In un lungo e approfondito articolo pubblicato ieri da Il Sole 24 Ore, Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio hanno ripreso la loro idea, già avanzata nel 2011, di un diverso tipo di Eurobond. In sostanza, nella nuova versione aggiornata che si chiama EuroUnionBond, Quadrio Curzio e Prodi vogliono superare il concetto di fondi pensati unicamente per «essere usati solo per azioni di salvataggio, mentre vanno trasformati in fondi di stabilità e crescita». In una conversazione con ilsussidiario.net, Quadrio Curzio ha approfondito alcuni aspetti della proposta. «Il conferimento di un asset, come si dice oggi, o di beni reali è una garanzia ben diversa da una garanzia nominale». «Inoltre, se il fondo salva-stati dovesse chiedere a tutti i Paesi partecipanti di versare la propria quota, come farebbe l’Italia a versare qualcosa come 140 miliardi?». In questo senso «la nostra è un’azione di costruzione dell’Eurozona, non di garanzia che un singolo Stato in disparità rispetto ad altri deve dare». Qualcosa insomma che finalmente potrebbe far cambiare idea anche alla Germania, da sempre ostile agli Eurobond.



In base alla vostra proposta, i paesi dovrebbero conferire beni reali a un fondo finanziario. Quali beni dovrebbe fornire l’Italia

Come detto, la nostra idea significa conferire, non vendere, beni a un fondo di cui l’Italia sarebbe azionista. Le riserve auree sarebbero uno di questi beni, un altro esempio sono le azioni di reti infrastrutturali che già sono società per azioni, ma si potrebbe anche conferire azioni di reti infrastrutturali da costituire in forma di società per azioni. Ad esempio, le grandi reti disperse nel Paese sotto l’egida di varie pubbliche amministrazioni: le si unifica dal punto di vista societario e si conferisce l’azionariato. Poi si possono anche fare fondi immobiliari e conferire le azioni.



Nel vostro articolo citate le preoccupazioni della Finlandia sulla possibile messa in vendita del patrimonio immobiliare italiano.

La Finlandia, così come hanno riportato i giornali a proposito della conversazione avuta dal loro premier con Monti, ha detto che era meglio usare i beni come garanzia di emissioni obbligazionarie e venderli. Naturalmente loro non hanno la nostra idea perché hanno chiesto – e credo anche ottenuto – alla Grecia delle garanzie reali supplementari rispetto agli altri Paesi europei.

Invece la vostra idea

Non so cosa la Finlandia intenda esattamente, però abbiamo chiarito che per noi è una azione di costruzione dell’Eurozona, non di garanzia che un singolo Stato in disparità rispetto ad altri deve dare. La mia impressione, ma parlo a titolo personale, è che la Finlandia stia in qualche modo chiedendo per sé delle garanzie supplementari per fare dei prestiti. Il che è radicalmente diverso dalla nostra idea.



Sembrerebbe un po’ la paura dei Paesi nordici nei confronti dei Paesi cosiddetti “Piigs”…

Esattamente.

La Germania ha sempre espresso posizioni contrarie agli Eurobond. Pensa che con la vostra proposta potrebbe cambiare idea?

 

La mia speranza, come quella di Prodi, è che sia così. Il conferimento di un asset, come si dice oggi, o di beni reali è una garanzia ben diversa da una garanzia nominale che potrebbe anche non essere rispettata. Anche perché se il fondo Salva-Stati dovesse chiedere – cosa che è possibile, anche se non è da eseguirsi – a tutti i Paesi partecipanti di versare la propria quota, come facciamo noi a versare qualcosa come 140 miliardi? Un conto è conferire dei beni anche perché, faccio un esempio, ci sono beni patrimoniali italiani che non sono gestiti molto bene. Se fossero invece dentro a un pacchetto che va in un fondo europeo, la gestione diventerebbe unificata e probabilmente migliorerebbe. Anche perché sarebbe sottratta a forme non sempre apprezzabili di gestione. 

 

Nel caso di emissione di EuroUnionBond, la Bce avrebbe qualche ruolo?

 

Questo argomento nell’articolo non lo abbiamo trattato. È un argomento molto pertinente, si potrebbe riflettere sul tema, ma non voglio spingermi troppo in avanti. Il fatto se questo fondo possa temporaneamente accedere ai finanziamenti della Bce, così come vi accedono entità che non sono banche ma che hanno accesso ai finanziamenti della Bce, è una domanda molto appropriata, che però richiede un ragionamento molto lungo e particolare; preferirei lasciarla da parte in questo momento.

 

Cosa pensa della situazione attuale, la Bce sta agendo bene? 

 

Io credo che Draghi abbia agito in modo eccezionale. Ha rispettato, a mio avviso, la sostanza dei trattati e dello statuto della Bce andando a produrre delle operatività che non erano state esplorate e forse neanche concepite. Quando ha fatto intendere che quando si parla di stabilità di eurozona uno dei compiti della Bce non è solo la difesa dell’eurozona dall’inflazione, ma anche di evitare che l’euro vada a finire ai pesci, ha detto cose giustissime. Draghi ha operato molto bene, sono un estimatore di quello che ha fatto.

 

La Bce è troppo ostacolata dalla Bundesbank?

La Bundesbank sembra ancorata a un modello pre-Eurozona di funzionamento del sistema monetario, a modelli del passato. Modelli che avevano anche delle personalità straordinarie, penso ad Hans Tietmeyer. Non sono invece certo che le personalità che la governano oggi abbiano quella statura. Tietmeyer è uno dei massimi personaggi storici in campo economico europeo.

 

In conclusione, l’emissione di EuroUnionBond sarebbe compatibile con lo scudo anti-spread? In caso negativo, sarebbe un intervento migliore? Perché?

 

Sempre a titolo personale, dico che sarebbe certamente compatibile e probabilmente sarebbe anche di utilità. Laddove si sottraesse dal mercato una quota di debiti pubblici nazionali il mercato potrebbe essere smussato nelle sue oscillazioni patologiche con molto meno di quanto possa essere necessario oggi. Sempre a titolo personale aggiungo che già oggi l’Efsf potrebbe benissimo intervenire ma non lo fa, perché c’è questo equivoco: che chi vuole lo scudo anti-spread debba fare una richiesta formale e firmare un memorandum. Cosa che, secondo me, dopo il vertice di fine giugno non è necessario fare.