Sono quattro i piani per la riduzione del debito pubblico attualmente al vaglio del governo Monti. Il primo, firmato dal ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, è basato su un programma di vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi di euro l’anno, pari all’1% del Pil. Giuliano Amato e Franco Bassanini puntano invece a riportare il debito pubblico a livelli di sicurezza entro il 2017 e a farlo scendere fino al 100% del Pil (contro l’attuale 123,4%) entro il 2020. Angelino Alfano, leader del Pdl, prevede misure ancora più drastiche con un abbattimento del debito da 400 miliardi di euro. Infine l’economista Pellegrino Capaldo sostiene l’introduzione di un’imposta patrimoniale. Ilsussidiario.net ha intervistato Franco Debenedetti, imprenditore, politico ed editorialista de Il Sole-24 Ore e del Corriere della Sera.



Tra i vari piani antidebito, quale la convince di più?

In primo luogo devono essere escluse tutte le manovre straordinarie sul patrimonio privato. Sono particolarmente difficili da mettere in atto e molto depressive dal punto di vista economico, in quanto sottraggono del denaro al sistema privato i cui investimenti rappresentano la sola possibilità di fare ripartire l’economia. Una patrimoniale lancerebbe un messaggio politicamente ed economicamente devastante, perché l’Italia diventerebbe un Paese in cui non c’è più la certezza della proprietà.



Propende quindi per la vendita di imprese pubbliche o di immobili?

L’unica soluzione accettabile è la cessione di cespiti dello Stato. Per quanto riguarda la vendita di immobili il problema è quello di trovare degli acquirenti. Personalmente inoltre ritengo illusori i piani molto ambiziosi che sono stati presentati finora, e in cui si parla di una riduzione del debito per centinaia di miliardi di euro.

Che cosa ne pensa dei piani Grilli e Bassanini/Amato?

Il piano che auspico è a metà tra quello di Grilli e l’ultima versione di quello di Bassanini e Amato. Anche Amato, che era a favore della patrimoniale, ha fatto marcia indietro riconoscendo gli inconvenienti cui darebbe luogo. Gli interventi proposti nel piano Bassanini-Amato possono quindi risolvere i problemi del debito.



Qual è quindi la sua proposta?

Ho scritto di recente un articolo sul giornale tedesco Handelsblatt, in cui sostenevo una proposta originale, e cioè la necessità di uno sforzo rapido e concentrato per ottenere ricavi che ci permettano di non andare sul mercato per un certo periodo di tempo. Se noi lasciamo il mercato “a bocca asciutta”, cioè se non gli chiediamo dei soldi per un certo periodo, si otterrà il risultato di frenare e diminuire lo spread. Come sempre infatti quando c’è più richiesta che offerta i prezzi salgono.

 

Che cosa intende quando dice che il mercato va lasciato “a bocca asciutta”?

 

Occorre sospendere le nuove immissioni. Bisogna semplicemente evitare o ridurre fortemente le vendite di Btp per un breve periodo di tempo. Questo quindi richiede non una soluzione globale del problema del problema del debito, ma avere delle risorse rapidamente disponibili per potere chiedere meno soldi al mercato.

 

E come si ottengono queste risorse?

 

Occorre vendere tutte le aziende pubbliche, incluse quelle che producono utili. Questi ultimi servono infatti per pagare il debito, ed eliminando sia quest’ultimo sia gli utili saremmo alla pari.

 

Lei venderebbe anche Eni?

 

Assolutamente sì. Proprio perché la società petrolifera gode di buona salute, gli introiti che si guadagnerebbero attraverso la vendita sarebbero elevati. Chi è contrario a questa ipotesi afferma spesso che senza l’Eni si indebolirebbe la politica estera del nostro Paese, ma la politica estera la fa il ministro degli Esteri e non un’impresa petrolifera.

 

L’oro e le riserve di Bankitalia possono giocare un ruolo nella riduzione del debito?

Si tratta di un problema delicatissimo che riguarda l’indipendenza della banca centrale italiana. Di tanto in tanto questa proposta rispunta fuori come il mostro di Loch Ness, ma sarebbe meglio metterla da parte una volta per tutte in quanto il rating dell’Italia dipende anche dalle riserve auree.

 

Ma il suo piano non rischia di concentrarsi solo sugli interventi a breve termine?

 

Tutti i piani molto ambiziosi come entità e che puntano a ottenere effetti molto lontani nel tempo, non produrrebbero nessun risultato perché i mercati si limiterebbero a guardare e ad aspettare che cosa succederà. E’ invece più giusto avere un piano come il mio, che preveda degli interventi rapidamente realizzabili e con delle tappe definite in modo preciso.

 

E’ possibile trovare in poco tempo acquirenti per le aziende pubbliche italiane, senza il rischio di una svendita?

 

Di tutte le cose vendibili, le aziende pubbliche sono quelle che possono essere cedute più rapidamente. La parola “svendita” inoltre non vuole dire niente, si vende ai prezzi di mercato. E soprattutto se non si cercano gli acquirenti, non li si troveranno mai.

 

(Pietro Vernizzi)