“Il grande patto per la produttività proposto da Corrado Passera è vecchio, anacronistico, neo-corporativo e contrario allo sviluppo dell’occupazione”. L’economista Francesco Forte commenta così l’intervista al ministro per lo Sviluppo economico pubblicata ieri su La Stampa. Per Passera sul fronte della produttività “in 10-15 anni, abbiamo perso almeno 10 punti rispetto alla media europea, ancora di più rispetto alla Germania e alla Francia”. E ha aggiunto l’ex ad di Banca Intesa: “Fare della produttività un punto di forza del nostro Paese necessita un forte patto e un impegno condiviso da imprese e sindacato”.
Forte, che cosa non la convince della proposta del ministro Passera?
La sua prospettiva di recente è stata ribaltata dai contratti proposti per Fiat Auto da Sergio Marchionne e dal presidente John Elkann. Cisl, Uil e Ugl hanno accettato questa impostazione, mentre la Cgil si è opposta e i magistrati del lavoro le stanno dando ragione. L’articolo 8 della “Manovra del Lavoro” dell’ex ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, aveva come obiettivo quello di superare il problema dei contratti nazionali, consentendo una deroga piena attraverso quelli aziendali. Su iniziativa di Confindustria questa norma è stata però sterilizzata.
Ora potrebbe essere ripresentata?
Ciò che Passera non dice, ma fa intendere chiaramente, è che intende fare marcia indietro riportando l’impostazione al livello di vertice. Lo sviluppo della produttività su queste basi non può essere attuato, in quanto l’obiettivo del ministro è impedire la contrattazione aziendale, cioè l’idea su cui è nato originariamente il sindacato cattolico. Per Cisl e Uil è l’azienda la vera comunità, da cui deve partire la contrattazione senza vincoli e consentendo la liberalizzazione del mercato del lavoro.
E’ vero che, come dice Passera, negli ultimi anni in Italia è diminuita la produttività?
Sì, ma nel contempo è aumentata l’occupazione dei giovani, dei part-time e dei lavoratori marginali. L’effetto è stato quello di ridurre la produttività media, facendo crescere quella marginale. Il fatto di aumentare la flessibilità ha consentito di utilizzare di più gli impianti, le attrezzature, i servizi e fare crescere l’occupazione. Quello di Passera è dunque un passo indietro rispetto all’impostazione di Marco Biagi e di Tiziano Treu, basata sulla contrattazione aziendale e sul lavoro flessibile.
Passera però non si è espresso contro i contratti aziendali, si è limitato a non citarli …
Non li cita appunto perché il “grande patto” del ministro ha una dimensione esclusivamente nazionale. Quando si ricorre alla contrattazione aziendale non c’è invece bisogno di patti su iniziativa del governo. Non condivido inoltre il fatto che il decreto Fornero penalizzi il lavoro delle partite Iva, cioè dei cosiddetti “precari”, i quali per natura hanno una bassa produttività.
In che senso?
La badante che cura la 70enne per 700 euro al mese fa abbassare la produttività media nazionale, e nella concezione neo-corporativa dei nostri ministri questo non va bene. Secondo una concezione opposta, ciò che conta non è la produttività media, ma rendere felici sia la vecchietta sia una persona che cerca lavoro. Ci sono milioni di italiani che lavorano per 700 euro al mese, anziché per 1800. La loro occupazione ha una bassa produttività perché, pur rendendo migliore la vita di quanti beneficiano dei loro servizi, non produce una grande quantità di reddito.
Quindi lei vuole dire che le figure professionali del lavoro autonomo sono un beneficio per la società anche se riducono la produttività?
Esattamente. A Passera bisognerebbe fare un corso accelerato di statistica, se non proprio di matematica elementare, spiegandogli la differenza tra la produttività media e quella marginale, e una lezione sull’economia dal volto umano.
In che modo è possibile rilanciare la crescita?
C’è poco da tergiversare, per rilanciare la crescita occorrono i contratti aziendali di Marchionne. La Germania è già riuscita a introdurli, spezzando il potere del sindacato nazionale e consentendo il contratto locale. Sono i contenuti della proposta di Sacconi, che va ripresa per evitare che imprese come Fiat e Alcoa abbandonino l’Italia. Occorre introdurre un contratto locale basato sull’utilizzo del personale nelle modalità giuste a livello dell’azienda, con clausole differenziate a seconda del rendimento della produttività. Se in un’azienda del Meridione la produttività è più bassa, conviene garantirne la sopravvivenza consentendole di introdurre dei salari inferiori.
Le ore della settimana lavorativa andrebbe aumentate?
La produttività oraria non va confusa con quella totale. Se aumentiamo il numero delle ore di lavoro, noi possiamo avere una produttività media del sistema maggiore con una produttività media unitaria minore. Scende cioè la produzione unitaria per ore lavorate, ma aumenta la produttività media totale del sistema perché c’è più gente che lavora nell’economia complessiva.
(Pietro Vernizzi)