Italia e Spagna, tutto ok? E l’attacco agostano della speculazione? Evitato. O almeno così sembrerebbe, vedendo i risultati delle aste degli ultimi giorni. Martedì il Tesoro italiano ha collocato sul mercato Ctz con scadenza maggio 2014 per complessivi 3 miliardi di euro, massimo ammontare prefissato, con rendimenti scesi al 3,064% dal 4,86% del mese scorso e domanda pari a 1,95 volte l’importo offerto. Via XX Settembre ha anche venduto tutti i 750 milioni di euro di Btp indicizzati all’inflazione con scadenza 2016 e 2019: sulla scadenza 2016 il tasso è sceso al 3,69%, in calo dell’1,51% rispetto all’asta precedente, mentre sulla scadenza 2019 il rendimento si è attestato al 4,39%. Complessivamente il Tesoro ha collocato titoli per 3,75 miliardi, tutto l’ammontare previsto.
Ieri, poi, altro ottimo risultato, sempre sulla curva breve della scadenza. Il Tesoro ha infatti venduto sul mercato tutti i 9 miliardi di Bot semestrali programmati. Il tasso medio del collocamento è sceso all’1,585% da 2,454% di un mese fa, raggiungendo i minimi da marzo: la domanda degli investitori per i Bot semestrali, che hanno scadenza 28 febbraio 2013, ha raggiunto i 15,24 miliardi di euro, con un rapporto di copertura pari a 1,69 contro 1,61 del mese scorso.
Buon successo sul mercato anche per il Tesoro spagnolo, che è riuscito a collocare 3,607 miliardi di titoli a breve termine: rispetto alla precedente emissione di titoli di scadenza paragonabile, i tassi sono scesi in maniera vistosa, sia sui Bonos a 3 mesi (0,946% contro il precedente 2,434%), sia sui 6 mesi (2,026% contro il 3,691%). Insomma, grazie alle parole di Jorg Asmussen, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, il quale lunedì sera ha ricordato che nel suo nuovo programma – all’esame dell’Eurotower il prossimo 6 settembre – l’istituto di Francoforte si concentrerà sull’acquisto di titoli a breve scadenza.
Insomma, tutto bene. Direi proprio di no, cari lettori, visto che sempre martedì, giorno di emissioni, gli spread sui decennali italiani e spagnoli sono tornati a impennarsi e ieri sono rimasti pressoché stabili sui livelli d’apertura. Come mai? Se l’Italia paga ancora l’effetto traino-contagio spagnolo, sono le cifre sul versante statistico pubblicate dall’Istituto nazionale di Madrid a mandare in soffitta l’euforia. La Spagna, infatti, ha frenato più del previsto nel secondo trimestre, con un calo del Pil dello 0,4% a fronte dello 0,3% registrato nei primi tre mesi dell’anno. Rivista al ribasso, inoltre, la crescita del Pil nel 2011, collocata in via definitiva allo 0,4% rispetto allo 0,7% stimato in precedenza. Anno su anno, poi, la contrazione è del -1,3%, peggio del -1% delle stime.
Non so voi, poi ma io a queste cifre credo poco. A fronte di una produzione industriale a -10% anno su anno, sofferenze bancarie per 913 miliardi, perdite bancarie di 218-260 miliardi e un tasso di disoccupazione al 20%, come si può credere a un -0,4%? Ma non basta. L’orgogliosissima e un po’ spocchiosa regione spagnola della Catalogna ha infatti annunciato che chiederà allo Stato centrale di Madrid aiuti finanziari per 5,023 miliardi di euro, cui vanno ad aggiungersi i fondi chiesti da Murcia e Valencia, per un totale di 8,8 miliardi di euro: «Il governo – ha detto il portavoce dell’esecutivo della Catalogna, Francesc Homs, in una conferenza stampa – ha deciso di chiedere di partecipare al fondo di liquidità istituito da Madrid per aiutare le regioni».
Ma non basta, perché all’arroganza non c’è mai fine: «Chiedere un salvataggio all’Europa e ricorrere allo Stato spagnolo sono due cose diverse. I soldi che chiediamo sono quelli che versano a Madrid i catalani e che amministra il governo spagnolo. Riguardo poi all’Europa, non si tratta di soldi degli spagnoli ma di altri Paesi», ha concluso sempre il portavoce, ribadendo che la Catalogna non accetterà da Madrid alcuna condizione politica per il prestito. Bene, da italiano e da contributore europeo voglio che il mio governo dica no ai soldi europei per la Catalogna, visto che emettere 9 miliardi di debito denominato quasi integralmente sotto legislazione britannica è come gettare carne sanguinante nel mare della speculazione: Barcellona l’ha fatto, credendo di essere più furba degli altri e ora deve pagare la negative pledge a chi ha comprato quel debito, ovvero gli hedge funds. Spiacente, vendano Messi o impegnino la Sagrada Familia come collaterale alla Bce, non voglio pagare io la loro grandeur da autonomisti a corrente alternata e con il vizietto della finanza creativa.
