Sono tempi sempre più caratterizzati da una trasformazione evidente della Costituzione materiale della nazione italiana. Il governo tecnico si rivela un molteplice meccanismo che mentre trasforma la composizione delle decisioni politiche a livello centrale segnala con una sorta di fremito sismico il mutarsi rapido dei gruppi dominanti. La situazione è determinata in primo luogo dall’incertezza crescente dell’oligopolio finanziario mondiale in merito alle sorti dell’euro e della stessa composizione dell’industria finanziaria mondiale.
I recenti avvenimenti in merito al Libor, ai fallimenti nella compliance di JP Morgan e Barclalys scatenano preoccupazione ai più alti livelli. Lord King, il governatore della Banca d’Inghilterra, non può più fare a meno di richiedere con insistenza un cambiamento delle regole del gioco, ovvero il ritorno alle vecchie regole di prima del 1989, ossia l’eliminazione delle misure di de-regolazione che hanno innescato le micce della crisi attuale: divisione delle banche d’affari da quelle commerciali, il ritorno a una regolazione sorretta da strumenti che rendano possibile l’autoregolazione con un cambiamento profondo delle caratteristiche dei meccanismi degli scambi finanziari con più trasparenza e il ritorno di un comportamento morale degli operatori, la riforma della Bce nel senso della Fed.
Il numero degli economisti, inoltre, che, dinanzi alla disoccupazione strutturale crescente e al disordine finanziario rilevantissimo, richiedono politiche di crescita che non possono che essere neokeynesiane, diventa sempre più rilevante. I premi Nobel non ortodossi Krugman e Stigliz alzano la voce e sono sempre più ascoltati anche nei circoli dell’alta finanza e dell’industria grande e piccola che prima appoggiavano le misure suicide dirette ad aumentare l’austerità nella recessione sprofondando in tal modo le nazioni nella depressione economica e sociale più rilevante da quando il sistema capitalistico ha iniziato la sua riproduzione allargata, ossia dopo la Seconda guerra mondiale. Anche la Cina e l’India soffrono di tormentati percorsi che hanno il segno, insieme, del sottoconsumo e della sovraccapacità produttiva relativa.
In queste situazioni il governo italiano nomina Ministro dell’Economia Vittorio Grilli, che dell’austerità è il sacerdote e che ancora crede che il salasso sia la misura più idonea per far guarire il malato. Ma sono scarti senza prospettive, come i ciechi di Brueghel. Le borghesie internazionali non hanno più una guida sicura. Tutto è in fermento. Anche le agenzie di rating sono delegittimate. In Italia, il Senatore a Vita Mario Monti si reca negli Usa per una riunione certamente interessante dal punto di vista della conoscenza delle nuove tendenze tecnologiche in atto, ma certo enigmatica quanto alla sua rilevanza politica, mentre in Europa la dura resistenza tedesca sotto l’usbergo dell’austerità rischia di far sprofondare ogni iniziativa del generoso Mario Draghi verso l’insuccesso.
L’appello a una situazione di contenimento della spesa invocando tuttavia continuamente misure per la crescita rivelano la tendenza zigzagante delle elite finanziarie mondiali. O una cosa o l’altra. Queste misure per la crescita in primis non possono che essere rivolte alla detassazione del lavoro e dell’impresa. Un nuovo patto dei produttori è necessario attorno a una visione solidale dell’Europa che deve incamminarsi rapidamente verso gli Stati Uniti d’Europa, pena il suo naufragio per sempre in un disordine monetario senza fine e gravissime sofferenze sociali.
Piuttosto che studiare ritorni in campo di forze che hanno aperto divisioni e sconvolgimenti nei corpi elettorali italici converrebbe che il dibattito nazionale si concentrasse su questi temi. La situazione è tremenda. Il Pil continua a scendere e le tasse così alte sulle proprietà immobiliari rischiano di indebolire non solo il mercato interno per i gravami sulle famiglie, ma di colpire anche i patrimoni immobiliari che le imprese presentano in garanzia a fronte di un credito bancario sempre più concesso con il contagocce. Quando si assottiglieranno anche le garanzie immobiliari cosa rimarrà del rapporto banca- impresa?
È tempo non di divisioni politiche, non di viaggi di studio o di relazioni sociali, ma della nascita di un nuovo pensiero che non può che rifondarsi attorno alla visione di un patto dei produttori europei contro la grande finanza divoratrice delle strutture economiche di base. Se non si compie rapidamente un passo decisivo in questo senso tutto può succedere E si tradirebbe in tal modo la fiducia che è ancora molta tra gli italiani e gli europei nello Stato, negli Stati, come dimostrano le aste dei titoli di stato che rendono manifeste le risorse del Paese che ancora esistono: sia materialmente sia moralmente. Ma bisogna ascoltare e agire di conseguenza.