L’Eurogruppo ha approvato in via definitiva il programma di aiuti per ricapitalizzare le banche spagnole, che prevede una disponibilità fino a 100 miliardi di euro, di cui 30 miliardi disponibili già entro fine luglio. Una decisione che non è pero servita a placare lo spread tra i rendimenti dei Bonos decennali e i Bund tedeschi (schizzato oltre i 600 punti base) e che ha portato lo spread dell’Italia a quota 500. Ilsussidiario.net ha chiesto a Claudio Borghi, docente di Economia degli intermediari finanziari, di aiutarci a capire quel che è successo ieri e se questo “venerdì nero” resterà un caso isolato o sarà l’inizio di una nuova fase critica.



All’annuncio dell’approvazione da parte dell’Eurogruppo del piano per la ricapitalizzazione delle banche spagnole, lo spread spagnolo è schizzato oltre i 600 punti base e le borse hanno cominciato a precipitare. Non proprio quello che ci si aspettava. C’è qualcosa che non va nei mercati?

No, assolutamente. Anzi, di per sé è una non notizia. L’unica cosa che sorprende sono le modalità con cui l’Eurogruppo ha approvato il piano, vale a dire: il fatto di scoprire che, con largo anticipo, il governo spagnolo aveva già trattato le condizioni per avere l’aiuto estero, salvo poi esplicitarle solo nel giorno in cui Mariano Rajoy ha annunciato la manovra da 60 miliardi di tagli in due anni. Personalmente trovo poco trasparente e oltraggioso il modo con cui vengono condotte queste trattative.



Ma almeno è stato raggiunto un buon accordo?

No, perché in realtà il sistema nasconde una grossa debolezza: ci stanno dicendo che per salvare le banche spagnole ci vogliono 100 miliardi di euro e che, con il residuo di questi 100 miliardi, si potranno anche comprare dei titoli di stato spagnoli. Certificando una situazione di fatto: la Spagna è “alla canna del gas”, incapace di finanziarsi.

Ci spieghi meglio.

C’è il buco da debito privato (quello delle banche), che è dovuto alla bolla immobiliare. Ma questo debito non può essere collocato in un fondo da rilevare interamente con soldi del bilancio statale perché la Spagna non può emettere altro debito pubblico per via degli impegni presi sul deficit. E con livelli così elevati dello spread nessuno compra i titoli di stato che la Spagna prova a emettere.



Così si è giunti alla decisione di ricapitalizzare le banche con 100 miliardi di euro.

Ma questi 100 miliardi si aggiungono al debito pubblico spagnolo! Il prestito è al governo che a sua volta ricapitalizzerà le banche.

E dove sta il problema?

Vuol dire che il debito pubblico spagnolo aumenterà. Sempre di prestiti si parla. Non è che la Spagna riceve dei soldi a fondo perduto. Mentre se si volesse ripianare il debito pubblico spagnolo occorrerebbe un assegno. Cioè dei soldi da dare a fondo perduto alla Spagna. Facendo così aumenterà solo l’indebitamento.

Questa soluzione dunque non le è piaciuta…

Sono soluzioni che non arrivano minimamente vicine a toccare la radice del problema: gli investitori vogliono essere garantiti. Vogliono essere certi che se prestano soldi a uno Stato gli verranno restituiti. Prenda l’Inghilterra, per esempio, che non ha certo problemi economici secondari rispetto alla Spagna perché il suo primo settore (quello finanziario) è in crisi. Se uno compra titoli del debito inglesi non ha dubbi che gli vengano restituiti. Magari ci sarà un po’ di inflazione certo, ma i titoli sono restituiti. Quello che un investitore non vuole è che la restituzione dei suoi risparmi dipenda da questi incontri “carbonari” dove si pongono delle condizioni che non si sa se poi verranno votate e rispettate.

