I dati che vengono dalle borse, soprattutto quelle europee, sono per certi versi sconvolgenti, soprattutto per gli economisti di oggi, che non hanno mai letto un libro di storia. Come possono capire quello che sta accadendo? In realtà, è tutto molto semplice. Siamo pur certi di una cosa: i primi dati annunciano una tendenza che si confermerà via via: i rendimenti dei mercati finanziari per tutto il 2013 saranno incomparabilmente superiori a quello che si potrebbe pensare e dovrebbe accadere se si considerano gli indicatori della crescita economica mondiale reale, che sarà debole, disuguale, a frattali.
Non vi è nulla di nuovo, storicamente. Solo che son passati un po’ di anni da quando un fenomeno simile è successo e quindi gli economisti neoclassici su scala mondiale sono in difficoltà. La separazione della finanza dall’economia reale non produce solo distruzione degli innocenti, quando questi vengono irretiti nella e dalla finanza ad alto rischio ponendo i propri risparmi nelle stive esplosive dei mezzi di distruzione di massa dei derivati, delle collateralizzazioni, dei mutui securitizzati da macchine infernali, delle assicurazioni appoggiate su collaterali esplosivi, ecc… La finanza ad alto rischio può anche registrare il valore del denaro per il denaro, “saltando” il nesso con la merce secondo le regole di un capitalismo finanziario che è anche scollegato completamente dalla produzione.
Se questo collegamento drena liquidità e la immette nel circolo “denaro per il denaro” l’economia reale ne soffre, ma questo non implica che ne debba soffrire anche la circolazione, appunto denaro per il denaro. È quello che oggi sta capitando in tutto il mondo capitalistico, Usa in testa; a seguire l’Europa, il Giappone con un’impennata data dal nuovo Primo Ministro Abe, il quale interpreta il nazionalismo come keynesismo di guerra e ampliamento del debito. Ma si arriva anche al Regno Unito. Insomma, in tutto il mondo i governi sono ben decisi a proseguire per una strada intrapresa già nel 2012, a scherno di tutti i profeti disarmati teoricamente dello Stato minimo e del liberismo: stanno usando circa il 70% di tutti i finanziamenti erogati nei cicli economici. mentre tutte le banche centrali (anche la Bce!) forniscono circa il 60% di tutti i finanziamenti in essere nel mondo.
Si tratta di una sorta di esperimento finanziario – come ha dichiarato il rapporto Ocse del dicembre 2012 – che è di una novità assoluta. In verità, non si verificava più dal tempo delle guerre dei cento anni, quando gli stati si misero a batter moneta a tutto spiano per finanziare guerre e conquiste territoriali: nasceva il mondo moderno.
L’espansione della base monetaria è una sorta di legge generale che – come trecento anni or sono – sovradetermina i destini mondiali. Il ragionamento che fanno le banche mondiali (e i tedeschi fanno finta di non accorgersene, e quando se ne accorgono vengono presi per le orecchie dagli Usa e sbattuti fuori dalla Bce), Giappone in testa, è questo: facciamo salire il valore degli investimenti finanziari sperando che in tal modo qualche rivolo consistente di denaro si riversi sull’economia reale.
È un atto disperato, ma saggio. È il grido della sentinella nella notte. Nessuno ascolta e capisce, però. Eppure questo accade con grande evidenza in Europa. L’espansione creditizia manovrata dalla Bce, i prestiti bilaterali, gli obbiettivi di bilancio meno rigorosi, sono andati di pari passo con l’ampliamento delle reti di sicurezza che hanno sostenuto i dividendi non economici reali, ma invece dei mercati finanziari. Il crollo dei valori delle banche francesi e tedesche esposte verso l’Europa del Sud è stato evitato con un paio di migliaia di miliardi prontamente emessi nonostante tutte le prediche antinflazionistiche e questo ha galvanizzato le borse.
Le azioni sono in rialzo oltre il 10%, gli spread si sono ridotti e si è stabilizzata la quota dei titoli statali spagnoli e italiani nei portafogli degli investitori. In questo Monti non c’entra un bel nulla. Draghi ha agito come una Fata Morgana. E così tutti i banchieri centrali mondiali. Ma ciò che conta è che in questo modo i depositi nazionali sono stati posti in salvo, così come le obbligazioni e i finanziamenti a tempo, riducendo gli impatti negativi che si temevano sui mercati mondiali. E tutto questo nonostante che la disoccupazione abbia raggiunto i duecento milioni circa nell’area Ocse e i diciannove milioni nell’Eurozona.
In Europa tutto è chiaro. I mercati finanziari brindano, i salari diminuiscono a rotta di collo e questo secondo alcuni dovrebbe sostituire quell’aumento di produttività del 30% circa che sarebbe necessario per recuperare il differenziale produttività con gli Usa e la Germania per rilanciare l’Eurozona e guarirne le disuguaglianze di crescita.
Naturalmente questo non fa, invece, che ritardare l’ampliamento della crisi. La finanza prende tempo. Incanta e ubriaca. Vediamo se crollerà prima l’economia mondiale, e in primis quella europea, per il divario crescente tra economia reale ed economia finanziaria oppure per l’immensa sofferenza sociale che questa discrasia sta provocando nello spirito umano.