Secondo una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature, il trattamento dei tumori con la chemioterapia favorirebbe lo sviluppo dello stesso tumore nei tessuti circostanti, ma il nuovo tumore sarebbe più resistente ai trattamenti chemioterapici. I danni al DNA causati dalla chemio favorirebbe la sovrapproduzione di una vitamina, la WNT16B, normalmente utile nella morfogenesi dei tessuti; trovandosi nei pressi della massa tumorale, favorisce la morfogenesi del tumore. Ma stiamo parlando di economia, seppure per metafore? 



Direi proprio di si (mi è venuto da sorridere, leggendo che la ricerca conferma concetti espressi anche da Lorenzo Mantovani, esperto di Farmacoeconomia). Il tumore maligno che sta affossando l’economia italiana ed europea è il debito. E la chemioterapia utilizzata sono le tasse, somministrate a dosi sempre maggiori, soprattutto dove il male del debito è maggiore (Grecia e Spagna). Ma questo provoca minori capacità di spesa per gli utenti (cittadini e imprese) che sono “favoriti” a spendere di meno, facendo incassare di meno allo Stato. E minori incassi dello Stato provocano uno squilibrio nel bilancio e ulteriore debito.



Tra gli indicatori economici usciti in questi giorni, due sono sopratutto quelli che devono essere confrontati tra loro, per comprendere l’assurdità delle scelte economiche di questo governo. La prima è che l’Agenzia delle Entrate ha registrato nei primi sei mesi del 2012 un aumento delle entrate tributarie pari al 4,3%. Ma siamo nello stesso periodo nel quale il Pil sta sprofondando al -2,5%. Questo vuol dire che l’aumento delle tasse ha finito di erodere i risparmi, ormai si erode la capacità di spesa. La cosa più preoccupante per me è che l’attuale cultura dominante non sembra tenere conto che la realtà è frattale, la finanza lo è sicuramente, e l’attuale economia sempre più finanziaria tende ad avere le stesse proprietà distributive. Cosa c’entra questo? C’entra eccome. Vuol dire che gli eventi estremi si verificano più spesso di quanto ammesso o calcolabile da una distribuzione casuale (gaussiana) e accadono con maggiore rapidità.



In alte parole, un ulteriore peggioramento dell’economia internazionale o un ulteriore aumento delle tasse (o della disoccupazione) può causare una caduta del Pil molto più significativa delle cifre finora riscontrate. In altre parole, se le tasse aumentano di solo un altro punto percentuale, questo può causare una caduta del Pil del 5%. E il fatto peggiore è che questo tipo di avvenimenti non sono prevedibili.

Nel frattempo, un’indagine di Mediobanca ci informa di una cosa che il buon senso ci aveva già detto: fare impresa in Italia non conviene, meglio acquistare titoli di Stato. E questo annuncio avviene proprio nel giorno in cui il ministro Fornero si spende nel dire che gli imprenditori devono fare uno sforzo. E perché dovrebbero? Perché un imprenditore dovrebbe avere un fine diverso da quello del business, da quello del profitto? Perché un imprenditore dovrebbe occuparsi del bene comune? O meglio, ammesso che un imprenditore dovrebbe avere a cuore anche il bene comune, come mai questa richiesta viene da una pubblica istituzione, che dovrebbe essere la prima custode del bene comune?

Qui sembra che chi dovrebbe occuparsi del bene comune richiede ad altri di operare per raggiungere quegli obiettivi che invece sono la propria peculiare competenza. E sembra che in questi termini il cosidetto governo tecnico mostri qui tutta la sua inconsistenza. Di questa inconsistenza, la speculazione internazionale approfitta e ringrazia. A conferma della durissima condizione in cui si trova chi fa impresa, il report mensile della Bce rileva che è in netto aumento il tasso di insolvenza delle imprese italiane. E i finanziamenti alle imprese sono in calo.

Cosa sta accadendo? Potemmo chiamarla “legge del gioco del Monopoli”: l’aumento del Pil di qualcuno, provoca il fallimento di qualcun altro. Anzi, questo è l’unico modo, nell’attuale struttura finanziaria, perché venga in qualche modo generata della moneta priva di debito. Il fallimento infatti certifica per un’azienda l’impossibilità di restituire il denaro che si è speso. Quel denaro, ormai entrato nel circuito economico, non verrà restituito e quindi non ha un debito corrispondente. Tutto il denaro infatti nasce dal sistema bancario e nasce tramite un debito (mutuo o finanziamento). Il vero problema è che, con le attuali condizioni di debito, per creare una sufficiente quantità di moneta priva di debito, occorre una tale quantità di fallimenti da poter essere definita come una catastrofe.

Per risolvere la questione del debito degli stati occorrerà un accordo internazionale, ma prima di tutto occorrerà recuperare la sovranità monetaria. Nel frattempo, prima che la politica prenda atto del proprio fallimento e del fallimento di questo progetto euro e imponga con la forza del diritto il recupero della sovranità monetaria, sarà bene che imprese e famiglie inizino a utilizzare sistemi di Moneta Complementare e Moneta Alternativa, negli opportuni spazi permessi dalle leggi vigenti.