«La competizione tra il francese Moscovici e l’olandese Dijsselblom per la guida dell’Eurogruppo non è solo una sfida Nord-Sud, ma anche una partita di carattere più vasto che vede contrapposti un europeismo di più ampio respiro e uno invece degno degli imperi centrali». E’ il commento del professor Francesco Forte, ex ministro delle Finanze, all’annuncio di Jeroen Dijsselblom, ministro delle Finanze olandese, di volersi candidare come presidente dell’Eurogruppo. Un incarico per il quale era considerato come papabile il suo omologo francese, Pierre Moscovici. Entrambi appartenenti a coalizioni di centrosinistra, i due sfidanti rappresentano però due visioni delle cose decisamente diverse.
Quali valori incarnano i due sfidanti, Moscovici e Dijsselblom?
Il fatto che sia Dijsselblom, sia Moscovici appartengano allo stesso partito significa che non è una contrapposizione politica tra due ideologie economico-politiche, ma innanzitutto una sfida tra Nord e Sud. In questo rapporto vediamo che la Francia, pur costituendo un asse con la Germania, ha sempre sostenuto delle tesi di politica economica meno rigoriste di quelle tedesche. L’ossessione per la stabilità monetaria della Germania non è mai stata tale per la Francia. Berlino ha vissuto l’esperienza tragica della grande inflazione, che ha portato al potere il Nazismo dopo la Prima guerra mondiale e che si è ripetuta dopo la Seconda. I francesi non hanno vissuto gli stessi problemi e quindi non hanno questa idea.
La differenza riguarda solo l’atteggiamento nei confronti dell’inflazione?
Ci sono anche fattori culturali, perché mentre i tedeschi amano l’investimento nella rendita, i francesi preferiscono puntare sull’agricoltura, gli immobili e l’economia reale. E’ da qui che deriva la contrapposizione tra “rigoristi” e “sviluppisti”, e quindi tra la Germania che tradizionalmente concepiva la crescita soprattutto tramite l’esportazione e la stabilità monetaria del Marco, e la Francia che puntava sulla superiorità tecnologica, lo sviluppo, l’investimento e la mobilizzazione delle risorse. Queste due visioni si sono perpetuate nelle concezioni che riguardano l’Ue.
In che modo?
Oggi la crisi del debito colpisce di più gli Stati meridionali, e il rigorismo tedesco danneggia in particolare questi ultimi in relazione alle difficoltà frapposte dalla Germania a un intervento della Bce. Mi sembra quindi di grande importanza che come nuovo presidente dell’Eurogruppo sia scelta una figura come Moscovici, che guarderebbe maggiormente alla crescita utilizzando delle leve come i project bond per lo sviluppo Ue, in contrapposizione alla Germania che non ha nessuna intenzione di prestare ascolto a queste proposte.
Moscovici può avere i numeri per sconfiggere Dijsselblom?
Un elemento decisivo può essere l’appoggio italiano, che si aggiungerebbe a quello spagnolo dando un peso politico rilevante alla Francia anche dal punto di vista numerico. Un candidato francese ha buone carte negli organismi europei, dove ci sono già molti esponenti del Nord in posizioni chiave e l’italiano Mario Draghi alla Bce, mentre Parigi non ha nessuno. Si tratta di capire fino a che punto il governo di Francoise Hollande riuscirà a sviluppare questa strategia e, soprattutto, fino a che punto otterrà l’appoggio dell’Italia di Monti in questa partita decisiva. Finora Monti si è dichiarato europeista, perché segue la linea della Merkel, ma essere europeista significa anche entrare in sintonia con la Francia e con la Gran Bretagna.
Il Regno Unito però non fa parte dell’Eurozona …
E’ vero, ma uno degli errori che si stanno compiendo, in particolare da parte di Monti, è non rendersi conto che l’Ue ha un bisogno essenziale del Regno Unito per essere una vera Europa. Ciò vale dal punto di vista culturale, economico, politico, scientifico e militare. Lasciare Londra fuori dai giochi è una scelta pericolosa sul piano politico e strategico. Il fatto di avere una leadership francese in Europa è quindi molto importante, perché crea un riequilibrio rispetto a quella tedesca e facilita una comprensione con il Regno Unito. Quest’ultimo infatti da un punto di vista economico, storico e culturale ha maggiori legami con la Francia che non con la Germania. Quella tra Moscovici e Dijsselblom non è quindi solo una sfida tra Nord e Sud, ma anche una partita di carattere più vasto tra un europeismo di più ampio respiro e uno invece degno degli imperi centrali.
(Pietro Vernizzi)