 

Cosa ne pensa di queste continue riunioni: prima l’Ecofin, poi il Consiglio, poi l’Eurogruppo…

 

La verità è che di riunione in riunione si continua a non decidere niente. È come l’anno scorso con il salvataggio della Grecia: se uno guardava i media, usciti dall’eurovertice sembrava un trionfo, ma poi non si è risolto nulla. Io credo che l’emorragia sui titoli di stato nell’area euro si può fermare solo ed esclusivamente con un intervento della Bce. Tutto il resto sono cose destinate per loro stessa natura a fallire.

 

Addirittura?

Tutti i soldi stanziati per salvare prima la Grecia, poi Irlanda e Portogallo, e ora la Spagna sono soldi che servono al massimo per salvare qualche creditore privilegiato prima di alzare bandiera bianca.

 

Cosa intende?

È logico che se si dà tempo alla Grecia, o alla Spagna, di rimborsare qualche titolo, si dà tempo a qualche creditore di incassare ciò che ha speso. Nel caso della Grecia erano segnatamente banche francesi e tedesche. In questo caso siamo in una situazione simile. Solo le banche italiane hanno avuto esposizioni largamente domestiche. Gli “investimentoni” nei paesi cosidetti “Piigs” non sono mai stati fatti dal nostro settore finanziario. Gli investimenti spericolati o il credito concesso in maniera larga per finanziare le bolle immobliari spagnole o irlandesi o greche sono sempre state prerogativa di banche non italiane. E ora si ripeterà quanto successo con la Grecia.

 

Solo che lo spread questa volta è schizzato immediatamente…

 

Perché la gente, quando si ripete la stessa storia, ci mette meno tempo a capire.

 

Che scenario vede da qui a un anno?

 

C’è spazio per un’altra mossa disperata di salvataggio in extremis della Bce che si inventerà un “Ltro bis” o qualcosa di simile. Tutti hanno paura a vedere la fine del mondo con i propri occhi. Ma poi si alzerà bandiera bianca e ognuno tornerà alla propria valuta.

 

Secondo lei, qual è la vera via d’uscita a questa situazione?

 

Al momento attuale l’unica soluzione percorribile, dal mio punto di vista, è quella di una garanzia assoluta e totale sui titoli del debito da parte della Bce. Come avviene in tutti gli altri paesi del mondo. Si chiama quantitative easing. Vale a dire che la Bce dovrebbe decidere di ricomprarsi tutti i titoli che la Spagna vuole vendere. Solo così gli spread si possono annullare perché la Bce ha “potenza di fuoco” infinita: essendo lei stessa la base dell’Unione monetaria può ricomprarsi tutti i titoli che vuole.

 

Ma rischierebbe di creare inflazione…

Beh, tra un po’ più di inflazione e il fallimento globale dell’eurozona, io non avrei dubbi su cosa scegliere.

 

E così si sistemerebbe tutto?

 

Non si risolverebbero certo tutti gli squilibri all’interno dell’eurozona. Per questo l’unica soluzione sarebbe la seconda ipotesi che io caldeggio da sempre.

 

Che sarebbe?

 

Prendere atto che si è sbagliato clamorosamente. Si è costruito un bellissimo progetto, ma su basi sbagliate. Perché un’economia troppo eterogenea non diventa omogenea solamente adottando una moneta uguale per tutti, senza la possibilità degli aggiustamenti che i cambi flessibili consentono. Ogni Paese deve tornare ad avere la sua valuta.

 

Una “fuga” dall’euro generalizzata?

 

Sì. A quel punto la Spagna svaluterà la propria moneta del 40% rispetto all’euro, noi del 20% e il marco tedesco si rivaluterebbe notevolmente. Ci sarebbe un riaggiustamento di tutte le competitività perdute e si potrebbe ricostruire l’economia su basi normali. Stiamo ripercorrendo la stessa strada del 1992 quando ci dissero che era impossibile uscire dallo Sme e invece dovevamo farlo. Finimmo per uscire poi più tardi massimizzando i costi e perdendo tutte le nostre riserve di valuta quando invece avremmo potuto farlo con largo anticipo.

 

(Matteo Rigamonti)

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