Occorre forse andare alla popolare trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” per sapere che fine ha fatto, in Italia, il semestre europeo. Negli ultimi anni, in questo periodo, i dicasteri erano affaccendati a predisporre elaborati da sottoporre ai Ministri e, successivamente, al Consiglio dei Ministri; Palazzo Chigi preparava incontri con le Parti sociali e si rivolgeva al Cnel per avere tempestivamente “Osservazioni e Proposte” prima di inviare la documentazione a Bruxelles per un confronto, prima tra ministri economici e finanziari, e poi al livello dei Capi di Stati e di Governo.
Oggi non se ne sa nulla. Il Cnel – è vero – ha calendarizzato per il 24 gennaio una discussione sul documento sulla crescita economica nell’Unione europea inviato dalla Commissione europea poco prima della fine del 2012. Ma a Piazza Nicosia, dove, nell’antica sede della direzione provinciale della DC (a fianco del ristorante “I Due Ladroni”), sono oggi ospitati gli uffici del Ministro per gli Affari Europei, c’è un’atmosfera di camera ardente. Il Ministro Enzo Moavero Milanesi (di lignaggio lodigiano e di cognome aragonese, nonché noto sostenitore della Caritas e di Chiese nel suo circondario) è candidato al Senato e, quindi, immerso nella campagna elettorale. Mancando un impulso che non sia solo la ricezione di circolari, gli altri Ministri (anche quelli che non vedono l’ora di tornare alle loro professioni) se ne impipano. Tanto più che il “cronogramma” (in linguaggio burocratico) del semestre si pone a cavallo tra il Governo in carica (per gli affari correnti) e quello che emergerà dalle elezioni del 24-25 febbraio. Telefonate ad amministrazioni di altri Stati dell’Ue confermano che altrove il lavoro ferve e si stanno predisponendo proposte importanti.
Ma cosa è e a cosa serve il semestre europeo? L’istituzione del semestre europeo è il risultato di una serie di proposte avanzate nel corso del 2010 dalla Commissione (e successivamente varate dopo l’approvazione del Parlamento e del Consiglio europeo), al fine di rafforzare la governance economica dell’Ue. Con il semestre, il coordinamento delle politiche economiche nazionali, sia quelle di bilancio sia quelle strutturali, si trasforma, infatti, da ex post in ex ante. A partire dal 2011, il primo semestre di ogni anno è caratterizzato da un ciclo di cooperazione politica intensa tra le istituzioni Ue e i 27 Stati membri relativa sia all’agenda economica che alla sorveglianza sui bilanci. Si tratta di un elemento centrale della governance economica rafforzata.
Il semestre si apre in gennaio con la presentazione, da parte della Commissione europea, dell’analisi annuale della crescita (questa tornata anticipata a fine novembre), che definisce le priorità per l’Ue in termini di riforme economiche e risanamento di bilancio. Queste priorità vengono poi discusse e avallate a marzo dal Consiglio europeo di primavera. In aprile gli Stati membri presentano alla Commissione e ai loro pari i Programmi nazionali di riforma e i Programmi di stabilità o di convergenza. Su questi programmi la Commissione emette poi raccomandazioni, che vengono avallate dal Consiglio europeo di giugno e adottate formalmente dal Consiglio dell’Ue a luglio. Gli Stati membri tengono conto di questi orientamenti nel redigere i bilanci nazionali, che sono discussi in seno ai parlamenti nazionali secondo le norme vigenti nella seconda metà dell’anno. Ciò garantisce che la discussione dei bilanci nazionali avvenga, per la prima volta, con una visione allargata all’Europa.
Un ulteriore rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche si ha con il varo da parte del Consiglio europeo del 24-25 marzo 2011 del Patto EuroPlus, un coordinamento più stretto delle politiche economiche per la competitività e la convergenza. Il Patto EuroPlus è uno strumento che si accompagna a Europa 2020 stabilendo riforme aggiuntive con l’obiettivo di migliorare la competitività e il livello di convergenza dei paesi. Il Patto EuroPlus è stato approvato dai capi di Stato o di governo della zona euro e vi hanno aderito Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania. Il Patto resta aperto all’adesione di altri Stati membri. Tutti gli Stati partecipanti devono presentare i loro impegni inserendoli nei rispettivi Programmi di stabilità o di convergenza e nei Programmi nazionali di riforma. Il cronogramma indica chi deve fare cosa e quando.
Questa nota può sembrare didascalica, ma nel silenzio degli innocenti, è bene che qualche voce si faccia sentire per far sapere agli italiani (e al resto dei 27) come stanno le cose. È possibile che si lavori tanto discretamente che anche il colto e l’inclito non si sono accorti di nulla. Tuttavia, da un lato, il semestre prevede un processo trasparente di consultazioni e, da un altro, non mancano occasioni per fare il punto: da una nota del Governo agli innumerevoli talk show televisivi.