La cancelliera tedesca Angela Merkel vuole un nuovo Trattato per l’Unione europea. A sostenerlo è il settimanale Spiegel, in uscita lunedì, secondo cui “il governo federale ha intenzione di far avanzare l’integrazione europea”. Viene inoltre rivelato che la Merkel vorrebbe al più presto “un incontro tra i capi di stato e di governo dell’Ue per porre nuove basi giuridiche” e che la data potrebbe essere fissata nel vertice del Consiglio europeo che si terrà a metà dicembre. Impresa non certo semplice per la cancelliera che, secondo quanto riporta ancora il settimanale tedesco, avrebbe già incassato il no di molti Paesi membri della Ue. IlSussidiario.net commenta la notizia con Bruno Nascimbene, avvocato e docente di Diritto dell’Unione europea nell’Università degli Studi di Milano. 



Professore, secondo lei si nasconde qualcosa dietro la volontà della Merkel? 

La mia impressione è che dietro la volontà della Merkel di arrivare a un nuovo Trattato vi siano diverse preoccupazioni: innanzitutto legate alla politica interna, ma anche all’esito del giudizio pendente davanti alla Corte costituzionale che si pronuncerà il prossimo 12 settembre. Proprio per tentare di anticipare l’esito di questo giudizio, con cui molto probabilmente la Corte metterà dei paletti sulla ratifica tedesca del fondo salva-stati Esm, la Merkel sta tentando di proporre ai Paesi membri dell’Unione europea di riformulare il Trattato, includendo modifiche che riguardano in particolar modo il rispetto dei criteri di bilancio.



Come giudica questa ipotesi?

Ottenere un nuovo Trattato è un’operazione estremamente complessa che richiede l’unanimità dei consensi, quindi credo che difficilmente si potrà arrivare a tali richieste di carattere puramente istituzionale. La Merkel non propone di riformulare l’intero Trattato, ma solo quelle parti che riguardano l’economia e il bilancio dei singoli Stati. Anche l’idea di affidare a una sorta di “tribunale economico europeo” la verifica dei bilanci degli Stati membri non mi convince molto.

Come mai? 

Soprattutto perché stiamo parlando di norme già esistenti. Competenze di carattere giurisdizionale riguardo la verifica e il controllo dei conti dei Paesi membri già sono presenti ed è proprio per questo motivo che, come dicevo, l’idea della Merkel assume un sapore più politico che giuridicamente fondato. E credo che proprio per questo anche gli altri Paesi non accetteranno.



Crede che anche in questo caso si stiano sacrificando o comunque mettendo da parte le radici culturali europee?

Certo, le critiche che sono state mosse in passato oggi ritornano più vive che mai. Quello di cui stiamo discutendo è l’ennesima conferma che ogni aspetto culturale, ideologico e storico passa rapidamente in secondo piano, a discapito di temi puramente economici. Le preoccupazioni riguardo l’attuale situazione economica europea sono senza dubbio condivisibili, ma resta il fatto che alla base della volontà della Merkel non c’è un piano per far ripartire l’Europa.

Quale dovrebbe essere invece l’obiettivo primario?

Senza dubbio il processo di integrazione degli Stati membri, prima economica e successivamente da estendere anche a quella politica. Il problema è che la seconda è rimasta assolutamente limitata e, nei momenti di difficoltà, appare ancora una volta evidente l’esigenza di una integrazione economica in cui vi siano soluzioni condivise tra i Paesi dell’Unione.

Cosa cambierebbe dell’attuale situazione?

Sicuramente il netto squilibrio esistente tra i vari Paesi. Si fa molto poco affinché possa esistere una effettiva solidarietà tra gli Stati membri, quindi se in futuro il trend non cambierà, questa differenziazione non potrà far altro che acuirsi. L’integrazione è l’aspirazione fondamentale dell’Unione europea, prima economica e poi politica. Se però manca la prima, anche la seconda non si realizzerà mai.

 

(Claudio Perlini)