Mi si chiede di dire la mia sugli strumenti utili per uscire dalla crisi. Lo faccio con titubanza, ma per non sfuggire alle responsabilità che chi critica si assume. Si tratta di una depressione mondiale complicatissima su cui ho scritto troppe volte. Sarà una crisi lunghissima: non si possono fare miracoli, ma si possono alleviare le sofferenze sociali. Queste sono le politiche che propongo non per risolvere la crisi, ma per alleviarne le sofferenze sociali ponendo le basi per superare la crisi.



Primo tempo – La disoccupazione è alle stelle, in Italia e in Europa. In pochi anni in Italia 5000.000 persone circa hanno perso il posto di lavoro. È una catastrofe nazionale. Occorre impedire che il massacro prosegua. Bisogna sostenere le piccole e le medie imprese e le grandi che sono in difficoltà. Oggi il problema principale per le imprese è quello del credito. Le banche cooperative e popolari non possono più far fronte all’enorme compito che sinora si sono accollate: sostituire le banche capitalistiche che hanno completamente abbandonato le imprese per curare invece se stesse – portate alla rovina da manager incompetenti e voraci e crudeli socialmente – con i denari della Bce.



Oggi dobbiamo creare una banca nazionale a proprietà pubblica nazionale per la continuazione dell’attività delle imprese di ogni dimensione e filiera e assicurare il lavoro, concedendo prestiti alle imprese in difficoltà e non entrando nel loro capitale, aiutandole a superare il momento di crisi in cui sono immerse. Il problema di fondo è la disoccupazione per la chiusura delle imprese, soprattutto piccole e medie. La prima cosa da fare è, quindi, fondare una banca per lo sviluppo su base nazionale che rastrelli fondi da tutte le risorse esistenti dello Stato: fondazioni bancarie nazionalizzandole; vendita rapida di immobili con snellimento delle procedure di vendita; capitale addizionale e di riferimento conferito dal ministero dell’Economia, così da dotare la banca della possibilità d’intervenire nelle crisi aziendali prestando denaro alle imprese in crisi e non entrando nel loro capitale.



Il modello è quello del rapporto instauratosi tra Governo nord-americano e industria automobilistica durante la presidenza Obama e che ha dato ottimi frutti. Questo implica la riforma radicale dello Statuto della Bce sull’orma di quello della Fed. La banca deve avere uno statuto monocratico. Inoltre, occorre procedere alla creazione – sollecitata da attori sociali a ciò culturalmente predisposti (volontari sociali, attori del no profit) – di imprese cooperative di ogni tipo e in ogni settore, così da creare lavoro, crediti al consumo, beni a basso prezzo, occupazione e lavoro e massimizzare occupazione e non profitto.

Secondo tempo – Da ciò deriverà un aumento del debito pubblico Di qui la rinegoziazione essenziale e totale di tutti i trattati europei che non hanno nessuna giustificazione economica e giuridica, come ha dimostrato Giuseppe Guarino in maniera implacabile (si veda “Formiche”, n. 3 2012). Ne deve derivare l’eliminazione dei tetti di deficit e dei tetti pluriennali che non hanno altro scopo che imporre un dominio deflazionistico teutonico su tutta l’Europa, seguendo le orme di idee economiche già sviluppatesi in Germania alla metà degli anni Trenta e bovinamente accettate da banchieri centrali incompetenti e politici collegati alla grandi banche d’affari che speculano su quelle decisioni.

Farlo rapidamente implica impedire che l’esplosione dell’euro accompagni l’esplosione umana e sociale che si avvicina; e non si tratta – si badi bene – di scioperi, rivolte, ecc. I lavoratori e la gente comune e per bene sono troppo disillusi, stanchi, anomici per ribellarsi collettivamente: assisteremo ad atti isolati o di piccoli gruppi molto violenti e tutti disperati.

Terzo tempo – Ridefinizione dei poteri del Parlamento europeo eliminando le commissioni e smantellando la burocrazia europea centralizzata. La federalizzazione dell’Europa riporterà agli stati competenze e poteri. Il Parlamento dovrà votare la rinegoziazione del debito pubblico europeo su scala mondiale, eliminando derivati e altri strumenti di distruzione finanziaria di massa secondo le indicazioni già redatte dall’ex governatore della Banca d’Inghilterra Lord King – e da Paul Volcker per il Presidente Obama – e sino a oggi inascoltate, spezzando in due l’industria finanziaria e ritornando in tutto il mondo, e in primis in tutta Europa, alle regole di governance precedenti la famigerata legge Amato in Italia e alle famigerate altre leggi che abolirono il Glass Steagall Act voluto da Roosevelt dopo la grande crisi del 1929.

Infine, essenziale è la riduzione al 35% della tassazione sulle imprese e una negoziazione con le Parti sociali per abbassare in modo drastico le tasse sulla busta paga senza intaccare i contributi pensionistici del lavoro dipendente. L’introduzione del solo contratto di apprendistato è essenziale per cominciare a rovesciare l’ideologia secondo cui l’occupazione dipende dal mercato del lavoro anziché dagli investimenti.

Questo dovrebbe porre le basi, unitamente a una decisa politica di aumento dei salari e di ampliamento dei mercati interni, per il superamento della crisi.

 

P.S.: Naturalmente chi durante la campagna elettorale discuterà di ciò, dovrebbe essere premiato.