Il Fondo monetario internazionale sarà dotato di maggiori risorse. Si tratta della decisione assunta ieri dai leader presenti al G20 di Los Cabos, in Messico. Dove è prevalsa l’idea di fondo secondo la quale occorrerà rinforzare gli strumenti utili ad arginare le crisi dei debiti sovrani. Tra questi, rientra appunto il Fmi. Che, come ha riferito il suo direttore, Christine Lagarde, ha raggiunto una dotazione da 456 miliardi di dollari raddoppiando quasi, così, la sua facoltà di erogare prestiti necessari alla cura e alla prevenzione delle crisi sovrane. E’ quello di cui c’era bisogno? Lo spiega a ilSussidiario.net Leonardo Becchetti, professore straordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata. «Si pensa ancora – premette – che la finanza rifletta i problemi oggettivi dell’economia reale. E’ il contrario: li crea. E’ la speculazione a determinare i problemi dell’economia. Non ci spiegheremmo, altrimenti, una serie di circostanze apparentemente insensate. Il rapporto debito/Pil del Giappone, ad esempio, è al 239%, quello degli Usa al 100% mentre quello dell’Europa è all’89%; eppure, i primi due, non hanno una crisi finanziaria, l’Europa sì». Gli altri paesi, secondo Becchetti, hanno compreso la situazione: «Viviamo in un mondo di ricchezze senza Nazioni e di Nazioni senza ricchezze. Si sono attrezzati, di conseguenza, con gli strumenti più opportuni per reagire: Banche centrali che intervengono e controllo sui movimenti di capitali a breve, per dirne alcuni». Ecco, quindi, cosa può fare l’Europa: «Due settimane fa io e il collega Giancarlo Marini abbiamo proposto di dare alla Bce il potere di acquistare titoli sul mercato secondario per difendere un valore dello spread ragionevole». La stessa identica iniziativa rilanciata, ieri, dal ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero, ai leader del G20 del Messico. «La nazionalizzazione del debito è un’altra strada. E’ quella scelta dal Giappone, dove il 90% del debito è in mano a cittadini nipponici ai quali non passerebbe mai per la testa di far fallire il proprio Paese. Contestualmente è necessaria la tassazione sulle transazioni finanziarie divenuta finalmente, almeno a quanto sembra, una delle priorità di Francia e Germania». L’iniziativa relativa al Fmi ha senso solo se intesa in questa prospettiva. «L’organismo internazionale interviene quando lo spread è talmente elevato che un Paese non è più in grado – perché gli costerebbe troppo – di finanziarsi reperendo risorse sui mercati attraverso l’emissione di titoli. In tal caso, per un certo periodo, ci pensa il Fondo e rifinanziare il suo debito. A tassi decisamente più bassi. In cambio, tuttavia, di riforme e nuove regole».
La maggiore dotazione non convince del tutto il professore: «Andrebbe chiarito sin da subito l’obiettivo dell’operazione. Annunciando, ad esempio, che per tre anni finanzierà il debito spagnolo, portoghese, e greco evitando a questi paesi di andare sui mercati». In ogni caso, non si tratterebbe della soluzione definitiva. «Rappresenterebbe una misura straordinaria. Al termine della quale, questi paesi dovrebbero, pur sempre, tornare a confrontarsi con i mercati. Anche per quanto riguarda l’Italia, è decisamente più utile riformarli. Anzitutto, attraverso nuove regole e il nuovo ruolo che potrebbe assumere la Bce».
(Paolo Nessi)