Quella entrante potrebbe essere una settimana decisiva per la permanenza della Grecia nell’euro. E di certo non sta cominciando nel migliore dei modi. Il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha infatti dichiarato che un’uscita di Atene dall’Eurozona “è tecnicamente possibile”, anche se i rischi politici sarebbero “imprevedibili”. Parole più dure sono arrivate invece dalla Germania, con il ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble, che ha dichiarato che “non è pensabile mettere a punto un nuovo programma per la Grecia”. Un no secco quindi alla possibilità che Atene ottenga una dilazione del piano dei tagli imposti dalla troika Bce-Ue-Fmi, come invece si augura il Premier greco, Antonis Samaras. Il quale mercoledì incontrerà proprio Juncker prima di volare venerdì a Berlino per far visita ad Angela Merkel. La Grecia resta comunque cruciale nel destino dell’euro: è stato il primo Paese a richiedere aiuti e a scatenare il contagio verso altri; ora potrebbe essere il primo a uscire dall’euro, dando il via a un effetto domino capace di mettere fine alla moneta unica. Per capire meglio la situazione abbiamo interpellato Nicholas Economides, Professore di Economia alla New York University e consulente per la US Federal Trade Commission.
Professore, viste le dichiarazioni sulla possibilità di nuovi aiuti e tenendo conto che in passato lo stesso Juncker aveva definito “gestibile” un’eventuale uscita della Grecia dall’euro, pensa che Atene possa lasciare la moneta unica?
Non penso che la Grecia lascerà l’euro. Anche se i Paesi dell’Unione europea hanno intrapreso numerose azioni per ridurre l’impatto di una potenziale uscita della Grecia dall’Eurozona, questa uscita avrebbe ancora considerevoli effetti negativi. Accanto al diretto impatto quantificabile, occorre considerare anche gli effetti secondari. Gli effetti secondari del collasso della Lehman sono stati ampiamente sottostimati e hanno fatto sprofondare il mondo in una profonda crisi. Oltre l’impatto finanziario diretto e indiretto, vi sarebbero rilevanti conseguenze politiche, dato che i paesi guida dell’Eurozona apparirebbero come degli stupidi incapaci di gestire con successo i propri affari. L’uscita della Grecia porterebbe ad altre uscite e alla dissoluzione dell’euro come lo conosciamo.
Come giudica il comportamento tenuto dai politici europei di fronte alla crisi della Grecia?
I politici europei, Merkel e Sarkozy inclusi, hanno gestito la crisi in un modo piuttosto dilettantesco. In primo luogo, ne hanno sottostimato l’ampiezza, malgrado le indicazioni in senso contrario di molte relazioni e analisi economiche di esperti dei loro stessi paesi. In secondo luogo, hanno tentato di gestire una crisi che coinvolgeva l’intera Unione europea come se fosse una semplice crisi locale: prima la Grecia, poi Portogallo, Irlanda, Cipro, Spagna. Ogni Paese ha ricevuto un trattamento diverso ed è stato sottoposto a diverse condizioni. In terzo luogo, hanno imposto programmi di “recupero” infattibili, benché consapevoli della loro inattuabilità.
Mi scusi, ma qualche responsabilità l’avrà pure la Grecia stessa…
Si può dare la colpa ai greci quanto si vuole (specialmente al governo Papandreou del 2010, che accettò un infattibile programma senza proporre proprie alternative), ma quando le previsioni per la Grecia di Ue e Fmi parlano di una recessione del 3% e quella reale è sopra il 6%, l’Ue non dovrebbe ritenere responsabili i propri economisti per questo colossale errore? Inoltre, i leader dell’Ue non hanno mai cercato seriamente di proteggere l’euro. I fondi di stabilità Esm/Efsf sono terribilmente inadeguati e dovrebbero essere cinque volte tanto per poter coprire un’eventuale crisi in Spagna e Italia. Infine, i politici dell’Eurozona sono rimasti ripetutamente prigionieri della politica interna dei propri paesi, incapaci così di una più grande visione europea. Sfortunatamente, gli attuali leader nell’Eurozona sono politicamente dei nani.
Cosa pensa invece della Banca centrale europea?
È l’unica istituzione che funziona e sulla quale pesa il compito di assicurare la stabilità dell’Eurozona. Tuttavia, non si dimostra energica nelle sue decisioni, che sono spesso soggette a cambiamenti e senza sufficienti giustificazioni. Per esempio, la Bce ha inizialmente comprato titoli greci e portoghesi sul mercato secondario, poi ha smesso per più di un anno. Ha dichiarato poi che avrebbe ricominciato, con un effetto immediato sui mercati, ma il giorno dopo il suo presidente ha detto che ciò non sarebbe avvenuto subito, perché la cosa sarebbe stata studiata da un comitato, e avrebbe potuto essere attuata in settembre. Ovviamente l’impatto sui mercati è stato altrettanto diretto, ma di segno opposto. Questo andirivieni di dichiarazioni, come minimo, non ispira certamente fiducia. Se si fosse trattato di una grande banca (come Citibank, Barclays, JP Morgan) e il suo presidente avesse fatto dichiarazioni così contraddittorie da un giorno all’altro, sarebbe stato perseguito legalmente dall’Autorità di controllo e da privati.
Quali saranno le conseguenze di tutto questo?
La crisi greca poteva essere risolta nel 2010 con un costo di 200 miliardi di euro; la conduzione sbagliata della crisi porterà il costo a più di un trilione di euro, comprese le perdite derivanti dal rallentamento creato in tutta l’Ue dalla crisi greca e di altri paesi. I leader europei non riescono a capire che vivono in un mondo di mercati finanziari in cui non sono più i monarchi assoluti come una volta. Il loro comportamento dimostra che non sono in sintonia con la realtà. Per esempio, quando non hanno apprezzato il fatto che le agenzie di rating abbassassero le valutazioni su banche e Paesi dell’Ue, invece di tener conto delle indicazioni e cercare di sistemare le loro economie, hanno cercato di creare un’agenzia di rating sotto il loro controllo per ottenere le valutazioni da loro desiderate.
Cosa può succedere, secondo lei, ad altri Paesi come l’Italia?
Spagna e Italia sono molto vicine a ricorrere a un pacchetto di aiuto dell’Ue. Per fortuna, l’Italia sembra avere una guida dell’economia migliore di quella dei paesi che hanno accettato gli aiuti e sembra, quindi, che l’Italia sia in grado di negoziare piani economici fattibili.
Che ruolo giocano gli Usa in questa crisi? Cosa può dire sulla speculazione che viene da fuori Europa?
Gli speculatori vedono la debolezza della leadership dell’Eurozona e la sua incapacità di capire come funzionano i mercati. Con la leadership attuale dell’Eurozona, gli speculatori hanno guadagni facili. Il governo statunitense è molto preoccupato dalla mancanza di leadership in Europa e sa molto bene che, in caso di un collasso europeo, gli Usa dovrebbero assorbirne l’impatto tramite la Federal Reserve. Dietro le quinte, il governo degli Stati Uniti ha fatto forti pressioni su Germania e Francia perché affrontassero decisamente la crisi. Il presidente Obama ha un motivo in più per essere preoccupato per la crisi europea, dato che potrebbe compromettere la sua rielezione. Sfortunatamente per gli Usa, le possibilità americane di intervenire nelle cose europee sono, nella fase attuale, limitate.