Confindustria è particolarmente preoccupata dell’attuale congiuntura economica. Perché, salvo epocali svolte, è destinata a rimanere estremamente negativa. Il suo presidente, Giorgio Squinzi, presentando il documento programmatico dell’associazione, ha descritto la fase che stiamo vivendo con toni drammatici. Si è detto convinto del fatto che la crisi sta lasciando ferite profonde. E che, ormai, siamo giunti ad una vera a propria emergenza economica e sociale. Se non saranno assunti provvedimenti particolarmente coraggiosi e incisivi, saremo destinati, pur essendo usciti dalla crisi, a crescere, al massimo, di mezzo punto di pil all’anno. Per questo, Squinzi ha indicato «tre obiettivi fondamentali per ritrovare la crescita. Il primo è di una crescita superiore al 2% annuo, il secondo è di rimettere il manifatturiero al centro dell’attenzione del Paese, riportandone l’incidenza sul Pil oltre il 20% (oggi siamo al 16,7%), e il terzo è un rapporto tra debito pubblico e il Pil nell’ordine del 100%». Oggi il presidente dei Viale dell’Astronomia ha ribadito quanto anticipato ieri, quando ha parlato della necessità di una terapia d’urto. In particolare, si è detto convinto che occorra riformare lo Stato, per renderlo «amico» di chi tutti i giorni si impegna a produrre ricchezza e benessere per tutti gli altri. Le proposte del sindacato degli industriali vanno da qui al 2018 e vanno implementate praticamente all’unisono e, se messe in campo correttamente, promettono risultati grandiosi. In particolare,Squinzi ha parlato di un piano di mobilitazione di 316 miliardi di euro che dovrebbe comportare un aumento del 3% del tasso di crescita, un incremento del pil di 156 miliardi di euro, 2.617 euro in tasca in più a ciascun abitante, 1,8 milioni di posti di lavoro in più e il tasso di occupazione al 60,6% nel 2018, contro l’attuale 56,4%. Per rendere l’obiettivo fattibile, sarà necessario, anzitutto, metter mano alla riforma del mercato lavoro prodotta dal ministro Fornero, ritenuta dagli industriali del tutto insufficiente, soprattutto sul fronte della flessibilità in entrata.



Sarà inoltre necessario, come già annunciato, ridurre il cuneo fiscale, abbattere l’Irap (attraverso un aumento dell’Iva e delle tasse sulle rendite finanziarie), e far lavorare tutti una settimana in più (ma pagando le ore di lavoro in più il doppio). 

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