Da tempo Confindustria ha iniziato a non nascondere la sua preoccupazione per le sorti del Paese e per l’inadeguatezza delle misure poste in essere dagli ultimi governi. A differenza delle precedenti, tuttavia, la gestione di Squinzi appare marcata da una dosse maggiore di pragmatismo e capacità di proporre soluzioni e ricette per uscire dal pantano della crisi. Ieri, al TG1, il presidente degli industriali ha fatto sapere di essere decisamente preoccupato per i programmi presentati da tutti i partiti che si accingono ad andare a elezioni, in particolare per la mancanza di attenzione ai problemi reali dell’economia. Sottolineando come, ancora una volta, i dati della Banca d’Italia, nonché quelli di Viale dell’Astronomia indichino uno scenario futuro tutt’altro che roseo – con un punto di pil in meno anche quest’anno – ha fatto sapere che il sindacato degli industriali avrebbe prodotto un documento programmatico per risollevare l’economia. E, dopo che ieri il Comitato di presidenza ha dato l’ok, oggi la Giunta degli industriali lo ratificherà definitivamente. Il piano per rilanciare la competitività, gli investimenti, sia pubblici che privati e recuperare in produttività, promette una crescita del pil di 12 punti percentuali in 5 anni e un aumento dell’occupazione pari a 1,7 milioni di unità. Esso prevede, anzitutto, l’abbattimento del costo del lavoro e la diminuzione dell’Irap, il cui mancato gettito sarebbe compensato da un aumento dell’Iva e da quello sulle rendite finanziarie. Occorre, inoltre, ridurre i costi energetici di almeno il 30%. Ardua impresa, considerando la nostra carenza fisiologica di infrastrutture. Oltre a meno vincoli e ad una seria riforma del sistema burocratico, occorre rivedere alcuni meccanismi della riforma Fornero, prevedendo maggiore flessibilità in entrata, e la possibilità di far lavorare più ore i lavoratori, ma pagando ogni ora in più il doppio. Il numero di ore dovrebbe essere pari ad almeno il corrispettivo di una settimana di lavoro all’anno. Sembra, inoltre, che tra le misure caldamente suggerite dal documento ci sia il rapido pagamento debiti dello stato che, alle imprese, deve circa 70 miliardi di euro.
Infine il documento propone un taglio drastico degli incentivi, in favore di un aumento della leva fiscale e il rilancio delle investimenti pubblici volti a realizzare opere infrastrutturali.