«Il Fondo monetario internazionale, attraverso la proposta di un prelievo forzoso, mira a fare pagare ai cittadini europei i suoi stessi errori, creando nello stesso tempo squilibri e disincentivando il risparmio privato». È il commento di Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, dopo che l’ultimo Fiscal monitor del Fmi ha lanciato l’idea di un “prelievo di capitale” una tantum sui conti correnti dei cittadini europei con l’obiettivo di riportare il debito sotto controllo. L’organismo di Washington ricorda che anche “Germania e Giappone dopo la seconda Guerra mondiale” ricorsero al prelievo forzoso per combattere il debito.
Professor Rinaldi, perché non condivide la proposta del Fmi?
Il Fondo monetario internazionale è uno dei membri della Trojka insieme a Banca centrale europea e Ue. Mi domando quindi se non sappia trovare alternative al fare ricadere l’onere delle sue scelte sbagliate sui cittadini e sulle imprese. I cittadini sono considerati i veri prestatori di ultima istanza, al punto che si parla addirittura di un 10% sui conti correnti e sui conti depositi. Il Fmi di recente è stato costretto a sconfessare il moltiplicatore fiscale, utilizzato in passato dallo stesso organismo di Washington per giustificare l’innalzamento della pressione tributaria nei paesi dell’Eurozona. I calcoli degli esperti dell’organismo presieduto da Christine Lagarde si sono rivelati del tutto sbagliati, anche perché non tenevano conto della situazione di recessione.
Per quali motivi il Fmi ha sconfessato il moltiplicatore?
Per ciascun punto di austerity il moltiplicatore considerava una diminuzione della crescita dello 0,5%, mentre all’atto pratico ha inciso due o tre volte di più rispetto a quanto indicato. Lo stesso Fmi è stato costretto a fare mea culpa nei confronti del modo in cui è stata gestita la situazione greca, in quanto si è reso conto che le ricette che aveva proposto erano state fallimentari.
Quali danni potrebbe provocare un prelievo forzoso come questo?
Attraverso il prelievo forzoso si instaura il principio tale per cui non c’è nessuna garanzia per i risparmiatori. Conti correnti e titoli rappresentano in larga parte risparmio e frutto di redditi da lavoro. Poniamo che un cittadino venda un appartamento con l’obiettivo di cambiare casa, proprio nel momento in cui viene ad attuarsi il prelievo forzoso. Si troverebbe ad avere una liquidità rispetto alla quale subirebbe una decurtazione del 10%, identica a chi magari possiede la stessa cifra per molto più tempo.
Insomma, alcuni contribuenti sarebbero avvantaggiati rispetto ad altri?
Esattamente, e si produrrebbe quindi una grave iniquità. Lo stesso discorso vale per le aziende che si vengano a trovare con una liquidità temporanea proprio nel momento del prelievo. Al di là però di questi aspetti, ritengo che non sia corretto che i cittadini e le imprese si trovino a pagare dei costi così alti. Quella attuale è infatti una crisi prettamente finanziaria, determinata da errori cui la stessa Trojka non ha saputo dare delle risposte adeguate. Poiché ora il Fmi non è in grado di trovare delle soluzioni, fa ricadere le conseguenze su soggetti che non c’entrano nulla.
In fondo non sono gli stessi contribuenti a dover pagare gli interessi sul debito pubblico fuori controllo?
Il debito non è un problema in quanto tale, ma solo nella misura in cui gli Stati non riescono a farvi fronte. Gli strumenti per tenere il debito sotto controllo sono tre: la monetizzazione, il ricorso alla fiscalità e il taglio della spesa. Con l’introduzione dell’euro gli Stati hanno abbandonato lo strumento principe, la monetizzazione. È come partecipare a una gara di automobilismo con un’auto cui manca una ruota. Ciò rende impossibile una gestione del debito in modo proficuo, e ci pone in condizioni di svantaggio rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo.
(Pietro Vernizzi)