Un paio di settimane fa, l’economista Nouriel Roubini, famoso per aver predetto l’attuale crisi iniziata nel 2007, in un’intervista a Bloomberg ha avvisato che il 2013 sarà peggiore del 2008. «Peggio perché come nel 2008 ci sarà una crisi economica e finanziaria, ma a differenza del 2008 si è a corto di contromisure. Nel 2008 si potevano tagliare i tassi di interesse, fare Qe1, Qe2, varie misure di stimolo fiscale, e tanto altro. Oggi i Qe (Quantitative easing) stanno diventando sempre meno efficaci perché il problema è di solvibilità, non di liquidità. I disavanzi di bilancio sono già troppo grandi e non è possibile salvare le banche, perché 1) c’è una forte opposizione politica, e 2) i governi sono prossimi a essere insolventi. E se non possono salvarsi da soli, figuriamoci le banche. Il problema è che siamo a corto di conigli da tirare fuori dal cappello».
Al contrario, il governatore della Bce Mario Draghi, dopo il recente venerdì nero delle borse. Ha affermato ieri, domenica 22 luglio, che «l’Euro è irreversibile», «non esiste un rischio di esplosione dell’unione monetaria» e «la Bce è pronta ad agire senza tabù». Solo il fatto che il governatore della Bce sia costretto a dire che non ci sono rischi, fa pensare molto male sulla reale salute dell’unione monetaria. Nel frattempo, la Spagna è attraversata da proteste popolari sempre più intense e diffuse, mentre le regioni spagnole bisognose di soccorso finanziario perché sull’orlo della bancarotta sono diventate sette. Come se non bastasse, si sta diffondendo la voce di un parere negativo del Fmi per un ulteriore indispensabile finanziamento alla Grecia, poiché il Paese non è in grado di rispettare gli impegni presi quando sono stati concessi i prestiti precedenti.
A questo punto, la verifica dei mercati finanziari il lunedì successivo a tali dichiarazioni diventa la cartina tornasole decisiva per la credibilità del governatore della Bce. Oggi la Borsa di Milano è arrivata a perdere il 5% e circa 15 titoli sono stati sospesi dalle contrattazioni per eccesso di ribasso. Lo spread ha raggiunto i 520 punti. Come dare torto ai mercati? Le regioni spagnole sono indebitate complessivamente per circa 140 miliardi di euro, mentre in Italia una decina di città rischiano la bancarotta, a causa di una norma recentemente introdotta, per cui i residui attivi devono essere svalutati del 25% (grazie a Monti, e grazie ai partiti che lo sostengono). Un significato sinistro assume dunque l’ultima frase di Draghi da noi riportata: «La Bce è pronta ad agire senza tabù». Che significa? A cosa è pronta? A una stampa folle di moneta, distruggendo così i valori dell’economia reale?
Per il resto, nel dibattito politico e tra gli economisti regna sovrana la confusione. Ne è un esempio l’intervento di Renato Brunetta in un articolo di ieri, comparso sul Giornale. La sua ipotesi è stata chiamata sbrigativamente come la soluzione “Euro2”, cioè l’istituzione di una moneta per i paesi più deboli. Ma di fatto si tratta di una soluzione che dovrebbe essere chiamata “più Europa”, cioè la stessa soluzione che ha creato tutti gli attuali problemi dagli anni ’90 fino a oggi. “Più Europa” si invoca proprio quando le istituzioni europee si sono mostrate inadeguate a capire, prevedere e fronteggiare la crisi economica.
Ma gli stati sono davvero in grado di fronteggiare la crisi? Come possono, dal momento che hanno radicalmente rinunciato a uno degli strumenti cardini, cioè la sovranità monetaria? Allora, per fronteggiare la crisi, non ci vogliono solo “più stati nazionali”, ma anche una ripristinata sovranità monetaria nazionale, che venga utilizzata per difendere lo stato sociale e l’economia nazionale.
Infatti, l’attuale situazione è totalmente ostile a ogni dimensione sussidiaria. Per la sussidiarietà sono necessari due poteri che possono intervenire sullo stesso tessuto sociale: solo in tale caso si pone il problema di chi debba intervenire e in quale modalità. Solo con la presenza di due o più attori, ci si pone il problema di chi debba intervenire, un problema che il principio di sussidiarietà risolve in maniera così brillante.
Se invece l’attore è uno solo (come l’Euro e la Bce), al primo squilibrio quest’unico attore favorirà una parte piuttosto che l’altra (i bilanci delle banche invece che lo sviluppo pubblico e privato), facilmente aumentando gli squilibri che originariamente si dicevano di voler sanare. Al contrario, quando si utilizza un solo strumento per intervenire in una situazione tanto complessa, il comportamento del sistema diventa sempre più “frattale”, cioè un tipo di distribuzione degli eventi che favorisce gli squilibri e gli eccessi. Qualcosa che fa molto piacere alla finanza speculativa.