La situazione è vicina a una svolta. Tentiamo di individuare e probabilizzare il caso migliore: (a) alla fine di settembre la Bce ottiene gli strumenti per realizzare le operazioni di garanzia degli eurodebiti nonché attiva altre misure di immissione di liquidità nell’eurosistema; (b) grazie a questo intervento che riduce il contagio della crisi spagnola e greca sull’Italia, il costo di rifinanziamento del debito italiano scende e torna sostenibile inducendo il mercato a scommettere su una stabilizzazione futura; (c) gli investitori tornano sul mercato italiano perché la crisi di fiducia precedente ne aveva depresso i valori e ora questi hanno uno spazio maggiore di rimbalzo in comparazione con altre nazioni. Tale movimento rimetterà in moto, verso fine anno, una parte dell’economia ora congelata, pur l’altra parte restando endemicamente depressa per l’eccesso di pressione fiscale.
In questo scenario la caduta del Pil italiano nel 2012 dovrebbe fermarsi tra il -2% e il -2,3%. La crescita difficilmente tornerebbe, ma sarebbe possibile, almeno, interrompere la tendenza recessiva. Questo caso migliore entro fine anno ha una probabilità del 70%, anche perché Angela Merkel non vuole essere imputata di eurocrisi a ridosso delle elezioni politiche in Germania, nel settembre 2013. Ma quella contraria non è irrilevante.
A metà settembre la Corte costituzionale tedesca potrebbe non dare la piena approvazione alla compatibilità tra norme nazionali e fondo salva-stati, togliendo o indebolendo lo strumento con il quale la Bce può operare salvataggi nell’ambito del rispetto dei trattati che le impediscono acquisti diretti di debiti delle euronazioni. Oppure l’opposizione crescente dell’elettorato tedesco agli eurosalvataggi li potrebbe rendere meno efficaci o costringerebbe Roma ad accettare condizioni di rigore talmente eccessivo – non per necessità tecnica, ma per rassicurare i tedeschi – da indurre il mercato a scontare un destino greco per l’Italia.
Tale ipotesi ha probabilità minore, ma la realtà mostra che siamo appesi a Berlino. Monti non può fare altro che compiacere i tedeschi per attutirne i diktat in quanto la dipendenza dai loro umori non è modificabile nei prossimi mesi.
Ma poi non potremo continuare così: l’eurogabbia imposta dalla dominanza del criterio tedesco – idealismo monetario invece che pragmatismo; meglio la disoccupazione piuttosto che un po’ di inflazione – impedirà all’economia italiana di crescere. Risolta l’emergenza, infatti, la nazione dovrà valutare seriamente questo problema. E risolverlo.