«La debolezza europea rappresenta un pericolo mortale per gli Stati Uniti. Le banche Usa sono molto esposte dal punto di vista finanziario a tutto ciò che avviene nel Vecchio Continente. La crisi dei Paesi Ue porta inoltre a un abbassamento della domanda a livello globale, facendo venire meno l’unica speranza di una crescita dell’occupazione Usa. E un dollaro forte rispetto all’euro non aiuta certo la competitività americana». Ad affermarlo è Oleg Itskhoki, professore di economia internazionale e macroeconomia alla Princeton University, una delle più prestigiose università americane. Bernanke ha dichiarato che la Fed è pronta a reagire se l’Europa danneggerà l’economia Usa.
Perché gli americani sono così preoccupati per le sorti del Vecchio Continente?
Ci sono due canali attraverso cui l’Europa può contagiare gli Usa. Il primo sono i mercati finanziari, e questo probabilmente è quello che produrrà gli effetti maggiori. Le banche americane sono più esposte dal punto di vista finanziario a ciò che accade in Europa, e quindi qualsiasi problema nel sistema bancario Ue si propagherà oltreoceano. Questo porterà a una crisi del credito o a un credit crunch nel mercato Usa, e la Fed avrà il compito di rispondervi. Il secondo problema è di tipo macroeconomico.
Qual è il rischio in questo caso?
Le difficoltà dell’Europa portano a un abbassamento della domanda in tutto il mondo, per beni prodotti a livello globale e soprattutto negli Stati Uniti. Per gli Usa un’Europa debole rappresenta quindi un pericolo mortale. In America la crescita dell’occupazione è già debole, e può essere rafforzata soltanto da una forte domanda estera. Ma con la crisi in Europa ciò non sta avvenendo. L’instabilità del Vecchio Continente porta inoltre a dollaro più forte rispetto all’euro, e questo non può certo aiutare la competitività americana.
La Bce dovrebbe iniziare a stampare denaro come la Fed?
La Bce sta già attuando una serie di politiche di stimolo acquistando il debito elle nazioni in difficoltà, e ciò comporta una politica monetaria abbastanza espansiva che la rende molto simile a quella della Fed. Non è vero quindi che la Bce attui una politica più restrittiva della Fed. Nello stesso tempo ritengo che l’inflazione al 5% nell’Eurozona per i prossimi due anni sia una buona idea e rappresenti una possibilità di successo.
Perché?
Se ci sarà una politica monetaria ancora più espansiva, in grado di aumentare l’inflazione, questo creerà un maggiore equilibrio tra il Nord e il Sud, perché i salari cresceranno al Nord ma non al Sud. Ciò di cui ha bisogno l’Ue in questo momento è che i salari restino stabili al Sud, soprattutto in Grecia, Spagna e Italia.
Per quale motivo allora la Germania è preoccupata?
La Germania ha paura che, se l’Europa dovrà affrontare l’inflazione per un certo numero di anni, la banca centrale possa perdere credibilità. Non sarà infatti più credibile che l’inflazione ritorni all’1%. Io ritengo però che un’inflazione elevata, se ben gestita, non porterà la banca centrale a perdere credibilità. Il problema più grande però è che non sappiamo come fare a creare un’inflazione al 5%, tenendola sotto controllo. Se la Bce iniziasse a stampare molto denaro, ciò potrebbe portare a un’inflazione eccessivamente elevata, e questo è un fatto negativo. Sappiamo come tenere l’inflazione molto bassa, ma controllare un’inflazione al 5% non è facile, e questo è il motivo per cui la Germania non la ritiene un’opzione percorribile.
La Bce dovrebbe attuare il quantitative easing come la Fed?
La Bce sta comprando asset dai Paesi in difficoltà, come Grecia e Italia, e questa è una forma di quantitative easing parallela a quella americana. Il bilancio della Bce è cambiato molto negli ultimi due anni. Prima della crisi del 2008, e soprattutto prima della crisi europea del 2010, la Bce non ha fatto grandi distinzioni tra il debito dei diversi Paesi. Il problema quindi era la sua politica precedente, ciò che sta facendo ora la Bce invece non è sbagliato.
La Merkel ha parlato di un’Europa a due velocità, che distingua tra “unione politica” e “unione di bilancio”. Che cosa ne pensa delle sue dichiarazioni?
Un’unione monetaria sarebbe difficile da sostenere senza un’unione di bilancio. Per sostenere la moneta unica una parte dei poteri di bilancio deve passare quindi alla Commissione Europea. L’unione di bilancio al contrario può esistere anche senza un’unione politica, che rappresenterebbe un passo ulteriore. E’ sufficiente che gli Stati cedano una parte dei poteri fiscali, per esempio in modo che la Commissione Europea possa decidere una parte delle tasse. L’unione politica coinvolge forze di natura differente, ma non è necessaria per l’Eurozona in quanto ambiente economico e finanziario.
(Pietro Vernizzi)