Ieri 28 agosto, il Presidente francese François Hollande è stato a Berlino per incontrare il Cancelliere Angela Merkel e tentare di rilanciare un asse franco- tedesco al fine di cercare di risolvere i problemi dell’eurozona. Oggi Mario Monti è a Berlino in visita ufficiale a Angela Merkel con la speranza di riuscire ad avere voce in capitolo nel costituendo (o già costituito) “direttorio”: è un’ipotesi abbastanza remota specialmente dopo la “lezione” su come gestire il debito pubblico e ridurne il peso impartita ieri a Roma, su suggerimento tedesco, all’alta dirigenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze dal sottosegretario alle finanze e dal segretario del Consiglio dei Ministri della Repubblica finlandese. Il 30 ed il 31 agosto, il Cancelliere della Repubblica Federale sarà a Pechino: secondo le voci che si colgono a Wilehlmstrasse (sede del Ministero delle Finanze tedesco), Angela Merkel avrebbe un asso nella manica, ossia che la Cina utilizzi parte dell’eccedenza della propria bilancia dei pagamenti per venire in aiuto dell’eurozona, acquistando, alla grande, obbligazioni di Italia e Spagna e così ponendo fine, almeno temporaneamente, alle polemiche sull’eventuale ruolo della Banca centrale europea (Bce) in un sempre meno vicino scudo anti-spread.



Queste poche notazioni suggeriscono il clima in cui si apre quello che dovrebbe essere il mese cruciale per il futuro dell’eurozona, se non per l’esistenza stessa dell’unione monetarie così come allestita nei Trattati di Maastricht (e nei successivi protocolli). Ci sono scadenze immediate: il 6 settembre si riunisce il Consiglio della Bce; il 12 settembre verranno comunicati i primi risultati dell’istruttoria della Corte Costituzionale tedesca in materia di compatibilità del Fondo SalvaStati (e misure analoghe) con la Carta Fondamentale della Repubblica Federale nonché (molti lo dimenticano) elezioni nei Paesi Bassi, dove i sondaggi danno in rapida crescita la sinistra anti-europeista; il 14-15 settembre si riuniscono i Ministri economici e finanziari dell’Ue e dell’Eurogruppo per fare il punto sugli esiti degli appuntamenti precedenti e per tentare di preparare una posizione ‘europea’ comune per l’Assemblea del Fondo monetario e della Banca mondiale in calendario a Tokio all’inizio d’ottobre (dove si parlerà , tra l’altro, di quante ‘poltrone’ spettano all’Ue negli organi di governo e di gestione delle due maggiori istituzioni finanziarie internazionali; un forte ‘taglio’ è dato probabile).



Questi ed altri appuntamenti si svolgono in un’atmosfera da ‘caccia al ladro’ in cui tutti accusano tutti di essere all’origine della crisi (forse irreversibile dell’eurozona). Molti puntano il dito ai PIIGS, acronimo piuttosto insultante costruito con le iniziali di Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna, ritenuti colpevoli di non tenere sotto controllo debito e finanza pubblica e di non avere effettuato le riforme essenziali per aumentare la loro ‘efficienza adattiva’, ossia la capacità di adattarsi al nuovo contesto internazionale. Tutti guardano malissimo alla Grecia, accusata di avere truccato, più volte, i conti e di non stare ai patti: l’Eurostat lo aveva detto già nel 2004 ma l’allora Presidente della Commissione Europea Romano Prodi (secondo una sentenza della Corte di Giustizia Europea) allontanò il Direttore Generale dell’Eurostat e spalancò la porta ad Atene.



Tra i PIIGS si afferma che i primi a travalicare i trattati di Maastricht sono stati i francesi (a guida socialista) ed i tedeschi (a guida socialdemocratica): da Parigi non si risponde, ma da Berlino si replica che c’è stato uno sforamento temporaneo per permettere le riforme che hanno concesso alla Germania di fare da locomotiva al resto d’Europa. I nordici attenuano le responsabilità dei PIIGS e della stessa Grecia: sono state le banche di Francia e Germania a fare vero e proprio sciacallaggio prestando a Governi inaffidabili allo scopo di poter fruire di alti tassi d’interesse e nella speranza di un salvagente europeo.

In questi giorni in cui sono stati mobilitati i giuristi per esaminare se e come la Bce può acquistare, in base ai suoi attuali Statuti, titoli dai PIIGS per frenare lo spread (domanda a cui è imperativo rispondere chiaramente il 6 settembre), non si dovrebbe entrare in questioni legali di lana caprina. Occorre domandarsi – come fa in un lavoro recente Giancarlo Corsetti, ora all’Università di Cambridge nel Regno Unito – se un rapporto può continuare se nessuno si fida più dell’altro. L’eurozona pare un letto a 17 piazze dove giacciono tanti frigidi che, non avendo più rapporti di fiducia reciproci, si accusano a vicenda delle peggiori azioni ed inazioni e si fanno i dispetti. Una “Caccia al Ladro”, priva di Grace Kelly, di Gary Grant e della regia di Alfred Hitchcock, ma tale da assomigliare ad un film dell’orrore di Dario Argento.

Piuttosto che correre di qua e di là in una frenetica ‘caccia al ladro’ e ricerca di ‘soluzione omnicomprensiva’ i leader europei dovrebbero tentare di ricostruire il rapporto di fiducia reciproca essenziale per lavorare insieme.

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