Gli ultimi due anni (e probabilmente i due a venire) passeranno alla storia come gli anni della crisi del debito sovrano europeo, con un mercato finanziario votato a “speculare” contro i titoli dei famosi Piigs (ma abbiamo segnali che il problema possa estendersi). Bce ed Efsf (European Financial Stability Fund) hanno contrastato tale tendenza acquistando in due anni titoli di Stato per circa 200 miliardi di euro, ma senza una precisa o formalizzata strategia. Il nascente Esm (European Stability Mechanism) è chiamato a ereditare e istituzionalizzare tale attività, magari formalizzando target di tasso o prezzo (l’uno implica univocamente l’altro).
Chi vuole tale strumento sostiene che scoraggerà la speculazione, ponendo così un tetto al costo del debito di Paesi come Spagna e Italia; da qui la definizione di “scudo anti-spread”, dove si confonde un indice di debolezza rispetto ai titoli tedeschi (lo spread) con gli interessi effettivamente da pagare sul debito pubblico (il tasso). Il ragionamento è semplice: se il mercato “vende” il titolo, facendone scendere il prezzo e quindi salire il rendimento, l’Esm compenserà tali spinte acquistando i titoli. Stabilizzando un certo rapporto tra domanda e offerta si avrà la stabilizzazione del rendimento attorno a un livello reputato sostenibile o “congruo” per il Paese emittente. Si vuol così impedire che, proprio nel bel mezzo dell’austerity, la maggior spesa per interessi causata da spinte “speculative” costringa a scegliere tra il venir strangolati da manovre correttive ulteriori e il fallimento da debito pubblico ingestibile. Il nemico da combattere è, sempre e comunque, la speculazione.
Ho pochi dubbi che la Corte tedesca vorrà trovare ragioni per bloccare l’Esm, dato che ciò non impedirebbe comunque politiche di supporto al debito sovrano (Bce ed Efsf stanno già operando “ad interim” con politiche già decise per l’Esm, come il supporto di 100 miliardi verso le banche spagnole), e anche perché la mancata concessione di una licenza bancaria all’Esm impedirà a quest’ultimo di operare a oltranza con fondi stampati ad hoc da Draghi. Senza tale licenza l’Esm assomiglierebbe più a un ente fiscale che a un “braccio” della Bce, cosa certamente gradita se non essenziale per il placet tedesco; questo, assieme i problemi tecnici che comunque la licenza si porterebbe dietro, mi fa ritenere che la riapertura di tale opzione da parte del Governatore della Banca centrale austriaca Nowotny sia poco più di una boutade.
L’Esm dovrà farsi bastare i già accordati 500 miliardi di euro per acquistare titoli di paesi pericolanti, bloccare contagi verso paesi “diligenti” (come l’Italia, secondo Monti), ricapitalizzare le banche spagnole, sostenere la Grecia e quant’altro; il rischio è certo di avere una “potenza di fuoco” ridotta, ma ricordo che nessun attacco speculativo (come quelli valutari allo Sme del ’92-’93 o quelli asiatici del ’97-’98) è stato risolto dalle pur illimitate risorse delle banche centrali.
In realtà una politica istituzionalizzata di contrasto sistematico al mercato rischia di rivelarsi di per sé uno stimolo alle ondate di vendita che vorrebbe invece spegnere. Già nell’esperienza degli ultimi due anni si ha il dubbio che i 200 miliardi di acquisti di titoli di Stato abbiano funzionato come una rete di protezione per gli speculatori ribassisti, che hanno potuto vendere quei titoli a un prezzo superiore a quello che si sarebbe formato sul libero mercato. In effetti, gli ordini di vendita, mentre causano il rialzo dei rendimenti e il corrispondente ribasso dei prezzi, creano contestualmente condizioni di sfavore per vendite meramente “speculative”, cioè scevre da valutazioni di fondamentali effettivamente deteriorati: più il prezzo scende, minori sono i guadagni ottenibili dalla vendita (fino ad arrivare a vendere in perdita) e parimenti maggiori le opportunità di acquisto (possibilità di guadagno da una successiva ripresa dei prezzi).
Creare una domanda aggiuntiva impedendo la discesa dei prezzi è in realtà un modo per mantenere migliori condizioni di vendita dei titoli. L’incertezza su volontà e target degli interventi di Bce e Efsf ha mantenuto un certo rischio sulle strategie ribassiste, mentre quel che si vuol disegnare per l’Esm – praticamente un bond price targeting – implica la certezza di tempi e dimensioni degli interventi, e con essa il rischio che il mercato sfrutti il “fondo anti-spread” come un vero e proprio bancomat (un bancomat infinito, nel caso di attribuzione della licenza bancaria).
