Le polemiche innescate contro il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, rivelano qualche cosa di grottesco. Ci sono i soliti “falchi” tedeschi, un po’ di olandesi (si vedrà presto alle prossime elezioni) e i virtuosissimi finlandesi, quelli che perderanno presto anche la Nokia, e che pretendono di rappresentare un continente intero, non si sa bene in base a quale ragione. Draghi ha fatto trapelare il suo pensiero sull’acquisto di titoli di stato a tre anni. Sono possibili, anche in base agli statuti che sono oggetto di studio degli avvocati e di interi uffici legali. I tedeschi, ma non tutti, hanno eccepito che al massimo si possono comperare titoli se sono a scadenza annuale. Insieme ai tedeschi, naturalmente, i supporters limitrofi, che sembrano “cani da guardia”.
Perché c’è qualche cosa di grottesco in tutto questo? Perché la situazione economica mondiale, non solo quella dell’Eurozona, è bloccata, ferma e non dà segni di ripresa. E finire a consultare gli statuti di fronte a una stagnazione economica di questo tipo, mettendo i bastoni tra le ruote agli interventi della Bce è solo e semplicemente grottesco. Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, docente di Economia industriale e commercio estero alla Cattolica, sembra infastidito da queste polemiche. A lui abbiamo chiesto di fare luce sugli elementi del dibattito.
Cosa ne pensa della linea seguita dall’attuale presidente della Bce?
La strategia di Draghi mi sembra che vada bene ed è anche migliorabile l’intervento della Bce. Le polemiche che vengono ripetute da qualche “falco” tedesco, da finlandesi e olandesi mi sembrano un invito a morire da “puri” e “duri”. Un vero non senso. Ma non credo che possano fermare il Presidente della Bce, anche perché Draghi sta mandando dei messaggi abbastanza chiari a tutti. Senza un’adeguata strategia anti-spread, alla fine non si salva nessuno.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel sembra meno rigido che in passato.
Anche la signora Merkel deve tenere conto di un elettorato tedesco che in parte ragiona secondo luoghi comuni da birreria, ma anche di un elettorato fatto di imprenditori e di imprese che nel secondo trimestre ha visto l’export tedesco scendere, una drastica riduzione delle scorte e un’economia che non corre più. Sono soprattutto questi imprenditori che si rendono conto, come sa comprendere Draghi, che occorre calmierare gli spread, altrimenti si mette male per tutti, Germania compresa.
Adesso bisognerà affrontare il problema spagnolo.
Bisogna affrontarlo, dopo la bolla immobiliare tenuta sottotraccia per quattro anni. Con un sistema bancario che è in pessime condizioni. E sapendo che la Spagna non ha ancora fatto, per quanto riguarda i conti pubblici, quello che ha già fatto l’Italia. Anzi mi sembra che non abbia neppure incominciato a fare quello che è necessario. In tutti i casi però direi che il problema è generale e riguarda tutta l’Eurozona, che è da difendere. Per questo è importante il ruolo della Bce. Se si guardano i dati si può vedere che anche tra i cosiddetti sedicenti “virtuosi” c’è chi deve fare i compiti a casa. In Olanda i consumi stanno scendendo da cinque anni e anche in quel Paese c’è una bolla immobiliare che prima o poi verrà a galla: il rapporto tra mutui per le case e pil è al 107 percento.
Alla fine è l’Italia quella che ha i conti pubblici più in ordine.
Noi ci siamo messi in recessione con la “cura Monti”, ma per i conti pubblici siamo molto più a posto di tanti altri. Ci portiamo dietro questa “condanna storica” del debito pubblico, neanche fosse una sorta di “lettera scarlatta”, e abbiamo scelto una strada dolorosa, di cui portiamo tutti i segni sulla pelle. E’ difficile immaginare quale altra strada potevamo percorrere. Con questo debito pubblico, con la situazione ingarbugliata che vivevamo, avevamo bisogno di un “visto sul passaporto” per le agenzie di rating e per i mercati. La cura Monti è stata durissima, penso che se fosse stata applicata alla Germania, neppure i tedeschi l’avrebbero retta senza andare in recessione.
Il problema diventa quello di superare questi anni, in cui ci troviamo in in una situazione del tutto simile a quella degli anni Trenta. Non crede?
La sostanza è questa. Da cinque anni siamo in una grave crisi e per altri tre anni non vedo segnali di uscita da questa stagnazione. Alla fine si dovranno contare otto anni di crisi, un fatto senza precedenti. Ci saranno alcune differenze con la grande depressione degli anni Trenta, ma la sostanza non cambia. Un Occidente in stagnazione, le difficoltà anche dei Paesi emergenti. L’intera economia mondiale che non cresce più.
Ma per uscire da tutto questo che cosa è necessario?
Guardi che occorre disintossicarsi dal doping di una certa finanza, soprattutto anglosassone, che è stato all’origine di questa crisi. Anche il modello americano mi sembra che, dati alla mano, non sia più un modello percorribile e da imitare. Le operazioni fatte in quindici anni mi sembrano come le vittorie al Tour de France che oggi vengono annullate, appunto perché erano drogate.
(Gianluigi Da Rold)