La Commodity Futures Trading Commission (CFTC), l’autorità americana di vigilanza sui mercati derivati, ha approvato insieme alla Securities and Exchange Commission (la Consob americana) un importante documento che mira a fare maggiore chiarezza nel mercato dei cosiddetti “swap”, vale a dire un particolare tipo di derivati che fino a oggi sono stati trattati solamente su mercati Otc (over-the-counter), cioè non soggetti ad alcuna regolamentazione. Il testo ha l’obiettivo di stabilire quando i tassi d’interesse, i crediti, le azioni e altri tipi di derivati sono considerati “swap”, ovvero dei derivati che si basano sullo scambio di flussi di cassa o di pagamenti per ridurre eventuali rischi finanziari. Il progetto è stato approvato nell’ambito della legge di revisione del sistema finanziario ratificata nel 2010 dal presidente Obama, il Dodd-Frank Act e, come ha fatto sapere Gary Gensler, presidente della Cftc, ora “ci sarà più trasparenza, minori rischi per gli americani, più controlli e per la prima volta si farà luce sul mercato degli swap”.
Per capire l’importanza di quanto avvenuto e chiarire ogni dubbio, IlSussidiario.net ha contattato James Charles Livermore, operatore finanziario internazionale: «L’autorità di vigilanza americana, una commissione federale che dipende dal governo degli Stati Uniti, in collaborazione con la SEC ha dato una definizione di operazione su derivati. Le vere novità sono quindi essenzialmente due: la prima è rappresentata proprio dal fatto che un organo federale e uno indipendente abbiano collaborato, per la prima volta dai tempi della crisi del ’29, in una operazione del genere», mentre la seconda riguarda ovviamente i contenuti: «Per la prima volta dalla grande deregolamentazione dei mercati finanziari – continua a spiegare Livermore – si mette mano alle operazioni su derivati. L’atto recentemente approvato vuole definire cos’è un’operazione in derivati con l’obiettivo di regolamentare con precisione tutto ciò che finisce all’interno di questa stessa definizione. Il vantaggio è quindi molto ampio perché, nonostante venga coinvolta solo la parte riguardante gli swap, stiamo comunque parlando di svariate centinaia di miliardi che di colpo entrano nei radar della vigilanza bancaria».
Secondo Livermore, la conseguenza più forte di tale operazione è però un’altra: «Comincia a essere messo in atto il Dodd-Frank Act, la riforma che vorrebbe ripristinare un ordine all’interno dei mercati finanziari ispirandosi in chiave attuale al vecchio Glass-Steagall Act, recepito in Italia come la Legge Bancaria del 1936. Si tratta dunque di una serie di leggi diffusa sia in Europa che negli Stati Uniti e che sulla scia della crisi del ’29 separano le banche commerciali da quelle d’investimento. In poche parole vengono separati gli istituti presso cui i cittadini aprono un conto dove mettere i risparmi da quelli che invece fanno operazioni più complesse e rischiose e che quindi sono di conseguenza anche a rischio default».
Quanto approvato in America presenta però anche dei rischi, in particolare due: «Il primo – spiega Livermore – riguarda un eventuale smottamento politico, vista la forte vicinanza dei politici americani al mondo della finanza. Fino a oggi erano state fatte solo vaghe dichiarazioni di facciata contro le banche, ma senza mai modificare nulla dell’impianto normativo, quindi un passo del genere potrebbe avere un certo impatto». Il secondo rischio, utilizzando una metafora, è quello di chiudere il recinto quando ormai è troppo tardi: «Vengono definiti gli swap, è vero, ma c’è una tale marea di derivati che è facile nascondere operazioni simili agli swap all’interno di altre operazioni che invece ancora non sono state regolamentate. In sostanza si rischia quindi di far rientrare dalla finestra tutto ciò che è stato già fatto uscire dalla porta».
L’America ha dunque fatto il primo passo vero una maggiore chiarezza, ma è possibile che altri Paesi facciano lo stesso? «E’ molto difficile che ciò accada – conclude Livermore – per il semplice fatto che gli Stati Uniti hanno sempre rifiutato di applicare le regole di Basilea, quelle che vengono invece applicate da tutte le banche europee. Per questo motivo trovare un accordo del genere al di fuori dell’America, allo stato dei fatti, è pressoché impossibile».
(Claudio Perlini)