«British Airways critica il salvataggio di Alitalia con il contributo di Poste Italiane, perché sa che con un ingresso di Etihad la nostra compagnia aerea tornerebbe a essere un concorrente pericoloso sulle rotte internazionali». Lo afferma Giulio Sapelli, professore di Storia economica all’Università degli Studi di Milano, in questa intervista. L’assemblea dei soci di Alitalia ha deciso l’aumento di capitale da 300 milioni di euro, con una garanzia sull’inoptato di 75 milioni di euro da parte di Poste Italiane e di 100 milioni da parte di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Iag, la holding azionista dominante di British Airways, Iberia e Vueling, ha subito polemizzato: “Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale”.



Professore, cominciamo da una questione cruciale: Alitalia può essere ancora salvata e in che modo?

Per salvarla occorre un piano in due fasi. La prima fase consiste nel negoziare con l’Ue per consentire un intervento pubblico ed evitare di portare i libri in Tribunale. British Airways ha subito obiettato a questa soluzione dimenticando che il Regno Unito, del tutto incurante delle regole europee, ha nazionalizzato diverse banche. Il dato di fatto che si dimentica è che l’intervento di Poste Italiane non rappresenta un aiuto di Stato.



Per quale motivo?

Perché non si configura come un intervento del ministero del Tesoro. Pur essendo una compagnia pubblica, Poste Italiane stanzia dei fondi sulla base dei profitti accumulati. Non entra quindi in Alitalia come socio, ma compie un intervento temporaneo per impedirne il tracollo.

Eppure, secondo chi sta Oltremanica, le cose non stanno affatto così …

Ritengo gravemente preoccupante il tentativo di condurre una polemica che in questa fase, se si dovesse ricorrere alla Corte di giustizia europea, rischia di disturbare qualsiasi intervento diretto ad assicurare un futuro ad Alitalia. British Airways teme che la compagnia italiana si salvi perché può rappresentare un concorrente pericoloso per quanto riguarda i voli transoceanici. Soprattutto se dovesse profilarsi l’ipotesi di un’integrazione tra Alitalia e una potente compagnia straniera.



Lei si riferisce ad Air France?

No. Ritengo che l’alleanza tra Alitalia e Air France-Klm non abbia un futuro, perché la compagnia francese ha detto chiaramente che Malpensa e Fiumicino non saranno gli hub principali nelle rotte transoceaniche. Per fare un esempio di ciò che avviene già oggi, un italiano che decide di recarsi da Malpensa ad Austin in Texas deve fare scalo a Stoccolma o Copenhagen, e la conseguenza è che il viaggio dura 36 ore.

Quali soluzioni propone quindi?

Nel lungo termine l’unica vera soluzione è l’alleanza con Etihad. Dai rumours del settore, emerge che la compagnia aerea degli Emirati Arabi intende continuare a fare dell’Italia un hub transoceanico diretto. Dobbiamo quindi puntare a mantenere Alitalia in alleanza con gli arabi, in quanto se resta da sola la nostra compagnia non ha un futuro. Dal punto di vista dei trasporti aerei l’Italia è obbligata a convivere con altri, ma quantomeno possiamo farlo con una compagnia che non ci declassi come farebbe Air France.

 

In che modo dovrebbe avvenire concretamente l’integrazione tra Alitalia ed Etihad?

La soluzione migliore sarebbe l’acquisto di una porzione del capitale di Alitalia da parte di Etihad. Su questo però non dobbiamo farci illusioni. Se entra come partner, la compagnia degli Emirati Arabi Uniti avrà sicuramente un ruolo dominante, ma dovrà accollarsi i debiti italiani.

 

Che ne sarà della battaglia di cinque anni fa per l’italianità della nostra compagnia aerea?

Le rispondo con un esempio. L’industria automobilistica del Regno Unito non ha più un solo azionista inglese, ma continua ad avere il maggior numero di occupati a livello europeo. I lavoratori e le capability sono inglesi, e la Rolls Royce continua a essere uno dei quattro grandi gruppi motoristici mondiali. È questa la via da seguire per quanto riguarda i trasporti aerei nel nostro Paese. Non conta che l’azionista dominante sia italiano, ciò che bisogna mantenere sono le rotte internazionali e gli scali.

 

(Pietro Vernizzi)