei tassi sui 10 anni significa una diminuzione del sostegno della Bce all’acquisto. In questo momento tutte le obbligazioni di stato e tutti i debiti sovrani a lungo termine sono sostenuti dalle banche centrali, e questo vale sia per l’Europa che per gli Stati Uniti. Il tasso a tre anni, invece, fino a oggi ha sempre avuto un suo mercato di riferimento e quindi anche investitori interessati. In questo caso il ruolo della Bce risulta meno preponderante e di conseguenza si può dedurre che l’aumento del rendimento sia dovuto a una percezione più elevata del rischio da parte degli operatori di mercato». 



Questo però, continua a spiegare Livermore, «complica le cose perché si è sempre tentato di far passare ai mercati il messaggio che la crisi si ingrossa, ma solo nel breve periodo. Per cui se si alzano i tassi da qui a 24 mesi non significa far suonare campanelli d’allarme, ma si tratta di una situazione che comunque può rientrare. Quando invece cominciano ad alzarsi i rendimenti da 3 a 5 anni, passando quindi alla fase del medio termine, allora la situazione diventa più pericolosa perché si rischia di mettere in discussione la strategia che la Bce sta comunicando ai mercati».



Intanto il rendimento dei Bonos decennali vola fino alla soglia critica del 7% oltre la quale, secondo gli esperti, è praticamente inevitabile il salvataggio internazionale vista l’incapacità di un mercato di finanziarsi sui mercati. Livermore fa però notare che «i rendimenti sono saliti anche per il titolo di Stato tedesco, più o meno con le stesse modalità che abbiamo discusso per Italia e Spagna, anche se ovviamente con tassi lontani dai livelli critici spagnoli». Riguardo invece a eventuali scenari futuri, Livermore conclude spiegando che «se ci concentriamo sul mercato del debito europeo, mi aspetto sicuramente importanti novità di breve periodo, anche perché nell’arco dei prossimi sei mesi la situazione di stallo che esiste oggi non potrà continuare. E’ chiaro che in questo lasso di tempo bisognerà trovare soluzioni di compromesso, mentre nel lungo termine mi aspetto invece tassi calmierati, perché credo che la Bce ricomincerà a prendere parte attiva nel mercato dei titoli obbligazionari di lungo termine».



 

(Claudio Perlini)