Il 2013 sarà un anno in crescita, cioè non con un Pil dal segno più, ma un anno con profilo ascendente”, durante il quale “il motore dell’economia si avvierà lentamente”. E’ quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio, Mario Monti, intervenendo alla presentazione del Rapporto Ocse. Ilsussidiario.net ha intervistato Carlo Altomonte, professore di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi, per chiedere un commento sulle dichiarazioni del Premier.



Ritiene fondate le previsioni di Monti per il 2013?

I dati ci dicono che nel 2013 la recessione non avrà più luogo e l’economia italiana ritornerà progressivamente a crescere. Occorre immaginare una specie di U, con la prima parte dell’anno ancora negativa e la seconda positiva: quindi la media sarà zero.

Sulla base di quali elementi può affermarlo?



L’Europa si è avviata verso una fase strutturale di risoluzione della crisi. Possiamo immaginare che gli spread saranno contenuti e questo dovrebbe fare riaffluire credito alle imprese e alle famiglie da parte del sistema bancario. In questo modo gli investimenti e i consumi ripartiranno. L’integrazione europea dovrebbe anche agevolare la capacità di esportare dell’Europa, nella misura in cui altre aree del mondo supereranno a loro volta la crisi. L’economia indiana e cinese, che attualmente è in fase di rallentamento, segnerà una fase di ripresa. Nello stesso tempo, i dati macroeconomici americani, che in questa fase sono ancora negativi, dalla seconda metà del 2013 ritorneranno in un terreno positivo.



Quindi si sommeranno la ripresa europea e la crescita dell’export?

Esattamente, e l’effetto sarà che l’Europa avrà due motori. Da un lato la ripresa dei consumi e degli investimenti interni, legata alla risoluzione della crisi finanziaria, dall’altra una maggiore capacità di esportare verso mercati che dovrebbero crescere un po’ di più.

Riferendosi alle riforme strutturali, Monti ha dichiarato: “Gli italiani stanno dimostrando di non essere particolarmente ostili nei confronti di coloro che le hanno fatte” …

Mi auguro che sia così, perché le riforme strutturali sono indispensabili. Occorre rendere flessibili i salari sulla base della produttività, aprire nuovi mercati finanziari nel campo dei servizi per il credito alle imprese, riformare il settore bancario e renderlo più efficiente. E’ inoltre necessario continuare nella riforma della pubblica amministrazione, che è rimasta a metà, e incidere maggiormente sui tagli strutturali di spesa, soprattutto regionale. Se non facciamo queste cose e non introduciamo una cultura della responsabilizzazione individuale a più livelli, ribaltando il modo in cui si è pensato il funzionamento della macchina pubblica, non riusciremo a venire fuori da questa situazione.

Per quale motivo il nostro Paese è così in ritardo?

La crisi ha obbligato l’Italia a entrare nel XXI secolo. Il nostro Paese è ancora fermo al dibattito degli anni ’90, non ha ancora capito qual è la sfida globale. La macchina pubblica non ha compreso che cosa significa confrontarsi con giganti come la Cina, che hanno compiuto progressi enormi rendendo più efficienti i servizi alle imprese. Ci attende un’agenda di riforme di altri cinque anni, il governo Monti ha solo iniziato a toccare la punta dell’iceberg. Se non ci incamminiamo su questa strada non ci sarà futuro.

 

Secondo l’Ocse, nei prossimi dieci anni si assisterà a un aumento del 4% del Pil …

 

Sarei anche solo contento se potessi prevedere che cosa avverrà di qui a un anno, che cosa ci aspetta nel 2023 francamente mi sembra fantascienza. E’ un pronostico che, dal punto di vista dei numeri, non ha senso. Ma se il Pil se crescerà solo del 4% in dieci anni, vorrà dire che l’Italia continuerà a impoverirsi e che il Prodotto interno lordo pro capite continuerà a scendere. Ricordo che dal 1993 al 2008, l’Italia è stata il Paese europeo nel quale il Pil pro capite ha avuto la performance peggiore.

 

Peggiore anche rispetto alla Grecia?

 

Sì. Siamo gli unici nell’Ue a esserci impoveriti già prima della crisi, e a livello mondiale hanno fatto peggio di noi soltanto lo Zaire, il Congo Belga e pochi altri.

 

Per quale motivo?

 

Perché abbiamo un sistema Paese paralizzato e inefficiente, che è rimasto alla preistoria delle relazioni industriali e del modo di fare impresa. Lo spettacolo che la nostra classe politica sta fornendo in questi giorni lo dimostra in modo evidente.

 

(Pietro Vernizzi)