Ma guarda un po’ le combinazioni! Proprio la scorsa settimana parlavamo del rimpatrio di massa della liquidità in euro detenuta Oltreoceano dalle banche europee operato sul finire del 2012, sintomo di fragilità di capitale nonostante il fiume di denaro immesso dalla Bce, e come per miracolo ieri abbiamo avuto la conferma che di fissato e risanato nel sistema bancario Ue, dopo quattro anni di crisi, non c’è proprio nulla.



Con una decisione all’unanimità, infatti, i governatori del Comitato di vigilanza bancaria di Basilea, riuniti presso la Bri (Banca dei regolamenti internazionali) hanno votato gli standard di liquidità (Lcr) previsti da Basilea 3, scaglionando nel tempo la loro entrata in vigore. La scelta prevede che i nuovi criteri sulla liquidità che le banche dovranno conservare nei loro forzieri scattino dal gennaio del 2015, come era stato deciso a suo tempo ma che le misure entrino gradualmente in vigore, fino al primo gennaio 2019. Con comodo amici miei, voi alzate il telefono e minacciate un correntista se è in rosso di 20 euro da due giorni ma voi, dopo aver giocato coi nostri soldi come foste hedge funds ed esservi fatti salvare con denaro pubblico, potete mettervi a posto con calma e senza scossoni, tanto nel caso ci pensa ancora mamma Bce a darvi la paghetta. Vergognatevi! In pratica, nel 2015, gli istituti di credito dovranno garantire una quota di liquidità disponibile per far fronte ad eventuali shock di mercato pari al 60% dell’obiettivo ottimale secondo i criteri di Basilea 3. Questo “tesoretto”, che dovrà consentire alle banche di fronteggiare situazioni di stress finanziario per 30 giorni, verrà incrementato del 10% ogni anno, fino ad arrivare alla copertura del 100% dei criteri previsti a fine percorso, nel 2019. Vi hanno mai concesso condizioni simili per rientrare da un prestito o per far fronte a una difficoltà temporanea? Ma voi siete cittadini-contribuenti, mica banche! E che stia per iniziare un periodo davvero ma davvero pericoloso, una nuova stagione di azzardo morale, ce lo dicono due fatti. Il primo è la conferma di quanto ho scritto venerdì scorso posta in essere sotto forma di editoriale sul Financial Times di ieri da parte di Mohamed El Erian, patron di Pimco, principale fondo obbligazionario del mondo: anche per lui, l’attivismo delle banche centrale porterà a una potenziale distorsione dei mercati, soprattutto a livello di prezzi. Per Erian, infatti, oggi come oggi le raccomandazioni di molti commentatori finanziari sono basate più su valutazioni cross-asset che sui fondamentali dell’investimento stesso, ovvero compra X perché è più a buon mercato di tutto il resto, non perché è meglio. Un atteggiamento che non stupisce e che è totalmente ascrivibile proprio all’attivismo inusuale delle banche centrali, le quali hanno artificialmente fatto salire i prezzi di certi assets e di fatto posto in essere un’ampia manipolazione degli stessi in parecchie classi. Una volta creatosi questo ambiente, sempre più investitori si sentiranno sotto pressione per riallocarsi verso investimenti sempre più a rischio, al fine di garantirsi profitti più alti. Lo ha detto chiaro e tondo il numero uno della Fed, Ben Bernanke, nella sua ultima conferenza stampa, secondo cui lo scopo della sua politica è spingere gli investitori a prendere maggiori rischi. Insomma, le banche centrali agiscono come agit prop dell’azzardo morale, invitando tutti a fregarsene dei fondamentali e pensare ai rendimenti. Una situazione che pare la fotocopia di quanto accaduto nel 2006-2007, quando l’iperattiva liquidità in eccesso che giungeva dal mondo del business portò al rialzo i prezzi degli assets in modo artificiale, contribuendo a un’indiscriminata e generalizzata compressione del premio di rischio. In quel processo, gli investitori si sentivano garantiti dal cosiddetto concetto di “grande moderazione”, ovvero la certezza che banche centrali e governi avessero conquistato il ciclo di business. Come sia andata a finire, lo sappiamo tutti. Secondo, a chi pensasse che il terzo salvataggio greco abbia risolto tutto e che convertendo il debito estero ellenico di fatto in zero-coupon avrebbe cancellato il problema una volta per tutte, il nuovo anno rischia di portare una brutta notizia. Non è così, semplicemente perché si tende a dimenticare che il cuore del problema greco non è il debito sovrano o il tasso di interesse ma il sistema finanziario, ovvero le banche, sostanzialmente insolventi e quindi incapaci di finanziare qualsiavoglia tipo di ripresa, anche la più timida. I fatti, d’altronde, sono noti: la prima tranche di finanziamento ad Atene è servita a finanziare l’interesse e a pagare il dovuto alle banche straniere, mentre la porzione più grande, circa 50 miliardi di euro, non è servita all’economia del Paese ma bensì a mantenere in vita gli istituti ellenici, costretti a continui e costosi “prelievi” dall’Ela attraverso la Banca centrale e grazie alla compiacenza della Bce che ha continuato ad accettare obbligazioni greche come collaterale. A cosa siano serviti quei soldi è presto detto, tamponare gli shortfalls di capitalizzazione che sono nati da due contingenze precise. Primo, un enorme fuga di depositi dal sistema bancario locale, dovuta alla totale perdita di fiducia da parte dei cittadini greci che correvano a ritirare i loro soldi per spostarli altrove, estero o materassi poco cambia.



