I governi, da un po’ di anni a questa parte, e almeno dal 2006, dai tempi cioè di Prodi e Padoa Schioppa, si appassionano allo studio della spesa pubblica improduttiva, invece che procedere al taglio effettivo. E, per l’ennesima volta, si parla di spending review, e si nomina l’ennesimo commissario. Il nuovo alto funzionario incaricato di analizzare nel dettaglio le uscite dello Stato, di emendarle o cancellarle dove serve, è Carlo Cottarelli. C’è di buono che il suo contratto durerà tre anni. Al cadere o allo scadere di questo governo, quindi, non sarà necessario nominare immediatamente un nuovo commissario. Gustavo Piga, professore di Economia politica presso la facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, già presidente della Consip (la centrale acquisti dell’amministrazione pubblica italiana) ci spiega come sarebbe opportuno procedere.



È stato nominato un nuovo commissario alla spending review. Cosa ne pensa?

Il fatto che si tratti di Carlo Cottarelli, per lo meno, è una buona notizia. È una persona pragmatica, non ideologizzata, ben consapevole dei rischi dell’austerità e dei tagli sbagliati. Se si taglia a casaccio, infatti, come hanno fatto i governi Berlusconi e Monti, la manovra diventa recessiva.



Come dovrà agire?

Anzitutto, a livello informativo, con un’operazione volta a sortire effetti sul breve-medio periodo. Occorre disporre dei dati su chi compra, cosa compra e quando lo compra. In buona parte, lo Stato già dispone di queste informazioni. È necessario, tuttavia, poterle avere in tempo reale. Il primo passo che Carlo Cottarelli deve compiere, quindi, consiste nell’imporre una volta per tutte l’obbligo di trasparenza per qualsiasi gara d’appalto, fosse anche di un solo euro, sotto soglia monetaria o a trattativa privata.

Come?

Centralizzando tutte le informazioni in un’unica piattaforma. Poco importa che essa sia la Consip o un’altra entità. Si indica, quindi, una gara d’appalto, a cui partecipino 4 o 5 grandi aziende informatiche internazionali, per costruire una mega-piattaforma che abbia la capacità di sostenere l’ingresso di tutte le trattative e le gare d’appalto italiane. Per inciso, in tal senso, sarebbe delinquenziale bloccare una gara soltanto perché ha un prezzo più alto di un’altra analoga. Spesso, infatti, la corruzione viaggia parallelamente alle aggiudicazioni a prezzi contenuti: ci si accorda su un costo al ribasso, il committente spende di meno, a fronte di un servizio inferiore, mentre il venditore ripiana i costi risparmiando sulla qualità.



Quindi, è la corruzione il problema?

Non solo. Spesso, si tratta della mera incompetenza del funzionario pubblico che non è in grado di fare un capitolato di gara come si deve.

 

Un volta compiuto questo passo, come si deve procedere?

Anzitutto, ribadiamo che il divieto di concedere appalti le cui informazioni non siano state inviate a un’entità centrale rappresenta un deterrente significativo. Non c’è nulla che terrorizza maggiormente una stazione appaltante incompetente che essere messa alla gogna. Tale processo, di conseguenza, impone la realizzazione di una campagna comunicativa efficace e incisiva. Detto ciò, occorre riorganizzare i fattori delle funzione acquisti di beni e servizi, il cui ammontare mostruoso varia dal 13% al 19% del Pil.

 

Lei cosa suggerisce?

A suo tempo, avevo proposto un modello a poche stazioni appaltanti, dislocate sul territorio: le 20 regionali che si occupino della sanità, la Consip, il ministero degli Interni e quello della Difesa, i 54 comuni con più di 90mila abitanti, e, per tutti gli altri, le Province che, a quel punto, diventerebbero luoghi di aggregazione dei bisogni svolgendo, finalmente, un ruolo utile per la società. Contestualmente, si dovrà dar vita a una classe eccellente di procurer.

 

Cosa intende?

I funzionari di tali stazioni appaltanti dovranno avere qualifiche economiche, giuridiche, organizzative, tecniche e deontologiche estremamente elevate. Per far parte della famiglia professionale dell’acquirente pubblico (dei procurer, appunto, come vengono definiti nei paesi anglosassoni e scandinavi), sarà necessario affrontare dei concorsi pubblici nazionali molto duri. Queste persone, ovviamente, dovranno essere strapagate.

 

Perché?

Perché dovranno svolgere un lavoro che comporta gli oneri e gli onori paragonabili a quelli dei magistrati o degli ambasciatori, e per scongiurare il rischio di malversazioni e corruzioni. Se uno viene strapagato in funzione della sua professionalità, non ha più “bisogno” di rubare.

 

Non crede che sarebbe necessario individuare meccanismi che premino il merito dei dipendenti pubblici?

La componente stipendiale dei dipendenti pubblici, il merito e le sanzioni, sono indubbiamente fattori estremamente importanti. Tuttavia, in un periodo di recessione come questo, Cottarelli resterebbe invischiato in una battaglia con i sindacati che lo distrarrebbe eccessivamente. Meglio concentrarsi su un nemico immediatamente aggredibile.  

 

(Paolo Nessi)