Sembra che in queste giornate di estate torrida affiorino anche speranze su una uscita dalla crisi economica, dalla grande recessione seguita dalla doppia crisi del 2008 e del 2012, la prima strettamente finanziaria, la seconda legata ai debiti sovrani. Sia il presidente del Consiglio, Mario Monti, sia il ministro allo Sviluppo economico, Corrado Passera, e lo stesso ministro del Lavoro, Elsa Fornero, lanciano segnali di speranza, che si traducono poi in una frase metaforica: si comincia a vedere l’uscita dal tunnel, oppure siamo a una svolta dalla crisi. In questo momento il clima (non quelle meteorologico) sui mercati è migliore. A parte la “sparata” della Bundesbank contro la Bce, le Borse si aspettano un nuovo intervento di Mario Draghi e naturalmente si preparano, si mettono quasi in posizione e il trend è ritornato, nel giro di 24 ore, positivo. Ma se possiamo forzare questa immagine, si può dire che “è tutto oro quello che luccica”? Siamo veramente a una svolta e intravediamo veramente una luce all’interno di questo lungo tunnel in cui stiamo avanzando con molta fatica? Claudio Borghi Aquilini, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano, commenta queste dichiarazioni: «Credo che in fondo facciano bene a dire queste cose. Così come pensavo che facesse bene a dirlo, a suo tempo, anche Silvio Berlusconi. E’ un messaggio psicologico in un momento estremamente delicato, dove ben pochi si avventurano in investimenti o in qualsiasi tipo di operazione commerciale. Se si presentassero dicendo che è tutto un disastro non farebbero che aggravare ancora di più la situazione in cui stiamo vivendo, dove prima di fare un investimento, acquistare una casa, oppure semplicemente un bene durevole è ormai un’impresa contrassegnata e legata da una grande incertezza. Un messaggio negativo sarebbe ancora più deprimente per il periodo in cui stiamo vivendo».



Ma a suo parere quale è la realtà?

La realtà è molto differente da quella che si può inquadrare come una condizione di uscita dal tunnel. La realtà è sempre pesante, grave, per il tipo di costruzione finanziaria ed economica che è stata creata con l’introduzione dell’euro. Alla fine, questo tipo di costruzione non può reggere, a mio parere, perché esistono due problemi strutturali che si dovrebbero affrontare al più presto.



Quali, professore?

Il primo è che esiste una grande differenza di competitività tra le varie zone dell’Europa. La moneta unica non ha fatto altro che esacerbare questa differenza. E questo crea degli squilibri forti nelle bilance commerciali. Al proposito, io faccio sempre l’esempio del peso massimo che nel pugilato sfida il peso leggero. Il combattimento non può nemmeno incominciare perché ci sono diverse categorie di differenza. Il secondo punto riguarda la condizionabilità rispetto a certe aree dell’eurozona. Ma perché oggi qualche investitore dovrebbe scommettere o investire in un Paese come la Spagna? Un Paese che dovrà presto fare i conti con gli aiuti che le devono arrivare e che richiede per le sue banche? Una simile situazione non produce altro che uno scoraggiamento, un rifiuto a investire in quelle zone.



Tuttavia il governo tenta di correggere il possibile. Si sta parlando in questi giorni del piano di Francesco Giavazzi per le imprese.

Stanno percorrendo tutti corridoi possibili, ma sono tutti interventi che possono avere un impatto di breve tempo. Sono i nodi strutturali quelli che contano. Se le forze politiche, in questo momento, facessero almeno un patto fiscale, concentrato su un punto: che le tasse non aumenteranno più e saranno solo quelle che si pagano adesso, magari si farebbe già un piccolo passo avanti.

Lei pensa che ci troveremo di fronte a una nuova tassazione?

Ma noi dobbiamo affrontare le scadenze del fiscal compact, avremo presto altre necessità. Qui si continua a tamponare con tagli alla spesa o nuova tassazione, si continua a rinviare il problema di fondo. Intanto vedo che le forze politiche stanno parlando di una nuova legge elettorale. Che dire? Io comprendo anche la problematicità degli investitori di fronte alla situazione politica italiana, al futuro della politica italiana e della situazione generale del Paese. Diventa effettivamente problematico andare a investire in un Paese dove all’orizzonte politico può comparire un personaggio come Beppe Grillo, un’autentica incognita, ma anche uno come Pierluigi Bersani che promette la “patrimoniale”. In un simile contesto, così ricco di incognite e di incertezza, una persona che ha qualche disponibilità credo che pensi di “comprarsi” un conto corrente a Chiasso, in Svizzera.

 

Eppure le Borse in questo periodo stanno andando bene, piazza Affari ha recuperato le perdite di quest’anno.

 

Sanno che la Bce, con Mario Draghi sta per intervenire nuovamente. Attendono questo intervento e si preparano. Ma anche questo è un intervento di breve periodo, di breve respito.

 

A suo parere è la complessa e problematica costruzione dell’euro che non può reggere?

 

Questo è un sistema che alla fine non può reggere, questo è il vero problema da affrontare con i dovuti accorgimenti.

 

(Gianluigi Da Rold)

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