Che le Fondazioni di origina bancaria siano – nel loro assieme – un patrimonio del Paese ormai nessuno più lo mette in discussione. Senza gli 88 enti associati all’Acri l’Italia avrebbe meno chance di “organizzare le libertà sociali”, di costruire la solidarietà reale: lo ha affermato già nove anni fa la Corte Costituzionale con due sentenze che valgono una virtuale citazione nella “Costituzione materiale” della Repubblica. Ci ha pensato la società civile a certificare un salto di qualità nelle possibilità di “welfare sussidiario” garantito dal ritmo di erogazioni annue pari ancora a 1,9 miliardi aggregati nel 2010, cioè già ben dentro la fase problematica per il sistema finanziario. Vasto lo spettro delle aree d’intervento: education, ricerca, healthcare, tutela dei beni culturali e ambientali, assistenza alle categorie deboli, social housing, microcredito. Non da ultimo, il sistema bancario italiano avrebbe avuto più difficoltà ancora a parare i colpi della grande crisi se non avesse potuto contare sull’immediata disponibilità degli enti soci stabili ad affrontare le richieste di ricapitalizzazione sul mercato, evitando sostegni che lo Stato italiano non avrebbe potuto permettersi con facilità. Di più, il sistema-Fondazioni ha ricapitalizzato la Cassa depositi e prestiti e i suoi nuovi fondi strategici satelliti (infrastrutture, edilizia sociale, private equity nella media impresa, ecc.).



Di questo “patrimonio” (che in stretti termini contabili è ancora vicino ai 50 miliardi di euro) si parlerà oggi e domani a Palermo, nel congresso che celebra il centenario dell’Acri: un tempo l’associazione delle Casse di risparmio, oggi il riferimento delle Fondazioni. Al centro del tavolo il presidente Giuseppe Guzzetti (confermato per un triennio) pone un’ulteriore sfida istituzionale. Una nuova “Carta delle Fondazioni” punta a dare alla comunità nuovi standard comuni che rafforzino la dimensione di sistema, all’interno delle strategie-Paese di uscita dalla crisi. Governance, gestione dei patrimoni, politiche di erogazione sui territori: sono tre le “guidelines” della carta Acri sulla quale Guzzetti vuole impegnare le Fondazioni sui vari fronti (le istituzioni nazionali e locali, la società civile, il sistema bancario, i territori del lavoro e delle imprese) Separazione trasparente degli organi di guida delle Fondazioni dalla politica; rafforzamento dei presidi anti-rischio nell’amministrazione professionale delle risorse; estensione della programmazione e di tecniche evolute di selezione del merito negli interventi di pubblica utilità: queste le macro-risposte che l’Acri ha individuato nella Carta, in vista del terzo decennio della loro vita, che promette di essere anche più complesso dei due successivi alla legge Amato-Carli.



È probabile che l’asset management delle Fondazioni – per la sua tecnicità – sia il tema che meno troverà spazio nel grande consulto: i profili della governance e soprattutto i flussi erogativi hanno obiettivamente più impatto nel dibattito pubblico. Eppure la gestone di patrimoni via via più esposti alle turbolenze dei mercati è probabilmente il versante evolutivo più critico per il futuro. Non è un caso, tra l’altro, che una rivale storica dell’arcipelago-Fondazioni come Mediobanca abbia prodotto “in tempo reale” uno studio che solleva dubbi sulle capacità passate degli enti di estrarre tutto il valore possibile dai loro asset.



Ironia della sorte vuole che in questi giorni sia proprio l’istituto di Piazzetta Cuccia sotto i fari critici dei mercati: la storica partecipazione in Generali vale per la prima volta in Borsa meno di quanto sia iscritta nel bilancio Mediobanca. L’accusa (implicita) alle Fondazioni di aver trattenuto troppo del loro capitale nelle quote stabili delle grandi banche sai ritorce quindi contro lo stesso istituto, che ha accumulato azioni Generali non certo per lineari obiettivi di profitto. D’altro canto, se le Fondazioni sono ancora presenti con investimenti importanti in banche come UniCredit o Intesa Sanpaolo (soprattutto in periodo di crisi economico-finanziaria) è stato per rispondere a un interesse collettivo di stabilità dei grandi intermediari nazionali.

Le stesse Fondazioni sono consapevoli da tempo delle opportunità insite in un asset management totalmente “istituzionale”. Ne è prova incontrovertibile il recentissimo riassetto condotto dalla maggiore Fondazione italiana (la Cariplo) nelle sue strutture di asset management professionale. Già dalla metà del decennio precedente, la Cariplo era entrata in Polaris Sgr, un gestore originariamente creato da due congregazioni religiose (Salesiani e Orionini) per amministrare con criteri professionali i loro patrimoni. Durante la fase di collaudo Polaris ha tutelato l’integrità e la redditività sostenibile di una parte dei 6 miliardi di patrimonio liquido della Cariplo, oltre agli investimenti immobiliari, via via aumentati con lo sviluppo dei progetti di social housing. L’attività di asset management istituzionale è stata recentemente razionalizzata con la separazione di strumenti e asset nel “real estate” e un’ulteriore evoluzione delle gestioni finanziarie, che operano anche per conto della Cassa Geometri e della Fondazione Cassa di Forlì.

Alla guida della “nuova Polaris” – che ha storicamente in Lussemburgo la sua piattaforma operativa – è stato chiamato Alessandro Penati. L’economista della Cattolica – columnist de Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera e Repubblica – da un lato vanta una lungo esperienza in Cariplo (e un rapporto di stima consolidato con Guzzetti), essendo stato membro della Commissione centrale di beneficienza fin da metà anni ‘90, indicato come tecnico dal Comune di Milano. Successivamente ha sviluppato le sue competenze di economista finanziario operativo dapprima a Epsilon (Sgr di “seconda generazione” del gruppo Intesa Sanpaolo), poi con Quaestio, una società di consulenza e gestione orientata al management quantitativo. Portando in dote Quaestio, Penati è divenuto socio e amministratore delegato di Polaris: la quale diventa così, naturalmente, un polo d’attrazione per i patrimoni di altre fondazioni o modello per iniziative analoghe.

Fra le sessioni del congresso Acri – cui sono attesi anche il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, e il direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomani – ci sarà certamente modo di parlare anche di questo.