Sembra che Monti contratterà. Nel corso del vertice europeo a cui si è recato con in tasca la riforma del mercato del lavoro reclamerà a voce alta l’istituzione di uno scudo anti-spread. Si tratterebbe di una misura che consentirebbe automaticamente alle Bce o ai Fondi salva stati di acquistare i titoli di uno Stato, sul mercato secondario, laddove il suo spread superasse una certa soglia d’allarme. Se gli sarà risposto picche, si metterà di traverso all’introduzione della Tobin Tax. IlSussidiario.net ha chiesto a Rocco Corigliano, professore di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università di Bologna, come valutare la circostanza. A partire dall’effettiva utilità della richiesta di Monti. «Mettendosi nei panni di coloro che soffrono ovvero, in questo momento, di Spagna e Italia che sono quelli che stanno subendo gli spread più elevati, ci sono molte ragioni per sostenere la necessità di mettere uno scudo. Tale ruolo sarebbe assunto dal Fondo salva stati al quale si attribuirebbe il compito di acquistare titoli di Stato sui mercati secondari allo scopo di calmierare gli spread. Sarebbe, obiettivamente, interesse di tutti raffreddare le manovre speculative sui tassi. Alcuni sostengono che sarebbe come, semplicemente, prendere un’aspirina. «Intanto, servirebbe a raffreddare mentre, nel frattempo, si individua la cura definitiva». Che, in ogni caso, secondo il professore, «non è escluso che possa essere il fondo stesso». In ogni caso: il dibattito in corso riguarda anche quale dovrebbe essere il soggetto incaricato di limitare il differenziale tra i tassi di rendimenti dei titoli dei vari Paesi e quello dei titoli tedeschi. «La Bce, sul mercato secondario, già interviene. A ragion veduta, e quando ritiene opportuno farlo. Tuttavia, attualmente, non è previsto alcun automatismo. Ovvero, non interviene meccanicamente al raggiungimento di una certa soglia». Introdurre tale automatismo è un’ipotesi che si può valutare. «Tecnicamente non sarebbe semplice, benché, tutto sommato, auspicabile. Sta di fatto che si tratterebbe di una strada pressoché impraticabile. Se, infatti, è già molto difficile che la Germania accetti di far intervenire il Fondo, possiamo immaginare che non accetterà mai che lo possa fare la Bce». I timori dei tedeschi sono noti: «Hanno paura che qualsiasi forma di misura antispread possa rendere i paesi poco virtuosi ancora meno responsabili rispetto alla propria spesa pubblica e all’equilibrio dei propri conti pubblici». Per Mario Monti, in ogni caso, lo scudo sarà merce di scambio. Se al vertice europeo non riceverà adeguate rassicurazioni, non appoggerà la Tobin Tax, la tassazione sulle transazioni finanziarie finalizzata a scoraggiare gli interventi speculativi.



«Perché, tuttavia, un provvedimento di questo genere possa sortire quale effetto reale sarebbe necessario che venisse applicato non solo a tutti i Paesi dell’Euro o dell’Europa ma, addirittura, a tutti i Paesi del mondo. In caso contrario, l’unica conseguenza sarebbe lo spostamento dei flussi finanziari verso quei Paesi dove non viene applicato. C’è poco da fare. I capitali vanno dove sono meno tassati». Strano che i leader europei non siano a conoscenza delle condizioni necessarie di utilizzo ed efficacia della Tobin Tax. «Personalmente, credo che ne siano assolutamente a conoscenza. E che la contrattazione di cui si è parlato, sia una semplice ricostruzione giornalistica».



 

(Paolo Nessi)

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