Il fronte pro Draghi o, che dir si voglia, l’opposizione alla Bundesbank, si organizza. Dopo Bankitalia è il turno del presidente Ue, Herman Van Rompuy, di esprimersi sul medesimo tema nei medesimi termini: i livelli degli spread di molti Paesi dell’Eurozona non sono compatibili con i fondamentali della loro economia. Ovvero, i dati sull’occupazione, la produttività, l’export, i consumi, l’avanzo primario, la spesa pubblica, l’indebitamento o l’inflazione non sono tali da giustificare tassi di interesse sui titoli di Stato inaccettabilmente più alti di quelli dei bond tedeschi. Secondo le analisi di Palazzo Koch, il differenziale tra Btp e Bund decennali dovrebbe attestarsi, al limite, sui 200 punti base mentre, attualmente, veleggia sopra i 400. Il presidente europeo, dal canto suo, si è detto convinto del fatto che occorra dare pieno sostegno ad una «serie di possibili azioni» per far correggere la «frammentazione dei mercati finanziari». Tradotto, significa che l’istituzione europea, laddove lo spread superi una certa soglia, deve poter acquistare illimitatamente bond sul mercato primario. Sarà sufficiente il fuoco di sbarramento sin qui predisposto contro la ferrea volontà tedesca di bloccare qualunque azione che vada in questo senso? Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Marini, direttore del Dipartimento di Economia, Diritto e Istituzioni dell’Università Tor Vergata di Roma.
Crede che Bankitalia e Van Rompuy si siano messi d’accordo? C’è una strategia comune?
Accordarsi su una questione del genere resta l’unica strada possibile per mantenere in vita l’euro. Mi augurerei, quindi, che effettivamente abbiano individuato una strategia comune. Non c’è alternativa per convincere la Bundesbank del fatto che l’acquisto da parte della Bce di titoli di Stato non è una violazione del suo statuto, bensì una semplice manovra antispeculativa. E’ evidente, infatti, che gli speculatori, in presenza di una banca centrale con le mani legate, possono facilmente approfittarne. Al contrario, il semplice asserire l’intenzione di comprare illimitatamente bond da quei Paesi i cui spread non sono compatibili con i fondamentali della propria economia, frenerebbe immediatamente l’ondata speculativa senza neppure bisogno di dar seguito alle parole.
Quanto affermato da Van Rompuy e da Bankitalia corrisponde al vero?
Certamente. Alcuni mesi fa era stato l’Fmi a sostenere che i valori degli spread di alcuni Paesi non corrispondessero allo stato reale della loro economia. Del resto, tali valori appaiono tanto più ingiustificati quanto i singoli Stati, imponendo pesanti sacrifici ai propri cittadini, hanno messo in campo tutte misure necessarie per sistemare i propri conti.
Perché, tuttavia, solo adesso si afferma quanto, in realtà, si sapeva da tempo?
Svariati economisti, in effetti, lo stanno ripetendo da mesi. Possiamo solo prendere atto del fatto che la lentezza delle risposte politiche è del tutto inadeguata alla velocità con cui si muovono i mercati finanziari. Basti pensare al fatto che non è escluso che, per mettersi d’accordo sulla frase relativa agli spread incompatibili con i fondamentali, abbiano impiegato mesi in riunioni, incontri e contrattazioni.
Bankitalia ha imputato il livello degli spread all’effetto contagio della zona euro e al timore della reversibilità della moneta unica. Non crede che sarebbe necessario aggiungere a questi fattori la speculazione?
Non parlerei di vera e propria colpa. Il fatto è che i mercati stanno agendo come se l’Italia avesse svalutato la propria divisa. Cosa, ovviamente, finora impossibile. Ma la semplice previsione di un’uscita dall’euro fa sì che gli investitori agiscano come se essa fosse già avvenuta. A questo si unisce l’incertezza relativa alla decisione che sarà assunta dalla Corte costituzionale tedesca in merito alla legittimità del Fondo salva stati e a quelle che saranno prese dal prossimo direttivo dalla Bce di domani.
Crede che il fronte pro-Draghi possa arginare le posizioni della Germania e far sì che alla Bce sia consentito l’acquisto di debito sovrano?
Me lo auguro. E spero che la Bundesbank modifichi le sue posizioni. Certo, il modello della Banca centrale tedesca ha funzionato per anni. Ma, oggi, i mercati finanziari hanno mutato il proprio aspetto e le proprie strategie. All’epoca della stipula del trattato europeo che disciplina mandato e funzioni della Bce nessuno avrebbe potuto prevedere una simile evoluzione. I tedeschi, quindi, dovrebbero capire che adeguarsi al nuovo trend della Bce non sarebbe una sconfitta ma l’unico modo per frenare la speculazione, priorità indicata alcuni giorni fa, del resto, dalla stessa Merkel.
(Paolo Nessi)