Così, a colpo d’occhio, il fatto che Moody’s e Fitch si siano pronunciate esprimendo un giudizio distonico sembra un’anomalia. E, infatti, James Charles Livermore, operatore finanziario conferma a ilSussidiario.net che l’episodio è del tutto inedito. Il parere di Moody’s sulla crisi dei debiti sovrani, da un lato, è stato tutto sommato benevolo. L’agenzia internazionale ha affermato che Italia, Spagna e Portogallo potrebbero uscire dallo stallo recessivo nel 2013. Sempre che si applichino fino in fondo e si portino compimento le misure sin qui adottate. Quello di Fitch, dall’altro, è stato di segno opposto. Il direttore operativo David Riley, intervistato da Bloomberg, ha fatto sapere che, se i Paesi della zona euro non faranno passi in avanti significativi per risolvere la crisi, subiranno l’ennesimo downgrade. «Se già a stento si ricordano pronunciamenti delle principali agenzie non in piena sintonia, di valutazioni di segno opposto non vi è traccia storica», dice Livermore. In qualche modo, anche il rating risente della crisi e il divergere della opinioni espresse è legato al differenziarsi degli interessi in gioco. «Quelli che connotano il mondo di riferimento delle agenzie, sono stati notevolmente diversificati dall’acuirsi della congiuntura economica negativa. E’ probabile, quindi, che Fitch abbia interesse a mantenere alta la tensione su certi Paesi europei onde evitare che la loro crisi contagi quelli più virtuosi; mentre l’atteggiamento di Moody’s riflette un atteggiamento più cauto».
Un’altra anomalia, decisamente più grave, ha contraddistinto le considerazioni sul governo Monti di Fitch. Secondo la quale, la fine di questo esecutivo comporterà per l’Italia rischi enormi, considerando l’attuale elevata credibilità politica di cui gode il premier. Insomma, come dire: “se il prossimo presidente non sarà di nuovo Mario Monti, abbasseremo il rating italiano”. «Questa è più esplicita del passato; ma le ingerenze, da parte delle agenzie di rating, ci sono sempre state. Nel momento, infatti, in cui si esprimono giudizi negativi in concomitanza con le agende europee o con nuove emissioni di debito, si modificano pesantemente le politiche degli Stati sovrani, alterandone gli equilibri».
Ma d’altronde, sarebbe sufficiente dare un’occhiata al recente passato per accorgersi che non c’è da stupirsi più di tanto: «Basti pensare a quanti governi dell’Unione europea hanno vinto le elezioni promettendo in campagna elettorale misure per la crescita ma, a colpi di downgrade, sono stati costretti a promuovere politiche di austerità».