Due giornate positive di fila sui mercati. Le parole del presidente della Bce, Mario Draghi, hanno rappresentato una sorta di volano. Piazza Affari ha riguadagnato i 13.500 punti dopo essere scesa martedì sotto i 12.500. Anche lo spread, seppure ancora alto, è a un livello accettabile rispetto all’inizio della settimana, scendendo verso quota 450. Ora si tratta di aggiustare la rotta sulla difesa reale dell’euro, dell’eurozona e dell’Europa stessa. Forse sono utili meno summit, meno vertici inconcludenti e più decisioni, più dichiarazioni brevi e concise che esprimono una reale volontà politica. Anche la grande speculazione può avere le armi spuntate di fronte a scelte coraggiose e a una volontà comune.



C’è questo problema di fondo dell’Europa, ma poi c’è un problema che riguarda l’Italia, la più esposta dopo la Spagna alle impennate dello spread e delle incursioni speculative. Che cosa deve fare l’Italia per rendersi effettivamente credibile ai mercati? Qui si ritorna alla questione del grande debito pubblico e compaiono risanatori di tutti i tipi, con proposte che riguardano principalmente il settore pubblico dell’Italia. Si possono mettere nell’ordine alcune proposte, per la verità rimasticate in diverse salse. Susanna Camusso, l’ultima “pasionaria” di un sindacato fuori dal mondo, ripropone la patrimoniale, una tassa molto recessiva. Poi ci sono quelle di Andrea Monorchio, di Mario Baldassarri: un dimezzamento del debito nel giro di venti anni. Rispunta il “Fondo patrimonio Italia” di Giuseppe Guarino, da cui si emetterebbero titoli che verrebbero sottoscritti forzosamente dagli italiani. C’è chi pensa al “Fondo per l’ammortamento del debito pubblico”. Infine, una patrimoniale più classica da applicare oltre il milione di euro oppure una sorta di super Imu, con forte progressività per la terza abitazione.



Il professor Ugo Arrigo, docente di Finanza pubblica all’Università Statale “Bicocca”, senza voler essere irriverente pensa a una sorta di “giochini intellettuali”, quando il problema, anche per combattere lo spread è essenzialmente un altro.

Quale sarebbe la ricetta migliore che lei suggerisce professor Arrigo?

Il problema principale è la riduzione del peso dello Stato, della sua invadenza nell’economia italiana. È questo il segnale più importante che, a mio avviso, si aspettano i mercati e, realizzandolo, avremmo probabilmente un’autentica se non drastica riduzione dello spread.



Ma come si può realizzare tutto questo programma di ritirata dello Stato dall’economia?

Cerchiamo di ragionare con un minimo di calma e di razionalità. Alla base di tutti questi “giochini intellettuali” c’è il debito e soprattutto il costo del nostro debito. Ma questa è una “credenza” che non corrisponde esattamente a verità. Tutto sommato il nostro debito non costa molto. Se si fanno i conti bene, anche se il Btp decennale ha un rendimento intorno al 6,5%, il nostro debito, considerando i titoli a più breve scadenza, è su un tasso del 5% medio. Allora basta pensare alla manovra che si fece anni fa per entrare nell’euro: in quel momento il tasso era all’11,5%. Quindi il tasso sul nostro debito si è più che dimezzato ed è sostenibile. In realtà, il nostro debito non è in sé pauroso. Ma pauroso è il rapporto tra il debito e il Pil, ed è paurosa la caduta del Pil. In altri termini la mancanza della crescita del nostro Prodotto interno lordo.

 

Gira e rigira si ritorna sempre al problema della crescita.

 

Certamente. E a come favorirla. A come, ad esempio, non prendere misure recessive per il settore privato e a ridurre in termini ragionevoli il rapporto tra debito e Pil, ricorrendo, ad esempio, a privatizzazioni, rischiando persino di incassare zero euro. Certo, occorre mettere in vendita asset pubblici per guadagnare il più possibile, ma anche se si realizza zero, lo Stato si libera di una zavorra che sta facendo precipitare la mongolfiera Italia. Pensi solamente a tre privatizzazioni: la Rai, le Poste e i treni. Sto parlando dei treni, non della rete. Lei immagini di quanto si libererebbe lo Stato anche se realizzasse una vendita a costo zero: debiti, carrozzoni, oneri di ogni tipo. In più ci sarebbe un messaggio chiaro ai mercati, cioè una autentica ritirata dello Stato dal mondo dell’economia.

 

Non sarebbe già sufficiente liberarsi del patrimonio immobiliare dello Stato?

 

Sarebbe meno credibile per i mercati. Che cosa fa in genere una signora ricca che è indebitata, in difficoltà, e vuole realizzare qualche cosa? Non va a vendere “cianfrusaglie”, si fa per dire, ma comincia dal gioiello a cui tiene di più e che ritiene il più prezioso. La classe politica tiene così tanto alla Rai, che è ormai un carrozzone lottizzato e pieno di buchi. Bene, metta in vendita la Rai e in questo modo sarà più credibile e si libererà di un grande peso.

 

In questo Paese sembrano tutti concentrati a far quadrare i conti del settore pubblico, trascurando le difficoltà del settore privato dell’economia, che riguarda imprese e famiglie.

Ed è questo l’errore di fondo. Continuano a guardare il numeratore e non agiscono mai sul denominatore. In questo modo, cercando di risolvere il problema del settore pubblico e con una serie di misure continue e recessive, deprimono il settore privato. È questo fatto che frena la crescita e ci condanna a un rapporto tra debito e Pil che è pauroso e che poi si riflette sui mercati con improvvise impennate dello spread.

 

A parte i problemi europei e la crisi internazionale, lei non vede altre soluzioni credibili e strade da percorrere per far ricrescere l’Italia?

 

Non credo che esistano realisticamente altre possibilità e non esiste altro messaggio migliore per i mercati. Una grande riforma di struttura per il nostro Paese riguarda innanzitutto una forte riduzione del peso dello Stato nell’economia. Se si continua invece a ragionare su come far quadrare i conti del settore pubblico, avremo continuamente un rapporto tra debito e Pil insostenibile e veramente pauroso.

 

(Gianluigi Da Rold)