Domani, martedì 15 ottobre, il Consiglio dei ministri dovrà esaminare e approvare il disegno di legge “di stabilità” – in breve, il provvedimento un tempo chiamato “disegno di legge finanziaria”, che, in base alle norme allora vigenti sul bilancio dello Stato, si varava il 30 settembre di ogni anno. La data del 15 ottobre è parte delle nuove procedure definite a livello europeo in modo che le norme principali di economia e finanza di tutti gli Stati dell’Unione europea procedano simultaneamente. Al pari della legge finanziaria di un tempo, la legge di stabilità indica le misure di politica di bilancio (in gergo giornalistico, “la manovra”) da adottarsi per raggiungere gli obiettivi. Le procedure del semestre europeo fanno sì che le manovre vengano esaminate in parallelo dai Parlamenti degli Stati dell’Unione. A partire da quella definita a metà ottobre 2013 (ossia domani) per l’esercizio finanziario 2014, la Commissione europea esprime una valutazione sui documenti dei singoli Stati e il Consiglio dei ministri economici e finanziari dell’Ue (l’Ecofin) esamina tali valutazioni. La finalità è di giungere a manovre, ove non convergenti, compatibili le une con le altre.
Su quali possano essere i contenuti del provvedimento molte informazioni sono trapelate nei giorni scorsi. E altre ne usciranno nelle prossime ore man mano che si avvicina il Cdm. Non è questa la sede per commentare singolarmente indiscrezioni che, come spesso accade, possono essere smentite dal documento che uscirà dal Cdm per essere trasmesso alla Commissione europea e al Parlamento. Alla vigilia della riunione che lo definirà, occorre sottolineare alcuni aspetti salienti.
In primo luogo, da anni l’esecutivo non è stato in una posizione così forte, appena reduce da un voto di fiducia che gli ha dato una vasta maggioranza parlamentare e, soprattutto, sorretto da partiti molto frammentati al loro interno; per il momento, i principali partiti sembrano avere nel supporto al Governo la loro maggior ragion d’essere. È anche un Governo che si è meritato la stima del resto dell’Ue. Quindi, è nella posizione di avere coraggio e di mostrare i muscoli (chiedendo, se del caso, deroghe).
In secondo luogo, quali che siano le singole misure, la legge di stabilità deve avere come obiettivo principale la crescita. Senza di essa ci si avviterà in un circolo vizioso sempre più grave. Molti provvedimenti diretti alla crescita (primo tra tutti la riduzione del cuneo fiscal-contributivo e la riduzione della pressione tributaria e contributiva in senso lato) sono stati indicati. Naturalmente è essenziale che essi abbiamo un’adeguata copertura finanziaria.
In terzo luogo, mentre ci si arrabatta su questo o su quel capitolo di spesa e di entrate, pochi sollevano il nodo dei “residui passivi” e delle “contabilità speciali” che hanno ripreso a pullulare nei vari dicasteri (solo il Ministero dei beni e delle attività culturali credo ne abbia più di 200). Il primo comma del disegno di legge di stabilità dovrebbe almeno dimezzare, ove non azzerare, tutti i residui basati su impegni contabili non adeguatamente collegati a obblighi contrattuali e chiudere una volta per tutte le sempre misteriose “contabilità speciali”. Pare che residui e contabilità speciali ammontino a circa 200 miliardi di euro; ne basterebbe azzerare un quarto per disporre di 50 miliardi di euro per lo sviluppo (riduzione del cuneo, investimenti pubblici ben valutati e ben selezionati).
In quarto luogo, occorre mettere mano a un programma di dismissioni per ridurre il peso del debito pubblico. La fondazione Astrid ha presentato una vasta gamma di proposte. Gran parte di queste sono state messe a confronto in un seminario Cnel i cui atti sono nel sito web dell’organo. A esse si sono aggiunte in questi ultimi giorni buone idee come quella della riconversione delle caserme non utilizzate in alloggi (da cedere in proprietà) a giovani nuclei famigliari.
Occorre, soprattutto, una legge snella senza una miriade di commi particolaristici per accontentare questo o quell’interesse particolaristico (anche se spesso legittimo). È il nostro biglietto da visita a Bruxelles e non può essere né un vestito di Arlecchino pieno di toppe multicolori, né un albero di Natale dai cui rami pendono le decorazioni più varie.