Abbiamo una certezza: oggi sapremo la verità sul fondo Esm, senza ulteriori sospensive. La Corte costituzionale di Karlsruhe ha infatti respinto la richiesta del deputato bavarese, Peter Gauweiler, contro il piano di acquisti di bond pubblici previsto dalla Bce. A comunicarlo, la stessa Corte costituzionale di Karlsruhe, precisando che, a seguito di questo parere, oggi sarà annunciata, come previsto, la decisione della Corte sul fondo salva-Stati Esm.
Il ricorso presentato in urgenza dall’euroscettico Gauweiler non è riuscito quindi a spostare la data in cui la Corte aveva previsto di annunciare la sentenza sul fondo Esm (sostanzialmente penso che Gauweiler puntasse, ricorso dopo ricorso, ad attendere il crollo della Grecia o la richiesta di aiuti da parte di Madrid, chiudendo una volta e per sempre la questione e facendo in modo che la Germania non dovesse cacciare più un solo euro). Nel frattempo, ieri lo spread è rimasto agitato ma su un range quotidiano di circa 25 punti base, mentre a metà seduta di contrattazione tutte le Borse erano in negativo con Milano e Madrid, le peggiori, giù di circa un punto percentuale (salvo virare in positivo, spinte dall’apertura in rialzo di Wall Street).
Nulla di drammatico, per carità, un minimo di attesa alla vigilia del d-day dell’eurozona è assolutamente fisiologico, paradossalmente avrebbe invece stupito un eccessivo ottimismo e a pesare sui listini c’erano anche ragioni tecniche e prese di beneficio dopo i rialzi a cannone garantiti da Draghi. Tanto più che, come riportato dal Wall street journal, i fondi tornano a comprare bond di Italia e Spagna dopo le decisioni della Bce: “I manager dei fondi in Europa hanno investito molti dei loro soldi nei bond sovrani dei Paesi europei a più alto rendimento nel periodo immediatamente precedente e successivo all’approvazione da parte della Bce del piano di acquisto illimitato di bond“. Secondo il quotidiano, tuttavia, “è ancora presto per dire se l’interesse da parte di questi investitori durerà al di là di questa esplosione di ottimismo“. Eh già, visto che al netto dell’entusiasmo, ieri dalla Spagna è arrivata un notizia che di positivo non ha nemmeno un contorno. Il prezzo medio delle case in Spagna è sceso del 11,6% anno su anno ad agosto, conoscendo poi un’accelerazione con un ulteriore calo del 2,8%: insomma, il tanto sperato rimbalzo del gatto morto del mercato immobiliare agostano spagnolo si è trasformato in un gatto spiaccicato al suolo. La Costa Mediterranea paga un -14,7% anno su anno. Dai massimi del dicembre 2007, quando il mondo si faceva abbindolare da Zapatero, il calo è stato del 32,4% e del 35,9% dai massimi. Insomma, notizie da mani nei capitali per le banche tedesche, esposte per ben oltre 400 miliardi di dollari in quel mercato, almeno 150 dei quali già passati alla voce “inesigibili”.
Ora, ragioniamo un attimino a mente fredda. Voi, cari investitori, sulle scadenze brevi, d’ora in poi, scegliereste la teutonica graniticità del Bund che vi paga due fichi e una nocciolina di rendimento o pari scadenza italiani e spagnoli che godono di “acquisti illimitati” della Bce e di rendimenti ben più sostanziosi? Non ci vuole un genio dell’investimento per rispondere al quesito. Ovviamente c’è l’inghippo, altrimenti col kaiser che la Merkel sconfessava di fatto la Bundesbank appoggiando la linea Draghi: per aver accesso al programma di acquisto sul mercato secondario, occorre siglare un memorandum d’intesa e sottostare a vincoli rigidissimi, violati i quali la Bce smette immediatamente l’acquisto e, anzi, può vendere i titoli precedentemente acquistati. Insomma, per non trasformare una cosa semplice nella Sfinge: vuoi il mio aiuto? Commissariamento. E questa, a mio avviso, è la parte più interessante dell’intera vicenda, non il bazooka di Draghi che in realtà è una pistola ad acqua visto che la Bce non comincerà a comprare titoli quando vuole lei ma su richiesta, quindi magari mai, non la suspence per la sentenza di oggi, che sarà un sì.
