La sinergia tra Alitalia e Poste Italiane ripete stessi errori commessi dalla cordata che nel 2008 si assunse gli oneri di Cai. Ancora una volta si seguono criteri politici anziché di mercato. A rimarcarlo è Riccardo Gallo, professore di Economia applicata all’Università La Sapienza di Roma, secondo cui «è fin quasi banale che Air France decida di voltare le spalle di fronte a scelte sbagliate come questa». Il quotidiano francese Les Echos ha pubblicato indiscrezioni da cui risulta che “Air France-Klm sembra decisa a lasciarsi diluire in Alitalia (dal 25% all’11%) in assenza di impegni precisi sulla ristrutturazione del debito”. La compagnia franco-olandese ha risposto con un “no comment”, che di fatto equivale a una conferma. Per Les Ecos, “il salvataggio di Alitalia si sta rivelando più laborioso del previsto” nonostante l’impegno di Poste Italiane a versare 75 milioni di euro. Una somma che si aggiunge ai 65 milioni di ricapitalizzazione ottenuti dai tre soci della compagnia aerea, Intesa Sanpaolo, Immsi e Atlantia.



Professor Gallo, quale sarebbe il senso della scelta di Air France?

La scelta di Air France sarebbe fin quasi banale. L’ingresso di Poste Italiane è devastante, in quanto rappresenta una pubblicizzazione e nazionalizzazione delle perdite. C’è una ricorrente e colpevolissima abitudine: annunciare un nuovo piano industriale senza mai analizzare le cause della mancata attuazione del precedente. E quindi senza mai un lavoro operoso e silenzioso di analisi critica interna.



La ricapitalizzazione di Alitalia non è sufficiente per salvarla?

L’annuncio di un nuovo piano industriale avviene sempre demagogicamente per placare l’ira dei creditori. Anche questa volta segue questo percorso: le Poste Italiane si sono prestate a questa operazione e le conseguenze mi sembrano banali. Non c’è alcuna ragione per manifestare sorpresa di fronte allo scetticismo di Air France.

È dunque legittimo da parte di Air France mostrare sfiducia nei confronti di questo piano?

È talmente ovvio che mi sarei meravigliato del contrario…

Quali sono state le cause del fallimento del precedente piano dei “capitani coraggiosi”?



Questo dovrebbe chiederlo a loro, ciò che le sto dicendo è che è stato utilizzato un metodo inaccettabile. Inoltre i “capitani coraggiosi”, come li chiama lei, sono degli imprenditori che avevano ricevuto la promessa di favori dal governo di Silvio Berlusconi e di Gianni Letta. La cordata ha quindi messo pochi soldi in cambio di questi favori. Ricevuti i favori, i pochi fondi messi a disposizione dai “capitani” sono andati in fumo per le perdite di gestione di Alitalia. Ora che non hanno più un governo disposto a fare loro altre promesse questi imprenditori non sono più interessati.

 

Non ritiene che sia interesse dell’Italia evitare che Alitalia fallisca?

Interesse dell’Italia? Che cosa significa interesse dell’Italia?

 

Del nostro sistema-Paese e della nostra economia.

In primo luogo, se un’impresa fallisce non si può certo farla resuscitare. Inoltre, presupporre che il nostro Tesoro si debba accollare le perdite di Alitalia significa attribuirle un significato strategico. E ogni volta che in campo economico sento usare l’aggettivo “strategico” mi preoccupo terribilmente. Questa parola è sempre l’alibi per impieghi anti-economici di capitali. Ci sono due termini che sono pericolosissimi: uno è strategico e l’altro è sinergia. In nome di una presunta strategicità e con l’alibi che si perseguono delle sinergie si fanno gli errori più gravi del mondo.

 

Insomma, la strada che si sta seguendo per salvare Alitalia è destinata a fallire?

Sì, e questo per tre ragioni. In primo luogo, il piano che è annunciato non è presentato, e nello stesso tempo non si analizza il precedente che non ha funzionato. In secondo luogo, si parla di strategicità in modo del tutto generico e fuorviante. Terzo, si mettono in campo delle presunte sinergie. Qualcuno mi dovrebbe spiegare in che cosa consistano le sinergie tra le Poste, gli aerei delle Poste e quelli di Alitalia. Si tratta di fumo negli occhi che può convincere solo il popolo bue.

 

(Pietro Vernizzi)