In settimana sono usciti i nuovi dati sui consumi delle famiglie, evidenziando il solito drammatico calo. E cos’altro ci si poteva aspettare? Pure i dati del settore auto sono una specie di Caporetto, con il dato delle nuove immatricolazioni che richiama situazioni e scenari economici visti oltre trent’anni fa. Pure qui niente di nuovo sotto il sole.



Nel frattempo la campagna elettorale avanza, gli slogan si moltiplicano, come le promesse, mentre la situazione dell’economia reale continua a peggiorare. E il dato più preoccupante è quello di non riuscire a vedere una via d’uscita. Certo, ci sono proclami generici: “Toglieremo l’Imu sulla prima casa” promette uno; “Noi fino a 500 euro” assicura l’altro. Sì, ma come? Come verranno coperti i relativi ammanchi di bilancio? Nessuna risposta, nessun chiarimento.



Intanto, nella confusione più assoluta, continua il balletto delle previsioni: Monti aveva previsto la ripresa dalla crisi a metà del 2013, Draghi nella seconda metà del 2013, ora il Commissario europeo Olli Rehn la prevede per il 2014. E di nuovo nessuno che spieghi: perché mai dovrebbe esserci una ripresa? Cosa dovrebbe far riprendere un’economia in recessione, dal momento che le banche non prestano più denaro e la disoccupazione aumenta?

Quest’anno la Chiesa ha indetto l’Anno della Fede. Con troppa superficialità l’ideologia moderna ha classificato e classifica queste cose come materia religiosa, ossia qualcosa che può rimanere nella sfera privata (anzi, se ci rimane è meglio per tutti, così evitiamo di mischiarci qualcosa che divide gli uomini fino alla radice del cuore). Invece no, si tratta di una cosa concretissima, qualcosa che entra nella vita quotidiana della gente comune e pure nelle grandi questioni politiche ed economiche.



Ed è proprio per questa dimenticanza che oggi il cuore della crisi resta incomprensibile e il modo per uscirne resta avvolto nella nebbia di una ragione impotente. Perché, se la crisi economica è, come è stato detto più volte da economisti ed esperti di tutte le tendenze, una crisi di fiducia, cosa può farci la pura ragione? Cosa può dire sulla fiducia, necessaria al funzionamento dell’economia e della finanza, una ragione solitaria nella propria capacità analitica? Cosa può dire sulla fiducia, una scienza dalla potenza straordinaria, ma priva di ogni passione umana, priva di ogni passione per l’uomo?

Niente può dirci, sulla fiducia. E così la ragione e la scienza rimangono nella nebbia, incapaci di indicarci una soluzione per un’economia e una finanza in crisi perché manca la fiducia. E tutto perché economia e finanza sono concepite senza l’uomo, sono concepite in maniera astratta, con formule e regole: e se qualcosa non funziona, l’unica soluzione appare quella di modificare formule e regole, di mettere nuove formule e regole. Ma le cose, quando c’è di mezzo l’uomo, non funzionano così. E il prosieguo della crisi lo dimostra.

Occorre ripensare allora economia e finanza. Occorre ricostruire economia e finanza. Ma a partire da cosa? Dalle parole sagge della Chiesa: “Lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità […]. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave” (Caritas in Veritate, n. 34-35).

Questo è il punto cruciale della crisi. E la fiducia è una materia religiosa, e quindi occorre tenere conto dell’aspetto religioso della questione. E questo Anno della Fede è qui per ricordarci come nasce la fiducia. E come da questa rinasce la speranza. E poi tutto il resto.

Si, ci sono motivi di ottimismo. Perché piccoli uomini a volte fanno la storia. E, soprattutto (e sopra tutti), c’è Qualcuno che la guida.