Scioperi di quattro ore fino a metà novembre contro la legge di stabilità che “condanna il Paese alla stagnazione”. Lo hanno deciso i leader sindacali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti al termine di un vertice congiunto. Eventuali agitazioni verranno gestite a livello territoriale fino alla metà del prossimo mese, quando si svolgeranno le riunioni dei consigli nazionali dei tre sindacati per “fare il punto e verificare che la pressione che si è voluta esercitare su partiti e governi abbia prodotto dei risultati”. Secondo la Camusso, “il Paese rischia di perdere ancora una volta. La legge di stabilità non determina un cambiamento, conferma la tendenza degli ultimi anni. Il cambiamento deve avvenire trovando risorse da dare alla riduzione fiscale per lavoratori dipendenti e pensionati. Si può e si deve, anche a saldi invariati, facendo scelte diverse”. Duro il commento anche di Angeletti, convinto che nella legge di stabilità la riduzione del carico fiscale sia “del tutto simbolica e quindi non efficace”. Per questo è necessario operare una “riduzione degli sprechi o costi non accettabili nella pubblica amministrazione”. Dopo aver commentato la misura nei giorni scorsi, è tornato a parlare anche Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria: “Rispetto alle nostre richieste – ha dichiarato – il governo ha fatto dei passi nella giusta direzione con la legge di stabilita varata nei giorni scorsi, ma si tratta di interventi assolutamente insufficienti. Direi buono il metodo, scarso per ora il risultato. Spero non ci siano porcate in parlamento”. L’unico giudizio contrario agli scioperi è al momento quello di Stefano Fassina, il quale ha definito una eventuale agitazione “un errore” che “potrebbe rappresentare per il governo un momento di difficoltà”.