Non ci saranno nuovi stimoli all’economia statunitense per il momento, nonostante il rallentamento della crescita. Lo ha detto martedì, di fronte alla commissione bancaria del Senato, Ben Bernanke. Il presidente della Fed ha poi sottolineato che la crisi dell’Eurozona pesa sull’economia globale e statunitense ma per risolverla, visto anche il contesto «confuso», potrebbe essere necessario molto tempo: «La possibilità che la situazione in Europa peggiori ulteriormente resta un rischio significativo».
La crescita nel secondo trimestre, ha poi detto Bernanke, sarà sotto il 2%. Secondo il presidente della Fed, «l’economia statunitense ha portato avanti il suo recupero, ma l’attività economica sembra in qualche modo avere decelerato durante il primo semestre di quest’anno», anche a causa di una disoccupazione ancora a livelli alti. Il numero uno della Fed, al contrario di quanto era atteso, non ha comunque dato indicazioni su ulteriori passi della Banca centrale a sostegno dell’economia, attaccando anzi il Congresso: se agisse, ha detto, la Fed potrebbe non seguirlo. La Federal Reserve, ha aggiunto, «ha a disposizione un’ampia serie di strumenti per sostenere l’economia, ma le misure straordinarie devono essere utilizzate con cautela». Per finire, Bernanke ha dichiarato che «lo scandalo sulla manipolazione del tasso interbancario Libor è molto preoccupante e mina la fiducia nel sistema finanziario. Questo sistema era strutturalmente imperfetto».
Questo quanto detto da Bernanke e riportato dai giornali di mezzo mondo, i quali però si sono ben guardati dal riportare questa frase del numero uno della Fed sempre riguardo lo scandalo Libor: «La manipolazione dei tassi è stata un pochino più bassa da parte di certe banche, ma solo perché volevano mostrarsi sane durante la crisi». Insomma, per uno dei principali regolatori al mondo, la Fed, la manipolazione del Libor è stata poco più che una ragazzata, un tocco di maquillage per rendere meno da pelle d’oca gli stati patrimoniali delle banche! Beata onestà, per una volta: in effetti è andata proprio così, con un piccolo effetto collaterale in più che ha fatto parecchio comodo alla Fed come al governo statunitense. Le banche non sono infatti state le uniche a beneficiare dell’abbassamento dei tassi Libor: debitori e investitori i cui tassi floating o variabili sono in qualche modo legati al Libor hanno anch’essi tratto giovamento da quella manipolazione.
D’altro canto, si può anche obbiettare che fissando i tassi al ribasso, le banche stessero fregando loro stesse rispetto agli introiti sugli interessi, visto che l’effetto di abbassare il tasso Libor è quello di abbassare il tasso di interesse sui prestiti ai clienti, così come i mutui a tasso variabile che sono nei portafogli delle banche. Ma quasi certamente le banche non hanno fissato il tasso del Libor con in mente il bene dei loro clienti. Con quella mossa hanno ottenuto due risultati: perpetuare il regime di bassi tassi d’interesse delle banche centrali e alterare in meglio il loro stato patrimoniale. L’ultima cosa che le banche volevano, infatti, era un tasso di interesse in aumento che facesse calare il valore delle loro detenzioni e rivelare grosse perdite, finora mascherate proprio dal maquillage di tassi d’interesse taroccati.
Le banche, infatti, hanno ottenuto guadagni dall’aumento dei prezzi o la maggiore valutazione di strumenti finanziari a tasso floating – come i cdo, ad esempio -, una conseguenza diretta dell’abbassamento del tasso Libor. Visto che i prezzi degli strumenti di debito tendono a muoversi tutti nella stessa direzione e in direzione opposta a quella dei tassi d’interesse (bassi tassi significa alti prezzi dei bonds e viceversa), l’effetto di un abbassamento dei tassi Libor è stato l’aumento dei prezzi dei bonds, degli strumenti finanziari asset-backed e di altre securities. Alla fine, ecco cosa otteniamo: uno stato patrimoniale delle banche che sembra, artificialmente, più sano di quanto sia in realtà. Chi perde, invece? Gli acquirenti di swaps sui tassi d’interesse, i risparmiatori che ricevono minori interessi sui loro conti correnti e, alla fine, tutti i detentori di bond, visto che saranno i primi a pagare a caro prezzo quando questa manipolazione farà esplodere la bolla obbligazionaria, facendo crollare i prezzi.
