Molti clienti della banca Monte Paschi Siena in queste ore si stanno chiedendo se i loro risparmi sono al sicuro. Gli altri si stanno chiedendo se questa vicenda avrà qualche impatto sul sistema bancario. Io vorrei rassicurare tutti, ma la situazione è molto peggiore di quanto rivelato dai media finora. E, rimanendo l’attuale architettura finanziaria e monetaria, non c’è niente che possiamo fare.



La banca, come molti sanno, sarebbe già fallita, se non avesse ricevuto sostanziosi aiuti finanziari. Si sarebbe già innescata quella che si chiama “bank run”, cioè la corsa agli sportelli per ritirare i propri risparmi; a quel punto, i grossi investitori avrebbero già ritirato il proprio capitale (o quello che ne è rimasto) e quindi la certificazione del fallimento sarebbe solo una questione burocratica.



Ma per capire un evento, è necessario comprendere il quadro entro il quale quell’evento si colloca. Mi viene in mente una paginetta del libro “La moneta copernicana”, scritto da Nino Galloni e Marco Della Luna e pubblicato nel 2008. Così riporta l’introduzione di quel libro: “Solo l’8% di ciò che usiamo come denaro è denaro reale – il restante 92% è costituito da promesse di pagamento bancarie private (assegni circolari, attivi di conto corrente, carte di credito e di debito, lettere di credito, ecc.). Quindi quel 92% è scoperto. Il mondo funziona con le promesse di pagamento delle banche. Se le banche saltano, i nostri soldi semplicemente svaniscono e l’economia si ferma. Le banche stanno saltando perché il realtà sono già tutte decotte: hanno copertura solo per l’1 per mille circa del totale delle loro promesse di pagamento. Assegni circolari, saldi di conto corrente, garanzie bancarie, sono tutte scoperte al 999 per mille. Se ritirassimo solo l’1 per mille dei nostri depositi, il sistema bancario salterebbe. La gente crede di avere i soldi in banca, ma in banca non c’è affatto denaro”.



Questa è la realtà. Quindi è totalmente inutile correre a prelevare il proprio denaro. E non perché, come continuano a ripetere tutti, comunque i conti correnti sono coperti fino alla somma di 100mila euro. Bisogna accendere il cervello, cari lettori: da dove credete che possano prendere tale denaro di copertura? Esatto, sempre da voi, siete sempre voi a pagare! Volete sapere come funziona il Fitd (Fondo Italiano Tutela Depositi), cioè l’ente a cui obbligatoriamente si devono iscrivere tutte le banche, e che svolge la sua attività a tutela dei depositi? Bene, iniziamo a dire che a tutela dei depositi, ogni banca contribuisce con una somma pari al quattro per mille dei propri depositi. Questo già lascia capire che nel caso in cui fallisse una banca i cui depositi superano il quattro per mille di tutti i depositi in Italia, il Fitd non sarebbe in grado di soddisfare le richieste nemmeno prosciugando la propria dotazione. E ovviamente con Mps siamo ben oltre il quattro per mille. Già in passato il Fitd si è attivato con successo per salvare qualche banca fallita in Italia. Ma si trattava in tutti i casi di banche di modestissime dimensioni. Quindi i soldi per un eventuale salvataggio di Mps non ci sono. Ma non ci sono anche per un altro motivo: il Fitd non ha un solo euro.

Al contrario di quanto fanno alcuni altri paesi, i fondi che le banche dovrebbero destinare alla tutela dei depositi, questo quattro per mille, non viene depositato al Fitd, ma rimane presso la stessa banca. Nel momento del bisogno, è compito del Fitd sollecitare le banche a contribuire concretamente per il salvataggio dei conti dei clienti di un qualche istituto fallito. Ma questo comunque non potrà accadere nel caso Mps, a causa delle dimensioni dei depositi. Dovrà necessariamente intervenire lo Stato, come prassi in Europa da quando esiste l’euro. E come già accaduto numerose volte in tutta Europa, non esclusa la Germania. Basti ricordare il caso della Nothern Rock, la banca inglese fallita nel 2007, proprio all’inizio della nostra crisi finanziaria (che inizia nel 2007 con la sfiducia tra le banche, e non nel 2008 o nel 2010 come affermato da altri commentatori). Allora si verificò il primo caso di “bank run”, di corsa agli sportelli dell’epoca moderna.

Nel 1929, quando scoppiò la Grande Depressione in America, queste scene si videro numerose volte, al fallimento progressivo di numerose banche. Dopo quella depressione fu adottata una legge che impediva di speculare rischiosamente alle banche che raccoglievano il risparmio. Quella legge fu abolita da Bill Clinton nel 1999. Ma non si tratta solo di una legge, si tratta di un intero sistema unicamente votato al profitto, dove non si tiene in nessun conto l’importanza dei valori. E in maniera molto miope, poiché è proprio la presenza e la difesa di certi valori che favorisce l’ambiente ideale per l’affermazione di valori anche commerciali. Senza quei valori, morali e spirituali, l’economia e la finanza affondano. Anzi, l’una cerca di non affondare, affogando l’altra; ma così affonderanno più rapidamente tutte e due.

