È forse il momento più delicato per la cosiddetta eurozona. E il “cosiddetta” non può essere citato a caso. In questo momento l’Europa sembra una “polveriera” e il gioco si fa molto più duro e più ampio. Gli americani stanno guardando alle vicende europee con una duplice intenzione. C’è il presidente Barack Obama, preoccupato, che guarda un’economia reale in forte crisi e deve “gestire” i suoi elettori. È intervenuto di nuovo sui problemi dell’Europa: “La situazione in Europa continua a porre venti contrari sulla ripresa americana. L’Europa è una delle nostre grandi preoccupazioni, perché è il nostro partner commerciale maggiore. Servono misure dure adesso. Prima i leader europei agiranno, prima il mercato e la gente potranno tornare ad avere fiducia e prima potrà esserci la ripresa”. Il richiamo di Obama è duro in un altro punto del suo intervento: “Facciamo il possibile per crescere ora, la stabilizzazione dei conti è un piano più di lungo termine”. Ma sull’altra sponda dell’Atlantico c’è anche Wall Street, la grande finanza americana, che abbastanza apertamente fa la “guerra delle monete” e pensa a un nuovo attacco speculativo. Francesco Forte, grande economista, ex ministro delle Finanze, vede il quadro europeo deteriorarsi e prevede sviluppi che possono portare a nuove preoccupazioni e a nuovi problemi.



Il debito spagnolo e le banche iberiche in difficoltà stanno cominciando a investire un’area ampia dell’eurozona. Lei che idea si sta facendo della situazione?

Il downgrade che porta il debito pubblico a “spazzatura” sta diventando un grande problema. La Spagna è ferita, è come un toro a cui sono state messe le banderillas sulla schiena. Gli spagnoli stanno vivendo questo fatto come un’umiliazione e sfoderano il loro orgoglio non chiedendo aiuti, al momento. C’è un fatto strano in questo downgrade della Spagna. Lo ha decretato Fitch, l’agenzia di rating franco-canadese, la meno legata a Wall Street. Tutto questo mi fa pensare che stiamo assistendo a una sorta di pressing che parte dall’interno dell’Unione europea, per costringere la Spagna a chiedere aiuto e a sottoporsi all’umiliazione di un controllo sul suo bilancio.



Sembra un autentico scontro internazionale.

Lo è e parte probabilmente dai francesi. Il problema è come deve essere gestito questo aiuto. Alla Spagna serve l’aiuto per le sue banche in difficoltà, ma deve fare un passo come Stato per chiedere l’aiuto. È “l’Europa dei cavilli”. E tutto questo, tra pressing e necessità, diventa una questione grottesca, che però rende ancora più acuta la crisi tra i paesi dell’Unione europea.

Ma questa situazione spagnola può compromettere anche la situazione italiana. Insomma esiste quello che ormai in gergo si chiama rischio-contagio?

In questa “guerra delle monete” alla fine si fa strada la pura speculazione che si muove e alla fine può essere attaccata anche l’Italia. Qui il gioco sta sfuggendo di mano, è diventato più complesso, più duro e più ampio. Non ci sarebbe tanto allarme nel governo degli Stati Uniti, che pure ha le sue ambivalenze, che deve tenere un occhio all’economia reale e un occhio alle mosse di Wall Stret, della grande finanza americana. In più bisogna mettere nel conto anche i cinesi che, a quanto si dice, stanno abbandonando lentamente l’euro, e si riversano di nuovo sul dollaro e vantano crediti enormi negli Stati Uniti. Non piacerà a Obama vederli piuttosto irritati.



Poi c’è la signora Angela Merkel, la cancelliera tedesca, che continua rilasciare dichiarazioni dove si dice pronta a salvare la Grecia, ad aiutare di qui e di là, per poi ripetere il ritornello ormai terribile dell’“ognuno deve rispettare gli impegni”.

Angela Merkel in questo momento si sta arrabattando, perché deve avere dei grandi problemi interni. La sua posizione appare molto ambigua. Cerca sostanzialmente di scaricare tutto sulla Banca centrale europea, il che non credo che faccia molto piacere al Presidente Mario Draghi. Penso che Draghi alla fine cercherà una soluzione e ritengo che cercherà di far acquistare i titoli greci. Sarà una situazione piuttosto complessa, ma alla fine potrebbero trovare una soluzione.

 

L’impressione è che in questo momento anche il presidente del Consiglio, Mario Monti, sembra un po’ spiazzato, un po’ “più pallido”, politicamente parlando.

 

Direi proprio di sì. Monti in questo contesto offre un’impressione di pallore politico, non c’è dubbio. Che cosa ha fatto sostanzialmente il nostro premier in questi mesi di governo? Ha cercato soprattutto di rispondere all’Unione europea, di acconsentire soprattutto alle richieste dell’Europa. In questa sua politica di “copertura all’estero” pensava di esercitare poi un arbitraggio a livello internazionale ed europeo. Ora il gioco si fa più difficile. In realtà Monti, oltre al perseguimento del pareggio di bilancio, doveva mettere in atto politiche di crescita, privatizzando, vendendo asset, soprattutto liberalizzando realmente. Invece, anche sul mercato del lavoro è rimasto imbrigliato dai veti della sinistra e non è riuscito a liberalizzare veramente, per rendere più produttiva la nostra economia.

 

Ma per quale ragione non ha operato queste scelte?

 

La mia impressione è che non l’abbia fatto soprattutto per compiacere la sinistra, per mettere una “livrea europea” a questa sinistra italiana. Con i risultati che sta ottenendo, alla fine vedo che lo stanno sganciando persino due grandi giornali come Il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore, che mi sembri puntino a un recupero del prodismo e di Prodi. Adesso Monti è in una situazione complessa.

 

Forse ha fatto diventare la situazione italiana troppo internazionale.

 

Questa è stata la mossa di Monti, su questo ha puntato il presidente del Consiglio. Io, a questo proposito, suggerirei invece un vecchio concetto: quando la foresta brucia è inutile mettersi tutti insieme a spegnere il fuoco. Forse è più importante segmentare il terreno e difendere dal fuoco il proprio giardino.

 

(Gianluigi Da Rold)

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