È iniziata bene quella che la grande stampa d’informazione chiama “la settimana decisiva” per il futuro dell’unione monetaria europea. Borse in rialzo. Spread contenuti. Scambi (a distanza), dannunzianamente parlando, “d’amorosi sensi” tra Mario Monti e Angela Merkel nel ribadire che faranno di tutto e di più per salvare l’unione monetaria. Colloqui definiti “positivi” (nei comunicati stampa) tra il Segretario al Tesoro Usa Tim Geithner e il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble. Come potrebbe chiudere meglio di così un luglio tormentato che tante Cassandre (ma – ricordiamocelo – la Principessa Troiana tutti i torti non li aveva) avevano dipinto come il preludio a un agosto ancora peggiore?
Gli specialisti (e i sedicenti tali) di “neuroeconomia” (la disciplina che coniuga la psicologia con la “triste scienza economica”) attribuiscono la calma a “l’effetto Draghi”, ossia alle parole pronunciate la settimana scorsa dal Presidente della Banca centrale europea (Bce). Può anche essere che abbiamo ragione. Tuttavia, da un lato “la settimana decisiva” non è ancora conclusa: mercoledì primo agosto c’è grande attesa per gli esiti di una maxi asta di buoni del Tesoro spagnolo, mentre giovedì ci saranno le decisioni del Consiglio Bce (in cui non tutti paiono sposare la “linea Draghi”).
Inoltre, occorre tenere conto di un’altra dimensione che possiamo chiamare la “Pax Olimpica”. Nella Grecia antica, nelle due settimane quando, ogni quattro anni, si tenevano i giochi, le guerre tra le città stato dell’Ellade si arrestavano. Nel Settecento, nel bel mezzo del conflitto per la successione austriaca (non poca cosa a quell’epoca), Pietro Metastasio ne trasse ispirazione per un testo messo in musica da una quarantina di musicisti, tra cui Galuppi, Pergolesi e Vivaldi. Quando nel luglio 1912 stava per scoppiare quella che due anni dopo sarebbe stata la Prima Guerra Mondiale, l’inizio dei giochi calmò tutti (pure i Balcani reduci da tre guerre in pochi anni e pronti alla quarta).
Si potrebbe dire che la “Pax Olimpica” afferisce specialmente al mondo della finanza, anche perché quelli che Richard Nixon chiamava “gli gnomi di Zurigo” (ossia coloro che muovono i flussi monetari e finanziari) hanno da decenni traslocato dalla paciosa Svizzera all’agguerrita Londra, il cui Governo proprio per questo motivo non ha firmato il Fiscal Compact. In questi giorni, sono più intenti a scommettere su medaglie che su tassi d’interesse e su monete.
Quali che siano le determinanti – effetto neuro-economico di Draghi e del suo ufficio stampa o “Pax Olimpica” – potrebbe trattarsi, leopardianamente parlando, della quiete prima della tempesta. In Parlamento – almeno in quello italiano, giacché non sappiamo cosa sta avvenendo in quelli di altri Paesi nei guai – si sta allentando la tensione. Dato che l’esecutivo ha deciso di essere più politico che tecnico (e di non puntare i piedi e di non minacciare di sbattere la porta, ma di tirare a campare il più possibile), le misure per contenere la spesa vengono annacquate nel modo peggiore: si salvano quelle con poca sostanza, ma grande aspetto mediatico (auto blu), vengono ammorbidite le altre (sgravi alle imprese, regole su appalti).
Il Governo dovrebbe prendere spunto dalla quiete momentanea per mordere meglio sulla spesa pubblica meno produttiva e delineare un programma di rilancio. In ultima istanza, se l’economia reale non migliora, il rapporto debito/Pil non potrà che peggiorare e la fiducia a investire in Italia che diminuire.