Secondo, il sempre crescente ammontare nozionale dei non-performing bad loans, rimasti come pietre nei bilanci degli istituti, nonostante alcuni non ortodossi “mark-to-anything” posti in essere dal management degli stessi, i quali garantiscono però sì maquillage ma generano zero alla voce inbound cash-flow. Questo, di fatto, comporta che i depositi erano e sono sottocollateralizzati e il livello dei non-performing loans era spaventoso e sempre in crescita. Dati resi noto ieri a livello non ufficiale, dicono che nel 2012 l’ammontare di non-performing loans è semplicemente esploso, salendo del 50% rispetto al dicembre 2011, quando era “solo” 16% e del 24% nel solo mese di dicembre 2012. Comparando questo dato con la situazione Usa, ci troveremmo di fronte a qualcosa come 1,7 triliardi di dollari di cattivi prestiti. Ad oggi il dato greco parla di 55 miliardi di euro di non-performing loans, una cifra che già eccede di 5 miliardi di euro la somma messa da parte attraverso i salvataggi per ricapitalizzare il sistema finanziario ellenico. Insomma, potrebbe esserci bisogno di un quarto salvataggio nel secondo semestre di quest’anno. Il problema, fanno filtrare dalla City sfregandosi le mani, è che questa situazione non potrà finire in alcuna agenda europea – Eurogruppo, Ecofin o quant’altro – prima del prossimo settembre, data delle elezioni tedesche e prima della quale Angela Merkel non permetterà che i contribuenti tedeschi debbano sentirsi chiedere nuovi sacrifici per la Grecia. Visti i tempi europei, però, quella data potrebbe essere fuori tempo massimo e a quel punto dovremo constatare che i miliardi investiti per salvare la Grecia e con essa l’eurozona non sono serviti a nulla e che il buco che si credeva colmato è invece più grande che mai. Con grande gioia degli hedge funds, i quali hanno comprato i bonds greci a 15 centesimi sull’euro e hanno triplicato i loro soldi in soli tre mesi. Complimenti a tutti, banche – centrali e non – in testa.



P.S. Giovedì scorso a Malaga un cittadino di origine marocchina di 57 anni si è dato fuoco ed è morto dopo il ricovero presso l’ospedale Carlos Haya: aveva ustioni di terzo grado sull’80% del corpo. Il motivo del gesto è sempre lo stesso, come già visto in Grecia e anche in Italia: aveva perso il lavoro, la casa e non aveva nemmeno più i soldi necessari per un pasto al giorno. Succede quando un Paese, in ossequio alla troika, drena dal bilancio tutti i fondi per la sicurezza sociale e li rimpiazza come materiale repo fornito dalla Bce, ovvero titoli di Stato. Eh già, il governo Rajoy ha speso il 90% del denaro destinato alle pensioni per mantenere in vita per un anno lo schema Ponzi dell’obbligazionario sovrano e la danza macabra dello spread. Signori, la questione è chiara e lampante: la colpa dello sfacelo, della crisi e della gente che si dà fuoco è di governi disfunzionali, tramutati in pupazzi manovrati di un sistema globalista guidato dal sistema bancario. Vi ricorda qualcosa?

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