“Nell’autunno 2011 il governo di Berlusconi ha deciso di non rispettare più gli impegni” presi con l’Europa per quanto riguarda il risanamento di bilancio e le riforme. E’ quanto dichiarato da Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici, secondo cui il “risultato è stato il prosciugarsi” dei finanziamenti all’Italia. “E’ inaccettabile che Olli Rehn, vicepresidente di un’istituzione indipendente quale la Commissione Europea, intervenga nella campagna elettorale di uno Stato membro”, è stata la replica di Angelino Alfano, segretario del Pdl. Ilsussidiario.net ha intervistato Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.



Fortis, è d’accordo con l’analisi di Olli Rehn sulle responsabilità di Berlusconi?

L’intervento del commissario Olli Rehn giunge in una fase delicata: ci troviamo in una campagna elettorale di un Paese membro e non è il massimo che si facciano considerazioni di questo tipo, che potevano essere rimandate ad altri momenti. Tuttavia molti anche in Italia pensano che in quel periodo ci furono diverse incertezze su come affrontare la crisi e dare in tempi rapidi una risposta chiara all’Europa, alle istituzioni internazionali e ai mercati.



Qual è stato l’effetto di quelle incertezze?

Questa serie di incertezze, unita agli scandali e alla perdita di credibilità che si è creata in quel momento, ha contribuito notevolmente a farci andare in difficoltà sui mercati. A un certo momento lo spread dell’Italia era largamente al di sopra di quello della Spagna, e questo era significativo di una sfiducia che si era aperta nei confronti del nostro Paese. L’affermazione del commissario Rehn è quindi indelicata, ma non è poi così lontana dal vero: l’analisi che non è stata fatta soltanto da lui, ma anche da diversi altri osservatori.



In molti si sono chiesti quali dati oggettivi potessero giustificare quella crescita così vertiginosa dello spread.

Nell’autunno del 2011 l’Italia non ha certo brillato per la sua capacità di convinzione dei mercati. Da un lato i nostri fondamentali sono sempre stati abbastanza presentabili, tali da non generare una crisi come quella che si è prodotta in quella fase. Ci sono però almeno tre elementi che giustificano l’andamento dello spread. Il primo elemento sono i fondamentali dell’economia, il secondo è la fiducia dei mercati in chi ci governa e il terzo è la fiducia in chi governa l’euro. Purtroppo in quel momento non solo c’era poca fiducia in chi governava l’Italia, ma anche nelle istituzioni europee, al punto che a un certo momento non si sapeva bene se l’euro sarebbe sopravvissuto e in molti erano certi della sua fine. Solo l’intervento di Draghi è stato poi decisivo nell’estate 2012 per riportare il sereno sull’euro e sul suo futuro.

Quindi l’Ue e Berlusconi condividono le responsabilità per quanto è avvenuto in quella drammatica fase?

L’Europa non era riuscita a gestire la fiducia sui debiti sovrani con tempestività e capacità, e quindi era calata una cappa di pessimismo sul futuro dell’euro. Non c’era stata la capacità di governare bene la crisi della Grecia e dei debiti sovrani, che si stava allargando come un contagio. L’Italia, che pure aveva dei fondamentali non disprezzabili, perché comunque il nostro deficit era tra i più bassi e stava per ritornare un avanzo primario, in ogni caso aveva un debito pubblico molto elevato che la metteva potenzialmente nel mirino dei mercati.

 

Il debito pubblico però è elevato da diversi decenni. Che cosa si è determinato di nuovo?

In quel momento nel governo sono sorti dei dissidi tra la visione strategica del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e quella del premier Berlusconi e di altri ministri. C’è stata poi la necessità di introdurre misure che nell’estate sono state ritoccate più e più volte, dando l’impressione ai mercati e alle istituzioni che il Paese non fosse governato in maniera chiara. Le manovre erano modificate di continuo, e per di più è giunta una lettera con cui la Bce forniva all’Italia delle indicazioni puntuali per fare fronte all’emergenza, cui difficilmente si poteva dare una risposta in quel momento, vista la confusione che si era creata. Tanto è vero che lo spread è iniziato a decollare, e l’Italia è arrivata al summit di Cannes addirittura con i risolini della Merkel e Sarkozy. Che ci sia stata effettivamente una defiance in termini di credibilità del Paese è indubbio, perché i fatti sono lì a dimostrarlo.

 

(Pietro Vernizzi)