Angela Merkel cerca di rispondere alle pressioni che le stanno arrivando da più parti (persino da Washington) per tentare di trovare una soluzione alla crisi europea. Alla tv tedesca Ard ha dichiarato che in Europa c’è bisogno “di una unione di bilancio, ma prima di tutto di una unione politica”. “Passo passo dobbiamo cedere delle competenze all’Europa”, ha aggiunto, “Non dobbiamo restare immobili se l’uno o l’altro Paese non può ancora venirci dietro”. «Mi par di capire – ci spiega Mario Deaglio, Docente di Economia internazionale all’Università di Torino – che il cancelliere tedesco è intenzionato ad accelerare verso un’unione politica europea. Ma mi sembra non abbia detto nulla sugli strumenti e le misure da adottare per far fronte alla contingenza immediata».



Le parole di Angela Merkel sembrano aprire anche le porte a un’Europa “a due velocità”.

Questo lo dice lei. A me sembra che la Merkel eviti accuratamente di parlare di due velocità. Mi pare che voglia continuare sulla strada dell’unione fiscale, ma che si sottragga dal prendere posizione su quanto le viene chiesto insistentemente: permettere provvedimenti di crescita. Penso che tutti siamo d’accordo sulla necessità di un’unione politica e sull’utilità di fissare dei passaggi per arrivarci, ma questo non ci porta più vicini a una soluzione dei problemi immediati.



In questo senso mercoledì la Bce non ha preso misure straordinarie. Forse si attendono le elezioni greche per capire quali provvedimenti adottare?

Credo che ci sarà indubbiamente attesa per l’esito del voto greco. Nessuno ha delle idee chiare sul da farsi. Sembra abbastanza condivisa l’impostazione generale di fare della finanza seria e non semplicemente stampare moneta “all’americana”. Senza dimenticare che nel farlo avremmo un problema in più rispetto agli Usa: il dollaro ha una accettabilità internazionale diversa da quella dell’euro. Detto questo, al momento abbiamo una situazione in cui la Spagna chiede esplicitamente aiuto, che vuol dire anche un allentamento del piano di rientro del deficit. Credo che al momento il massimo che si può ottenere è proprio una correzione di breve periodo rispetto a questo rientro.



Dunque l’idea di far stampare moneta alla Bce è da scartare?

La Bce non può fare prestiti ai governi, quindi come fa a stampare moneta? Per adesso, grazie alle operazioni Ltro, ha preso in deposito dalle banche dei titoli non liquidi offrendo in cambio liquidità. Questo è un modo per stampare moneta, ma va bene se fatto una o due volte: non può diventare sistematico. Avremmo bisogno di qualcosa che aiuti i governi, come il fondo salva-Stati, ma sull’utilizzo di questo strumento siamo ancora fermi, perché i tedeschi non sono d’accordo nell’usarlo in una situazione come questa.

Si tratta allora di far cambiare idea alla Germania sull’uso di questo strumento?

Non è così semplice, c’è qualcosa di più strutturale sotto. Bisognerebbe che i tedeschi si accorgessero che non possono continuare a essere un’isola di crescita in un continente che non cresce. Forse allora potrà cominciare un’azione comune sulla crescita. Che potrebbe diverse forme.

 

Quali?

 

Preso atto del no agli eurobond, possiamo lo stesso usare i project bond, che sono un “surrogato”, ma in parte possono servire allo scopo del rilancio. Possiamo anche stabilire che nel Fiscal compact ci siano delle eccezioni a certi tipi di spesa (come avviene già nel Trattato di Maastricht per quelle relative alle calamità naturali) nel conteggio del deficit pubblico di riferimento (pur rimanendo nel computo del deficit pubblico contabile). Oppure decidere che alcuni investimenti o incentivi agli investimenti devono essere contabilmente trattati diversamente dagli altri. Insomma, si tratta di trovare degli “addolcimenti” pratici della norma generale nel momento in cui gli si dà attuazione. Non credo che qualcuno voglia mettere in dubbio la norma stessa: sarebbe abbastanza irresponsabile farlo.

 

La soluzione può essere quindi nei project bond?

 

Si tratta di un coadiuvante a una soluzione che va creata con fatica. Vanno bene, però il loro effetto sull’economia reale si fa vedere dopo un certo tempo. Lo stimolo vero alla crescita arriva nel momento in cui si pagano i materiali, i lavoratori, ma prima bisogna fare le gare, avviare i cantieri, ecc.

 

Negli ultimi giorni è emersa anche l’ipotesi di un’unione bancaria per far fronte alla crisi. Cosa ne pensa?

 

Bisogna vedere in che modo si concretizzerà. Inutile pensare che possa diventare un modo per portare i tedeschi a ripianare i debiti delle altre banche, perché loro non ci starebbero. Se si tradurrà in un’applicazione delle stesse regole a tutte le banche europee, andrà sicuramente bene alla Germania, ma non risolverà la situazione attuale. Può darsi che si trovi una soluzione intermedia, ma al momento non mi è parso di aver visto dei sostanziali passi avanti su questo fronte.

 

Cosa pensa invece delle “attenzioni” che gli Stati Uniti stanno riservando all’Europa in questi ultimi giorni?

Secondo me, si tratta di un espediente di breve periodo. La situazione americana è in qualche misura persino più grave della nostra, perché è stata già fatta la “cura” a base di immissione di liquidità, ma non sono arrivati grandi risultati. Sì, si tiene in vita il malato dandogli dell’ossigeno, ma a caro prezzo, visto che si impongono debiti molto elevati alle generazioni future. Inoltre, appena si stacca un po’ l’ossigeno, l’economia perde slancio.

 

Forse è proprio per questa perdita di slancio che si ipotizza una terza operazione di Quantitative easing da parte della Federal Reserve?

 

Sì, anche se si è già visto che le altre due precedenti non hanno risolto i problemi. Quindi qualche dubbio dovrebbe sorgere. Anche per chi vorrebbe operazioni simili fatte dalla Bce. Sarebbe bello che i tedeschi avessero torto nell’opporsi, ma in realtà non ce l’hanno sui fondamentali. Basti pensare che la liquidità data dalla Bce alle banche con le due operazioni Ltro dovrà essere restituita tra tre anni. E che venga davvero fatto non mi sembra per nulla scontato.

 

Cosa bisogna fare allora di fronte alla crisi?

 

Non abbiamo ricette che ci portino fuori dalla crisi in maniera automatica o sufficientemente garantita. Quindi dobbiamo vivere un po’ “alla giornata”, cercando cioè dei rimedi andando avanti. Probabilmente il passaggio attraverso una fase di recessione (noi ci siamo già dentro) è inevitabile. Se usassimo soluzioni “facili”, avremmo un’uscita dalla crisi per due o tre anni e magari un successivo nuovo aggravamento dei debiti pubblici. Sarebbe quindi una strada pericolosa da percorrere in un momento come questo. Bisogna mettersi intorno al tavolo e guardare misura per misura, giorno dopo giorno, cosa è possibile fare, e non pensare che sia possibile schiacciare un bottone capace di far stare di colpo bene tutte le economie europee.

 

(Lorenzo Torrisi)

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