Non è stato né verrà detto apertamente dai governi, ma c’è una svolta nell’Eurozona: dalla priorità del rigore a quella della crescita. Ciò spiega l’altrimenti inspiegabile ottimismo di Monti quando ha presentato, la scorsa settimana, lo scenario economico italiano 2012-14. Il Pil italiano finirà l’anno in caduta del 2,4% e continuerà a essere negativo per lo 0,2% nel 2013, con una ripresina nel 2014 di poco più dell’1%.
In realtà, come più volte anticipato su queste pagine, i dati correnti sono peggiori e, per il 2013, il Centro studi di Confindustria vede un brutto -0,5% (il mio istituto di ricerca calcola un peggiore -0,8% e una stagnazione nel 2014). Allora il governo dice bugie per infondere un ottimismo che eviti la critica di aver indotto un disastro?
Da un lato, certamente il governo è imbarazzato per aver sottovalutato l’impatto concreto del drenaggio fiscale e quello psicologico della “guerra all’evasione” sui consumi che sono la causa principale di una recessione 2012 che sarebbe potuta essere meno grave con una politica economica e fiscale più accorta. Infatti, Monti, due settimane fa, è sembrato scusarsi quando ha ammesso che per motivi d’emergenza ha dovuto premere troppo sul lato fiscale con risultati controproducenti. Dall’altro lato, Monti può contare su un rilassamento del rigore imposto dal trattato europeo Fiscal Compact.
In particolare, il requisito del pareggio di bilancio – incorporato nella nostra Costituzione con una revisione dell’articolo 81 – entro il 2013 permetterà in realtà un deficit di circa l’1,8% del Pil perché il requisito del pareggio è stato interpretato come “strutturale” (tendenziale) e non “contabile” (saldo zero effettivo tra entrate e uscite). In soldoni, significa avere una flessibilità di quasi 30 miliardi.
Gli scenari di caso peggiore assumono che lo Stato dovrà compensare il minor gettito a causa della recessione con manovre aggiuntive che avranno un carattere depressivo. Monti pensa che questo problema sarà minore grazie a un allentamento dei vincoli esterni. E grazie ad altri allentamenti. Perché? Merkel ha capito che non può sperare di vincere le elezioni del settembre 2013 nel ruolo di imputata di una recessione europea, anche in Germania, e mondiale. America e Cina, infatti, hanno premuto come non mai per una ripresa nell’Eurozona che sostenga la domanda globale.
Per rispettare il rigore la Francia dovrebbe fare tagli di spesa tali da invertire il programma socialista appena premiato dalle elezioni, destabilizzando la nazione e tutta l’Ue. Grecia e Portogallo hanno bisogno di più tempo per riordinarsi o devono uscire dall’euro. In sintesi, la Germania ha “mollato” di fatto, anche se non nelle parole, l’estremismo rigorista. Ciò anche spiega perché Draghi sia riuscito a far passare entro la Bce una politica “salva-debito” nonostante l’opposizione della Bundesbank.
Buone notizie per l’Italia, dunque? Il ritorno a un minimo di realismo economico certamente la aiuterà. Ma c’è il rischio che l’allentamento del rigore riduca la pressione per il taglio di spesa e tasse senza il quale l’economia italiana non riuscirà a riprendersi veramente.