Si avvicina la fine dell’estate e il Governo sembra già pronto a riprendere l’attività con le idee molto chiare. In attesa del Consiglio dei ministri di venerdì, domenica scorsa Mario Monti dal palco del Meeting ha dato già delle indicazioni importanti: affrontare la crisi resta la priorità, con un occhio a quel che succede in Europa, dove le paure sul futuro dell’euro non sono state del tutto esorcizzate. Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, ospite ieri della kermesse riminese, ha evidenziato degli elementi di lavoro importanti per l’agenda del Paese. E per quel che riguarda la crisi spiega a ilsussidiario.net: «È chiaro che ne usciremo. Quando dipenderà molto anche dai comportamenti europei. Da parte nostra stiamo creando tutte le condizioni per poter agganciare la prossima fase di crescita. Non tutto però dipende da noi».
Non ci sono quindi dati o stime su cui poter basare delle previsioni. È possibile comunque essere ottimisti sul futuro?
Contiamo sul fatto che il 2013 non sia più un anno di recessione. E tanto del lavoro fatto va in questa direzione. Anche gli interventi anticiclici che abbiamo messo in campo sull’edilizia e sulle infrastrutture servono a facilitare l’obiettivo di uscire dalla recessione. Non dobbiamo però dimenticare che gli elementi europei sono talmente rilevanti che potrebbero aiutare – come noi speriamo – il raggiungimento di questo traguardo o, viceversa, non favorirlo.
Dunque sarà molto importante il ruolo che potrà avere la Bce, nonostante le critiche che l’Eurotower sta ricevendo, anche in questi ultimi giorni.
In questi ultimi mesi la Bce ha svolto un lavoro formidabile. Prima, all’inizio dell’anno, quando ha assicurato liquidità al sistema bancario europeo, poi più recentemente quando Draghi ha spiegato che la Bce farà tutto il necessario per difendere la stabilità dell’euro, persino utilizzando risorse proprie e non soltanto quelle dei fondi salva-stati Efsf ed Esm. La continua interferenza diparte della politica o della Banca centrale tedesca o di altri paesi non fa altro che generare dei passi indietro e della confusione rispetto a questa linea di coerente impegno nei confronti dell’euro.
Avrà la meglio la posizione della Bce?
Alla fine sono convinto che l’Europa avrà il coraggio di garantire per se stessa e di uscire dall’angolo nel quale è finita. Non dobbiamo però non tener conto di questi comportamenti altalenanti, questi continui stop and go. Si tratta infatti di un aspetto che si fa poi risentire sui tempi di uscita dalla crisi.
Prima ha accennato ad alcune misure prese dal Governo per contrastare la recessione. Ma cosa si può fare per dare uno shock nel breve termine?
Abbiamo già varato due interventi molto forti. Il primo riguarda i “bonus” ristrutturazione e riqualificazione energetica, con cui lo Stato sostiene – se cosi si può dire – il 50% dell’importo complessivo dei lavori per una cifra complessiva che può arrivare fino a quasi 100.000 euro. Si tratta di una misura che può potenzialmente far aprire centinaia di migliaia di piccoli cantiere in Italia.
E il secondo intervento?
Abbiamo già destinato 35 miliardi di euro a determinati progetti infrastrutturali con tanto di scadenze, che si spera possano arrivare fino a 50 miliardi di lavori entro la fine della legislatura. Inoltre, abbiamo anche stanziato fino a 50 milioni l’anno (a partire dal 2013, mentre sono 25 per il 2012) per incentivare l’assunzione a tempo indeterminato di personale altamente qualificato. Credo che 4-5mila “cervelli” l’anno che fanno ricerca e innovazione assunti nelle imprese possano contribuire a cambiare un Paese. È chiaro che non abbiamo tante risorse e che dobbiamo concentrarle dove la leva per creare occupazione è più forte.
Si parla già di un prossimo pacchetto sulla crescita: come sarà? Ci sarà il riordino degli incentivi alle imprese o il cosiddetto “piano Giavazzi” è stato accantonato?
Non è stato accantonato, si tratta di uno dei provvedimenti su cui stiamo ancora lavorando: il rapporto Giavazzi conferma l’opportunità di quanto già realizzato in termini di ridisegno degli incentivi e indica criteri per intervenire da ora in avanti. Per quanto riguarda il prossimo pacchetto di misure per la crescita, che potranno arrivare con uno o più provvedimenti, a settembre ci sarà l’annunciato completamento delle misure per aiutare la nascita di nuove imprese, le start up. Inoltre, non bisogna dimenticare la legge annuale sulle Piccole e medie imprese e il grande progetto dell’agenda digitale che dovrebbe facilitare l’e-government, l’e-commerce e la scomparsa del digital divide. C’è poi un gruppo di lavoro che si sta occupando dell’attrattività degli investimenti esteri. Arriveranno anche interventi di semplificazione, che è un altro dei temi su cui il governo sta lavorando fin dall’inizio.
Il lavoro sulla crescita è quindi tutt’altro che finito.
L’agenda per la crescita che è stata definita nei primi mesi di attività del governo ha un suo svolgimento preciso, che arriverà fino al termine dell’attività dell’esecutivo. Come vediamo, mese dopo mese si sta realizzando, si trasforma in fatti concreti.
In questa fase di crisi, lei ha sottolineato che il nostro Paese paga un ritardo sulla produttività che può essere più grave dello spread. Secondo lei, sono più le imprese o i sindacati a doversi impegnare per affrontare questo nodo?
Le imprese e i sindacati insieme, in uno sforzo molto maturo di relazioni industriali, devono affrontare la parte che compete loro relativa alla produttività. Su produttività del lavoro e costo del lavoro per unità di prodotto, l’Italia negli ultimi 20 anni ha perso 8-10 punti. Avere questo tipo di ritardo, di svantaggio, è un’altra zavorra pesantissima in termini di competitività sui mercati internazionali.
Questo è comunque un tema che, come quello sulla riduzione del debito, richiede un impegno a lungo termine della nazione, che deve mostrarsi coesa, forse come quando è nata l’esperienza del governo di cui fa parte.. .
Effettivamente quando ci siamo trovati con il naso a un centimetro dal muro e con il rischio molto concreto di commissariamento si è ritrovata una coesione nazionale. Il mondo ha ricominciato a dare credibilità al nostro Paese, perché l’ha visto operare unitariamente con un governo molto determinato, un Parlamento che lo ha sostenuto con forza e le Parti sociali che non si sono disunite, senza tenere un comportamento antagonista.
Visto il quadro politico attuale, questa coesione durerà anche dopo la fine della legislatura?
Il mondo effettivamente si chiede se questa combinazione di rigore, riforme strutturali e impegno molto serio durerà. E la politica italiana dovrà dimostrare che è possibile. Secondo me, tutti i grandi schieramenti, addirittura prima delle elezioni, dovrebbero rendere chiaro che chiunque vinca non verrà meno agli impegni che l’Italia ha preso nei confronti dell’Europa: impegni che riguardano la gestione dei conti pubblici e l’agenda per la crescita.
(Lorenzo Torrisi)