Questo nel caso che le vendite non siano giustificate dai fondamentali degli emittenti dei titoli; nel caso sussistano vere ragioni di sfiducia (congiuntura negativa, dinamiche di spesa pubblica incontrollabili, inettitudine politica, rivolta sociale…), poter vendere a prezzo “definito” (il target dell’Esm) potrebbe perfino “sussidiare gli speculatori” per il valore reale (fair value) perso dal titolo. E poi ci si chiede perché le Borse esultino a tali prospettive di intervento!
Dipendentemente dalla tempestività dell’intervento dell’Esm si potrebbero però avere situazioni anche più perverse che stilizzerò qui di seguito. Considerate che sul mercato finanziario siano presenti due classi di operatori, le Mani Forti, che decidono autonomamente quale strategia seguire, e il Parco Buoi, che tende ad accodarsi alle scelte delle Mani Forti (ad esempio, i secondi osservano i prezzi derivanti dalle operazioni dei primi e a loro volta ne seguono il trend); consideriamo poi che le transazioni avvengano a pacchetti discreti o Lotti con effetto dato sul prezzo di mercato, per cui le Mani Forti agiscono, ad esempio, comprando un Lotto di un certo titolo, causando un rialzo del prezzo ad esempio dell’1%, al che segue il Parco Buoi che compra un Lotto dello stesso titolo causando un ulteriore aumento del prezzo dell’1% (questa schematizzazione dà una dimensione temporale all’esposizione); consideriamo poi che l’Esm intervenga solo dopo aver osservato gli effetti delle operazioni delle Mani Forti, quindi solo dopo o durante l’operare del Parco Buoi, per riportare il prezzo del titolo a un livello target ufficiale (per ipotesi pari a 100, cui corrisponda un certo rendimento); infine, per semplicità, poniamo che il prezzo del titolo parta già al livello target (quindi sulla soglia di intervento dell’Esm).
Quale strategia sarebbe ottimale per le Mani Forti? Indipendentemente dalle loro valutazioni di fair value – cioè astraendo dal fatto che l’emittente del titolo sia uno Stato fiscalmente disciplinato o meno – sarebbe “interessante” vendere il titolo (da cui il primo calo di prezzo dell’1%), attendere che il Parco Buoi segua e rafforzi il trend (causando fino a un ulteriore 1% di calo del prezzo), rientrare quindi sul mercato acquistando lo stesso titolo appena prima o in concomitanza dell’intervento dell’Esm che riporterà il prezzo al target di partenza. In tal modo le Mani Forti avranno inizialmente venduto a un prezzo compreso tra 100 (livello iniziale) e 99 (che sconta le prime vendite), riacquistato a un prezzo inferiore grosso modo tra 99 e 98 (prezzo che sconta le ulteriori vendite del Parco Buoi), per poi ritrovarsi nella situazione di partenza grazie all’intervento “riequilibratore” dell’Esm, avendo nel frattempo profittevolmente speculato (un guadagno “drenato” dalle tasche del Parco Buoi e dell’Esm).
Nell’esempio fatto è evidente che chi per primo tra le Mani Forti decide di vendere ha un vantaggio in termini di prezzo, in quanto questo scende man mano che le proposte di vendita vengono piazzate sul mercato, pertanto le prospettive di speculazione sulla risposta dell’Esm spingeranno ad anticipare le decisioni delle Mani Forti. In conclusione, c’è da aspettarsi una maggior attività sul mercato e un’elevata volatilità del titolo, cioè maggior speculazione.
Una tale strategia è tanto più praticabile quanto più chiari sono i termini quantitativi e temporali di intervento dell’Esm. Certamente la realtà non è così schematica e “certa” – quanto sopra è solo una stilizzazione a fini espositivi -, ma occorre riflettere sul perché da due anni, nonostante divieti o short selling e minacce di contrasto da parte della Bce, le pressioni su certi titoli di Stato continuano a rinnovarsi. Considerato anche che i titoli sotto pressione sono per lo più quelli che “pesano” sui bilanci delle banche (si veda la vicenda Eba), è per lo meno legittimo il dubbio che la presenza di compratori di ultima istanza abbia stimolato la ricerca di una facile monetizzazione delle posizioni, da cui le spinte ribassiste che si intenderebbero invece contrastare. L’Esm potrebbe semplicemente meccanicizzare questa perversione istituzionale.