Non voglio essere il solito piantagrane che, mentre tutti festeggiano, fa sparire le bottiglie di champagne. Tuttavia, le esaltazioni al termine dei “dieci giorni che hanno fatto tremare l’Europa” mi sembrano eccessive: l’unica vera buona notizia (a cui, peraltro, si è data poca attenzione da parte di editorialisti che si congratulavano con questo o quello) riguarda l’esito delle elezioni olandesi: il partito trotzkista-antieuropeista ha perso, con il risultato che destra e sinistra europeiste si accingono a formare una coalizione “arcobaleno” analoga a quella dell’inizio degli anni Ottanta che rivoltò come un calzino il welfare all’olandese e rimise in moto l’economia del Paese.



Non c’è tanto da giubilare per quel che riguarda il programma Outright monetary transactions (Omt) annunciato dalla Banca centrale europea il 6 settembre, la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 12 settembre e l’imminente firma, ed entrata in vigore, del trattato relativo all’European stability mechamism (Esm). Ciò non perché, come sostengono alcuni colleghi schizzinosi, il combinato disposto di Omt-Esm vorrebbe dire essere posti sotto tutela (dai tempi della guerre di successione spagnola nel Settecento numerosi Governi e Parlamenti italiani hanno aspirato ad avere “tutori” che togliessero loro le castagne dal fuoco e a cui indirizzare le proteste del colto e dell’inclito, nonché del popolo elettore in generale). La ragione risiede nel fatto che molti cari e autorevoli colleghi non si prendono la briga di leggere, non dico studiare, i testi che commentano.



L’Omt è ancora un oggetto semi-misterioso in quanto si sa solo quanto reso noto nel comunicato stampa; il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale tedesca è disponibile non solo in lingua originale, ma anche in una buona traduzione in inglese. Il Trattato è disponibile on line da mesi.

Partiamo da quest’ultimo, che non solo i diplomatici ma anche gli editorialisti economici dovrebbero conoscere a fondo. Una lettura attenta dell’art. 4 e dell’allegato I dimostra che, dalla sfida all’OK Corral del 6 settembre in seno al Consiglio Bce, il vero vincitore è stato il Presidente della Bundesbank Jens Weidmann: è lui ad avere la Colt carica, non Mario Draghi. L’art. 4 prescrive una maggioranza di due terzi per le decisioni di ordinaria amministrazione Esm, una dell’80% per quelle complesse e l’unanimità per quelle davvero difficili. L’allegato I conferisce alla Bundesbank oltre il 27% dei diritti di voto – ossia un potere di veto per tutte le decisioni che richiedono una maggioranza qualificata dell’80%. E per altre, è sufficiente che i tedeschi si alleino con gli austriaci e i finlandesi, o ancora più facilmente con gli olandesi per controllare il tavolo. Dato che occorre fare domanda all’Esm per accedere allo sportello Omt, e i programmi di riassetto (e relativo monitoraggio) sono in gran misura di spettanza Esm, è evidente chi siede al posto del conducente.



Inoltre, a ben riflettere (o meglio a ben fare di conto), l’Omt è molto più limitato del Securities market programme (Smp) in vigore da maggio 2010 all’inizio dell’anno in corso. Lo Smp, ufficialmente mirato a rilanciare l’economia, ma in effetti impiegato per acquistare sul mercato secondario obbligazioni spagnole e francesi (e calmierare gli spread), non aveva il vincolo di acquisto di titoli al massimo a tre anni e non prevedeva esplicitamente “condizionalità” – la caratteristica che favorisce la Bundesbank nel decidere quali operazioni autorizzare e quali bloccare. In breve, il combinato Esm-Omt rende la Bce sotto il controllo tedesco più di prima. Forse è un buon risultato. È curioso, però, che si brindi alla rinnovata e accentuata indipendenza dell’istituto.

Ove ciò non bastasse, la Corte costituzionale tedesca, dopo avere posto forti limiti alla consistenza dell’Esm (tali da renderlo un fuscello nelle tempeste della finanza mondiale), si riserva di esprimersi sulla congruenza dell’Omt con la Legge Fondamentale della Repubblica Federale. Quella dell’Omt, quindi, è una partita tutta da giocare.

Insomma, non vedo in questo quadro ragioni per fare festa.

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