Spillo anzitutto all’autore di questa noticina che – alcuni mesi fa – aveva titolato sul Sussidiario il suo foglio di diario: “La Merkel ha quasi perso ma ha sempre ragione lei”. Nelle ultime ore, dopo la sentenza dell’Alta corte tedesca sulla legittimità costituzionale del Fondo salva-Stati, la cronaca ha registrato molti dettagli, a modo loro tutto “storici”. Vi sareste aspettati una standing ovation dell’Europarlamento al “sì condizionato” di Karlsruhe? Da oggi lo stesso cancelliere tedesco può presentarsi al suo elettorato – che l’attende al varco entro un anno – dicendo “Mi manda l’Europa”: ma non le burocrazie Ue, quanto la democrazia dei popoli europei rappresentata da Strasburgo. E i parlamentari europei sanno ben distinguere il coraggio di un’istituzione autonoma – ma non tecnocratica – come la Corte costituzionale dalle fredde direttive dei banchieri: laddove, peraltro, i magistrati supremi della Repubblica federale hanno avallato uno strumento anti-crisi che ha avuto nei tecnocrati italiani (Mario Monti e, soprattutto, il presidente della Bce, Mario Draghi) tra i più convinti fautori.



La Germania ha battuto il suo colpo (compresa la Bundesbank, che legittimamente esprime e difende la sua autonomia di giudizio): è uno scatto che ricorda, più di vent’anni fa, quello del predecessore della Merkel: Helmut Kohl, un altro cristiano sociale, un altro leader europeo ispirato dall’“economia sociale (sussidiaria) di mercato”. Anche ai tempi della riunificazione la Bundesbank era contro l’“Opa” della Germania Ovest sull’ormai ex Germania sovietica, dopo la caduta del muro. Perché di “acquisizione” si trattò, incorporando anche il costo politico di mettere in mano a 17 milioni di tedeschi oltre l’Elba marchi con lo stesso valore nominale di quelli che, all’ovest, incorporavano la produttività e la competitività della Deutschland AG.



La Germania ha deciso – democraticamente e contro il parere dei suoi banchieri centrali – di tenere gli euro nelle tasche di tutti i 17 paesi-membri dell’euro-zona: compresa la Grecia, la Spagna e anche l’Italia. È una scommessa ancora da perfezionare e da verificare: sui mercati della finanza e su quelli della politica. Ma da oggi sono gli altri che devono inseguire: la Germania dentro l’Europa (sempre più identificata dall’eurozona, a maggior ragione dopo il varo dell’“unione bancaria”) e l’Eurozona fuori dall’Europa.

P.S.: quarantott’ore fa, sul Sussidiario, avevamo riflettuto sull’apparente ipoteca tecnocratica sul futuro “Monti-2”, dopo le elezioni. A caldo ci sentiremmo oggi di accreditare un “Monti-2” con una più forte ipoteca europea (e già notavamo come pochi giorni fa Monti sia intervenuto a Firenze a una convention di parlamentari del Ppe: la stessa formazione che rappresenta la super-Merkel in un Parlamento europeo destinato a crescere rapidamente di ruolo. Da ultimo: nessuno dimentichi che la Merkel ha esordito in Germania come cancelliere di una “grosse koalition”).