Ora, da quando è di moda la globalizzazione, noi abbiamo importato questa ideologia nichilista (nichilista nel senso che non riconosce valore ai valori) in Europa, e l’abbiamo resa dominante con l’arrivo dei tecnici. Pure i politici e le istituzioni, italiani ed europei, che hanno ci imposto i tecnici, hanno contribuito a rendere dominante questa ideologia. Hanno imposto e vogliono imporre quell’ideologia nichilista per cui i valori non hanno più spazio in economia e in politica: entrambe non fanno più riferimento a un sistema di valori discutibile, ma dichiaratamente non danno alcuno spazio ai valori. I valori sono tenuti fuori. Ed economia e politica in questa visione sono divenute materie per tecnici, dove i tecnici e la tecnologia diventano l’orizzonte ultimo di qualsiasi domanda di benessere o di giustizia o di libertà. E i tecnici diventano i becchini del bene comune.

Fuori dall’Europa, fuori dall’area euro, le cose invece a volte vanno in maniera diversa, molto diversa. Come spiegato dal principale autore di quella rivoluzione non violenta, il cantautore Hordur Torfason, in Islanda hanno lasciato fallire le banche. La popolazione è scesa in piazza per quattordici settimane, rifiutandosi di pagare il conto del sistema bancario fallito. Anzitutto si è rifiutata di entrare nell’euro per ricevere il “prezioso” aiuto della Bce. Prezioso per la Bce, perché ogni aiuto della medesima è sempre un nuovo debito (il delirio del sistema bancario e degli stati dell’epoca moderna: pagare il debito facendo nuovi debiti, quello che ovviamente non viene concesso a noi comuni mortali). E così oggi, dopo un periodo di inevitabile sofferenza, l’economia cresce del 3% e la disoccupazione si è ridotta al 5%.

In Italia, come noto, il Pil nel 2012 ha segnato un -2,6% (ultime stime) e la disoccupazione è sopra l’11%, mentre per il 2013 si prevede che supererà il 12%. In questa situazione, ancora oggi sulla prima pagina del sito di Mps troviamo la pubblicità di conti correnti con un rendimento del 5%. Secondo voi, come’è possibile offrire un rendimento del 5%, quando l’economia reale è in calo e la disoccupazione aumenta? Com’è possibile senza correre i rischi della speculazione? Ma la cosa più grave è che le offerte di Mps non sono eccezionali e uniche, non sono fuori mercato. Sono in linea con le offerte delle altre banche presenti in Italia.

Tutte le banche fanno così. Tutte le banche sono nelle stesse condizioni, più o meno. E loro lo sanno benissimo: per questo dal 2007 non si fidano più l’una dell’altra. Questa è la realtà di un sistema bancario fallito nel suo insieme. Lo sanno e perseverano, non sapendo (per mancanza di valori) e non potendo (con le attuale regole) fare altro. E queste sono le stesse banche che, in caso di scoperto non garantito, sono capaci di applicare una “commissione di istruttoria veloce”, pari a 70 euro al giorno, per tutti i giorni in cui si verifica lo scoperto. L’economia soffre, ma loro pretendono sempre il loro guadagno sul denaro che loro creano dal nulla. E questa “commissione di istruttoria veloce” è permessa da uno dei tanti articoli del famigerato decreto Salva-Italia di Monti, (D.L. 201 del 6.12.2011 art.6 bis) che introduce una modifica al Testo unico bancario, prevedendo il nuovo articolo 117bis. A seguito della suddetta norma, è stato emanato il Decreto del Ministero e dell’Economia e delle Finanze n. 644 del 30.6.2012 che ribadisce che la commissione di istruttoria veloce “non eccede i costi mediamente sostenuti dall’intermediario per svolgere l’istruttoria veloce e a questa direttamente connessi”. Ci si chiede: ma siamo proprio sicuri che 70 euro per ogni giorno di scoperto siano una cifra congrua? E se lo fosse, si deve svolgere questa “istruttoria veloce” ogni benedetto giorno?

Occorre tenersi pronti. Si avvicina il momento in cui occorre scendere in piazza, moralmente, spiritualmente e anche materialmente. E far applicare le regole del libero mercato pure al sistema bancario. E poi rifondare tutto, tenendo conto che “lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità” (Caritas in Veritate, n. 35).

E magari rileggersi la Quadragesimo Anno, paragrafo “e”, intitolato “i rimedi” (alla crisi generata dalla Grande Depressione): “Così, per evitare l’estremo dell’individualismo da una parte, come del socialismo dall’altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura, individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del lavoro. Le relazioni quindi fra l’uno e l’altro devono essere regolate secondo le leggi di una esattissima giustizia commutativa, appoggiata alla carità cristiana” (Quadragesimo Anno, n. 110).

Questo, a mio avviso, è il cuore del principio di sussidiarietà. Estote parati! Estote fortes!