“Dopo Monti, c’è solo Monti”, ha tuonato Pier Ferdinando Casini dal palco del congresso Udc. “Se vuole fare il premier, deve candidarsi”, ha risposto Angelino Anfano. “Siamo pronti a governare da soli”, ha invece rivendicato con orgoglio Pierluigi Bersani da Reggio Emilia. Dal Workshop Ambrosetti, poi, un coro unanime: Monti bis. Il Professore glissa: il Paese troverà un leader, il governo tecnico è un’esperienza limitata, tra poco andrò in vacanza. Il problema, però, è un altro: se, lasciata passare qualche settimana, i mercati si renderanno conto che né Italia, né Spagna hanno intenzione di chiedere aiuto – e finire come Grecia, Irlanda e Portogallo – secondo voi resteranno in modalità placebo come questi giorni o si tornerà a privilegiare il Bund, riattivando di conseguenza le dinamiche dello spread? Un gioco di specchi. A quel punto ci vorrà un attimo per far ripartire la giostra, questa volta sì cercando di chiudere in corner uno dei due Stati, chiaramente per prima la Spagna, essendo più esposta e con le banche peggio messe di quelle di casa nostra. Pensate che ci vorrà molto, create le debite condizioni, a costringere Rajoy alla due scelte che gli saranno rimaste, dimissioni o richiesta di aiuti? No, per i mercati un’operazione del genere è un gioco da ragazzi, semplice semplice.
Vediamo i due scenari, ipotizzabili entrambi prima di Natale. Primo, Rajoy non se la sente di consegnare mani e piedi il destino del Paese alla Bce, parla alla nazione e consegna nelle mani di Juan Carlos la transizione, il quale, visto che la delicatezza del momento non permette i tempi eterni e le litigiosità folli delle campagne elettorali, incarica un tecnico di formare un governo di emergenza nazionale. Secondo, quando lo spread sta per sfondare quota 650 punti, Rajoy convoca un gabinetto di emergenza e decide di rompere gli indughi: parla alla nazione, invocando il bene superiore dello Stato e si presenta alla Bce con la richiesta formale di aiuti, ricevendo in cambio un bel memorandum di intenti.
Calma sui mercati, almeno apparente e dell’attimo iniziale, come ci ha ormai insegnato questa crisi di euforie parossistiche seguite a sempre più kafkiane prese d’atto. Anche sul mercato italiano, che aveva cominciato a replicare ancora una volta come un sottostante l’andamento dello spread spagnolo. Ma, come vi dicevo, siamo a poche settimane da Natale, l’ipotesi voto anticipato a novembre è bella che andata e i partiti stanno già dando vita a una specie di danza macabra chiamata pre-campagna elettorale con un’unica certezza condivisa: chiunque vinca, dovrà chiedere gli aiuti alla Bce, perché caduto il baluardo spagnolo che ci garantiva un minimo di fiato nella fuga, ora i primi nel mirino siamoproprio noi. Ovvero, nessuno vuole andare al voto.
Che fare, quindi? Gran consulto d’emergenza nazionale di partiti, parti sociali e imprenditori al Quirinale e, alla fine, la scelta: il 2013 non sarà anno di voto, alla scadenza naturale, sarà Monti-bis per un quinquennio. Chiederà gli aiuti e porterà volentieri a casa i compiti da fare, forte del fatto che se la Fornero può far paura fino a un certo punto, dubito che la Camusso e anche certa imprenditoria ben poco illuminata si permetterebbe di andare contro l’italiano della Bce, facendoci rischiare davvero il default.
Ora, provate a leggere attraverso la lente di questa ricostruzione, le parole dello stesso Mario Monti alla Fiera del Tessile di Milano: “L’agenda dei prossimi mesi prevede interventi importanti per le infrastrutture per cui si punta a sbloccare investimenti di 50 miliardi entro fine legislatura, l’innovazione e la ricerca, con i prossimi provvedimenti sull’agenda digitale, la semplificazione fiscale e l’efficienza della macchina giudiziaria“. Come dire, chiunque vinca, non avrà a sua disposizione nemmeno la vecchia e italianissima scusa del “non sapevamo che conti ci avevano lasciato”. Per me andrà così.
P.S. Ieri pomeriggio ho ascoltato con piacere l’intervista rilasciata dall’ex ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, a TgCom24: sottoscrivo ogni singola parola. Chapeau Professore, attendo con ansia di leggere il suo manifesto.