Insomma, la manipolazione del Libor è servita a pompare i prezzi di bonds e asset-backed securities. In effetti, nel Regno Unito come negli Usa, il tasso di interesse sui bonds governativi è minore del tasso d’inflazione: a fronte di uno yield sul Gilt ventennale del 2,55%, l’inflazione Oltremanica è circa del 2,8%. Inoltre, sia nel Regno Unito che negli Usa la ratio debito/Pil sta salendo: la Gran Bretagna, ad esempio, sconta una ratio doppia rispetto a quella media del periodo 1980-2011. La domanda che sorge spontanea è, quindi: perché un investitore compra bonds a lungo termine che pagano interessi minori dell’inflazione, mentre il debito di quei paesi sta salendo rispetto al Pil facendo deteriorare le loro prospettive e il loro outlook?
Certo, se gli investitori capissero che stanno perdendo soldi, venderebbero quei bonds e di conseguenza farebbero calare i prezzi e alzare i tassi d’interesse. Perché questo non sta accadendo? La gente si diverte a farsi prendere in giro dalle banche? È felice di buttare i soldi dalla finestra? Semplice, perché nonostante i tassi d’interesse negativi, gli investitori stanno facendo capital gains dalle loro detenzioni di bond del Tesoro, poiché i prezzi salgono proprio a fronte dell’abbassamento dei tassi d’interesse. Sembra uno schema Ponzi: e in parte lo è. Basti pensare alle motivazioni per l’abbassamento dei tassi d’interesse.
Primo, Wall Street, ad esempio, ha venduto enormi quantitativi di swaps sui tassi d’interesse, essenzialmente un modo per shortare i tassi d’interesse e spingerli al ribasso. Conseguenza di questo, l’aumento del prezzo dei bonds. Secondo, la manipolazione del Libor che ha ottenuto lo stesso effetto, abbassare i tassi sui Gilts britannici e aumentarne i prezzi. Quindi, oltre alla teoria in base alla quale questo scandalo sarebbe esploso a orologeria per danneggiare il più possibile le banche centrali e le loro politiche espansive in questo momento, un’altra prende piede. Ovvero, dopo essere state salvate dai relativi governi, le banche britanniche e Usa stanno restituendo il favore sia al Tesoro che alla Fed e alla Bank of England per la loro politica di tassi bassi, manipolando il mercato obbligazionario sovrano, il quale sarebbe stato in altro modo abbattuto dall’abbondanza di nuovo debito e dalla monetizzazione di questo o parte di esso.
Insomma, il concetto di mercato risk-free per Treasuries e Gilts sarebbe, di fatto, il frutto di un’enorme manipolazione a fronte di debiti in sempre maggiore peggioramento, degni dell’appellativo di “periferici”. Per quanto potrà essere sostenuta questa bolla di debito governativo? Quanto possono andare al ribasso in territorio negativo i tassi d’interesse?
Per rendere positiva la politica di bassi tassi sui bonds governativi, occorrerebbe infatti che un’economia in declino – come di fatto sono quelle di Usa e Gran Bretagna – riuscisse ad annullare l’impatto sull’inflazione della creazione di debito e della sua monetizzazione, portando il tasso inflattivo verso lo zero. Possibile? Questo sembra la mission dichiarata della Fed, visto che per utilizzare un po’ di inflazione come kicker della crescita, Bernanke punta a un’inflazione al 2%: al prezzo corrente dei bonds Usa, significa l’obbligatoria continuazione della politica di tassi d’interesse negativi.
Il fatto che la Fed abbia ammesso di essere a conoscenza della manipolazione del Libor fin dal 2008, ci dà una chiara indicazione di come sia stata possibile una collusione ad alto livello per abbattere i tassi e mantenere alti i prezzi dei bonds. Quindi, o i prezzi delle obbligazioni continueranno a salire artificialmente mentre verrà emesso nuovo debito, oppure la bolla sta per esplodere. Ma questa storia i giornali, esattamente come la per la crisi subprime e dei debiti sovrani, ve la racconteranno quando sarà già esplosa.
P.S.: Qualche numero per chi ancora crede alla buffonata del salvataggio delle banche spagnole con i famosi 100 miliardi di euro garantiti dall’Ue. I Bonos decennali ieri sono tornati in area 7% di rendimento per una ragione molto semplice: i settori scatenanti la crisi iberica, quello immobiliare e quello bancario, continuano a peggiorare. Nel secondo trimestre di quest’anno il prezzo delle case è crollato al ritmo più veloce dall’inizio dell’intera crisi, mentre i bad loans, i prestiti inesigibili, sono cresciuti per il 14mo mese di fila, come ha confermato la Banca di Spagna. A fronte di tutto questo e della certezza di uno scudo europeo per ricapitalizzare le banche (lo vedo che state ridendo, screanzati), i depositi bancari sono scesi del 5,75% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Insomma, costi del finanziamento sempre più alti e recessione che si protrae, il perfetto circolo vizioso. Sarà per questo che, in un afflato di realismo disperato, il premier Mariano Rajoy ha ammesso che «questo governo non può decidere tra una scelta buona e una cattiva, deve decidere tra una cattiva e una ancora peggiore». Auguri, agosto si avvicina.