Detto fatto, ovviamente, il premier spagnolo Rajoy ha invece confermato l’impegno di Madrid a evitare l’insolvenza a Barcellona, negando al tempo stesso che ci siano negoziati per chiedere un salvataggio del Paese. Durante la conferenza stampa con Herman Van Rompuy, Rajoy ha confermato che «faremo il necessario nell’interesse degli spagnoli». Peccato che nel corso dello stesso appuntamento, proprio Van Rompuy abbia confermato che «per la Spagna siamo pronti ad intervenire sulla base di un breve preavviso». Come dire, la situazione può precipitare da un momento all’altro e lo sappiamo chiaramente. Ecco spiegato come mai il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, abbia annullato il viaggio a Jackson Hole, per l’annuale simposio della Federal Reserve in programma questo fine settimana, per i troppi impegni di lavoro che lo attendono in Europa nei prossimi giorni. Insomma, qualcosa potrebbe andare storto già questo fine settimana o comunque entro la riunione della Bce del 6 settembre. E a confermarlo ci ha pensato il dato riguardo la fuga di capitali dalle banche spagnole, che nel mese di luglio ha toccato la percentuale monstre -5%, con il totale a quota 1,509 triliardi dai 1583 del mese di giugno.
Insomma, aziende e cittadini spagnoli fanno la coda per prelevare i loro soldi e spederli all’estero, molto facilmente in Germania, Olanda e Svizzera. E questo dato, paradossalmente, allontana l’ipotesi di un salvataggio in piena regola: fino a quando la Bce permetterà che, attraverso il suo schema Ponzi, le banche spagnole comprino bonds iberici, salvo poi utilizzarli per operazioni repo presso la Bce stessa, nessun politico sano di mente consegnerebbe il proprio Paese alla vigilanza della troika di turno.
Con il giochino tra banche e Banca centrale, infatti, i rendimenti restano più o meno stabili al 6%: peccato che già oggi le banche spagnole, tutte, siano clinicamente morte e restino artificialmente in vita solo con i soldi della Bce.
Insomma, o si arriva al salvataggio completo oppure, se si decide che l’Eurotower comprerà bonds a breve scadenza sul mercato secondario, il bilancio dell’Eurotower diverrà tale da giustificare chi in Germania definisce la Bce sotto guida Draghi una bad bank. Inoltre, nessuno conosce i veri numeri dell’esposizione degli istituti iberici: comparando gli stati patrimoniali dichiarati ai prezzi del mercato immobiliare spagnolo (esposizione di oltre 400 miliardi di euro), appare chiaro che le banche stiano sopravvalutando le loro detenzioni di almeno il 40%. Inoltre, un anno fa la Banca centrale di Spagna stava prendendo a prestito circa 72 miliardi di dollari dalla Bce, mentre gli ultimi numeri disponibili e resi noti a luglio ci dicono che sia a livello di finanziamento diretto dalla Bce che attraverso il programma Target2, Madrid sta prendendo a prestito qualcosa come 530,8 miliardi di dollari, un aumento dell’86,5%!
Essendo la Bundesbank il principale finanziatore di Target2, ora la Germania rischia di correre un duplice rischio: legato al 22% di “proprietà” della Bce attraverso la Bundesbank ma anche di un default spagnolo sul finanziamento a Target2, sempre garantito da Bundesbank. I numeri spagnoli, infatti, sono da mani nei capelli. Il debito sovrano ammonta a 763 miliardi di dollari, il debito verso Bce/Target2 a 530,8 miliardi di dollari, il debito regionale a 175,7 miliardi, il fondo di garanzia bancaria (FROB) a 153 miliardi, per un totale di debito diretto di 1,622 triliardi a fronte di un Pil spagnolo (fidandosi dei dati che fornisce Madrid) di 1,331 triliardi (uso i dollari, pur trattandosi ovviamente di ammontare in euro, perché lo studio). Insomma, una ratio debito/Pil del 121,90% nella migliore delle ipotesi, ovvero credendo alle cifre ufficiali del governo iberico. Voi ci credete?